GUINEA PIG (DEVIL’S EXPERIMENT)
GENERE: horror estremo, torture porn, cinema indipendente
ANNO: 1985
PAESE: Giappone
DURATA: 43 minuti
REGIA: Satoru Ogura
CAST:
Guinea Pig Devil’s Experiment è il primo capitolo di una serie di film estremi giapponesi passati alla storia per la loro crudeltà e per l’efferatezza della violenza mostrata. Devil’s Experiment è probabilmente il più shockante e disturbante di tutti. Mostra, sotto forma di shock-u-mentary, le violenze che tre uomini perpetrano sadicamente su una ragazza.
“Svariati anni orsono entrai in possesso di un corto amatoriale che portava il nome di Guinea Pig. Il rapporto enunciava: questo è il resoconto di un esperimento adoperato per determinare quali sofferenze fisiche e psicologiche l’uomo può sopportare”
È con questa frase che scorre in sovraimpressione sullo schermo che inizia l’inferno a cui assisterete.
La trama del film è inesistente. La voce narrante racconta di aver trovato questo video e lo spaccia per assolutamente reale, nel finale aggiunge anche che le poche informazioni di cui è venuto in possesso sono al vaglio della polizia, impegnata nelle indagini per risalire alla vittima e ai suoi torturatori. La storia, se così possiamo definirla, dura circa 40 minuti suddivisi in brevi capitoli che prendono il nome dalle torture inferte: schiaffi, calci, interiora, etc…. Aghi… (questo ve lo ricorderete!!)
Tecnicamente non si può definire un capolavoro, la sceneggiatura non esiste ma ciò è comprensibile, siamo davanti ad un documentario amatoriale… il montaggio è molto grezzo, le immagini sono quelle di una vecchia VHS, imperfette e con i colori dal sapore vintage; lo sfondo è sempre scuro per porre in risalto il bianco del vestito del vittima; la telecamera è perennemente fissa sui dettagli del martirio; la base musicale è assente così come i dialoghi eccezion fatta per le urla della donna e le risate, frammiste ad insulti, degli aguzzini. Tutto concorre a dare alla pellicola quel senso di illegale, di clandestinamente amatoriale che avvalla perfettamente la frase introduttiva. Gli effetti speciali invece sono assolutamente perfetti, talmente realistici che potreste effettivamente credere di essere davanti ad un vero snuff movie.
Nella travagliata visione di questi 40 minuti di immagini marce e schifose la cosa che però ha disturbato la mia coscienza non sono state la violenza, il sadismo o la cattiveria bensì la passività della donna… vedere questa ragazza subire un supplizio senza un minimo segno di reazione, senza tentare di difendersi, di opporsi, di fuggire è stato veramente l’elemento shock. La rassegnazione, quasi come se fosse tutto meritato e dovuto, l’ho trovata davvero sconvolgente. Mi sono quindi posto una domanda: ho assistito a violenza immotivata e voyeristica oppure Guinea Pig Devil’s Experiment porta un messaggio tra le righe?
Potremo leggere Devil’s Experiment come una denuncia sociale verso il ruolo della donna in Giappone, costantemente oppressa dalla pressione sociale esercitata dal vecchio stereotipo che la vede esclusivamente “ryōsai kenbo“ ovvero “buona moglie madre saggia. È storia recente il commento del premier Tarō Asō nel 2019 dove asseriva che il vero problema del paese non “sono i vecchi ma le donne senza figli”. Questo pensiero ha radici nel modello educativo del periodo Meiji (1868-1912) secondo il quale le donne hanno diritto di nascita solo per accudire la casa, occuparsi dei bambini e creare un vero e proprio “nido domestico” per l’uomo che invece lavora tutto il giorno. Nel dopoguerra alla donna “regina della casa” si è aggiunto pure il dovere di “sesso che partorisce”. Per quanto ai giorni nostri, grazie all’azione dei movimenti femministi, le cose stiano lentamente cambiando il Giappone resta uno stato fortemente maschilista che penalizza il ruolo femminile in ogni ambito.
La condizione della protagonista e la sua passività potrebbero essere quindi un’espressione allegorica del contesto sociale nipponico dove la donna è soggiogata dall’imperante fallocrazia (rappresentata dai tre seviziatori) e rassegnata perchè tutto ciò è un fenomeno culturale.
Questa serie di film ha raggiunto un così alto livello di notorietà grazie al ritrovamento dei primi cinque capitoli della saga nella collezione privata (circa 6000 film) del famoso serial killer giapponese Tsutomu Miyazaki e all’attore americano Charlie Sheen che confuse il secondo capitolo per un vero film snuff e arrivò a coinvolgere pure l’FBI.
Sembra che ad oggi in Giappone sia illegale produrre film targati “Guinea Pig”….