HAMMAMET

HAMMAMET

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GENERE:         drammatico, biografico

ANNO:             2020

PAESE:            Italia

DURATA:        126 minuti

REGIA:            Gianni Amelio

CAST:              Pierfrancesco Favino, Livia Rossi, Luca Filippi, Silvia Cohen, Alberto Paradossi

Chiamato a girare un film che analizzava il rapporto tra Garibaldi e la figlia, Gianni Amelio ha proposto alla produzione una modernizzazione del contesto, mantenendo però il focus del racconto su un difficile rapporto genitoriale, l’idea avuta dal regista è la ragione principale del successo di ‘Hammamet’ e, nel contempo, la sua maledizione. Le vicende sono romanzate e nessuno nel film viene chiamato col proprio nome reale, la scelta è spiegabile in molti modi, dal tentativo di restare il più possibile neutrale rispetto agli eventi al non voler rischiare problemi giudiziari, ma gran parte dei protagonisti è comunque perfettamente identificabile.

A 20 anni dalla morte di quello che Gianni Amelio presenta come ‘il presidente’, cioè Bettino Craxi, la sua figura resta estremamente divisiva per cui se di ‘Hammamet’ si è parlato molto, fornendo una pubblicità che ha giovato agli incassi della pellicola, non sono mancate anche critiche feroci per l’atteggiamento con il quale il regista si è posto rispetto alle vicende ed alla figura stessa del controverso protagonista.

Senza voler entrare nel merito delle polemiche la cosa evidente, a mio modo di vedere, è una certa mancanza di coraggio, nascosta dietro alla volontà di raccontare qualcosa di diverso, ed anche se qualche stoccata maliziosa qua e là resta, il regista in realtà sembra aver paura di prendere una posizione decisa. Pregevole il cast nel quale brilla in particolare Pierfrancesco Favino che per vestire i panni del protagonista si doveva ogni giorno sottoporre ad estenuanti sessioni di trucco, anche Alberto Paradossi è un Bobo Craxi estremamente credibile, mentre il personaggio fittizio di Fausto, interpretato da Luca Filippi, appare il meno credibile della pellicola.

Il film, dopo averci mostrato Craxi all’apice del suo successo, durante il congresso del PSI del 1986, introduce un personaggio, Vincenzo Sartori, amico e fedele collaboratore del presidente, che gli esprime preoccupazione per il suo operato e lo informa di una probabile indagine in corso sulla gestione finanziaria del partito. Sartori, che mantiene una certa integrità morale nonostante sia a conoscenza dei reati commessi dall’amministrazione del partito, viene immediatamente zittito dall’amico, che lo accusa di mancare della sua visione complessiva delle cose. La storia darà ragione a Sartori che una decina di anni dopo, travolto dalle accuse della magistratura, si suiciderà.

La figura di Sartori rimanda ad un misto tra Vincenzo Balzamo, segretario amministrativo del PSI, e Sergio Moroni, ex assessore lombardo, il primo morì d’infarto durante le indagini della procura di Milano, il secondo invece si suicidò come il personaggio cinematografico e fu anche autore di diverse lettere scritte poco prima di uccidersi, proprio una lettera di Sartori diventa protagonista della pellicola di Gianni Amelio. Anche il presidente finisce nel mirino della magistratura decidendo quindi di trasferirsi in un villaggio situato sulla costa tunisina, Hammamet, in esilio sostiene lui, da latitante, secondo la giustizia italiana. La pellicola si concentra poi sugli ultimi mesi di vita del presidente che, malato di diabete, vive in una villetta sorvegliata da guardie armate con la moglie, la figlia Anita (che si ispira a Stefania Craxi), ed il nipote adolescente.

Con la figlia un po’ badante, un po’  amica, un po’ confidente, ma soprattutto inflessibile infermiera, il presidente passa la maggior parte del suo tempo tra rare dimostrazioni di affetto e frequenti alterchi, il rapporto con figli e nipote è quello che delinea il carattere del protagonista, orgoglioso, arrogante, affabulatore ma che sa anche essere generoso ed altruista. Nella villetta dopo qualche tempo arriva Fausto, un personaggio immaginario, figlio di Vincenzo Sartori, per consegnare al presidente una lettera del padre, ma il ragazzo, mentalmente instabile, coltiva l’idea di ucciderlo, ritenendolo colpevole della morte del padre. Il presidente riesce ad imbastire uno strano rapporto col ragazzo che inizia a filmare le sue memorie sostituendo la figlia, che le batteva a macchina, per poi sparire dopo qualche tempo, misteriosamente così come era comparso. 

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Ad Hammamet le cose vanno avanti lentamente, ogni tanto qualche vecchio amico e rivale politico giunge in visita (un barbuto democristiano che potrebbe essere Fanfani ci viene mostrato come summa di essi) ma la salute del presidente peggiora ed i rapporti col figlio, che ne segue le orme in politica tentando con scarso successo di riabilitarlo, sono piuttosto tesi, neppure l’arrivo in Tunisia dell’amante (interpretata da Claudia Gerini), accettata da Anita con una certa diffidenza per venire incontro ai desideri del padre, riesce a risollevare il morale del presidente. L’amante, come Sartori, è un personaggio che concentra insieme varie donne che hanno avuto relazioni con Craxi, dall’attrice Anja Pieroni, che il politico mise alla direzione della tv locale romana GBR, all’ultima amante, la conduttrice televisiva Patrizia Caselli, che lo seguì anche in Tunisia.

Quando i medici tunisini diagnosticano anche un tumore al rene al presidente Anita ed il fratello paiono convincerlo a tornare in Italia per operarsi, ma alla fine l’uomo preferisce non partire perché vuol tornare a casa solamente da uomo libero, l’operazione viene effettuata in Nord Africa ed ha successo, ma il presidente, fortemente debilitato, dopo poco tempo viene colpito da un arresto cardiaco che si rivela fatale.

A questo punto il film propone un finale onirico non troppo convincente in cui Craxi morente vede il suo cadavere sbeffeggiato in uno spettacolo teatrale comico che ricorda quelli del Bagaglino degli anni ’80 (forse una ammissione di colpa inconscia) ed infine un incontro in manicomio tra Anita ed un Fausto ormai completamente fuori di testa, che consegna alla donna dei nastri che definisce estremamente compromettenti, registrati dal padre prima di morire.

Hannibal the Cannibal

Il mio nome è Cristiano, alias Hannibal the Cannibal, sono cresciuto girovagando con la famiglia al seguito di mio padre, che si spostava molto per lavoro, ho seguito le sue orme lavorando alcuni anni in Nord Africa. Nel nuovo millennio sono tornato 'a casa' ed oggi sono lead programmer in una azienda che crea software gestionali. Amo tutto il cinema ma sono attratto in modo particolare dal cinema 'di genere' e da tutto ciò che è di nicchia.