FONDAZIONE

GENERE: fantascienza, sci-fi, drammatico
ANNO: 2021 (in corso)
PAESE: USA
DURATA: 1 stagione, 10 episod
DA UN’IDEA DI: David S. Goyer, Josh Friedman
CAST: Cassian Bilton, Laura Birn, Jared Harris, Leah Harvey, Lou Llobell, Terrence Mann, Lee Pace, Mido Hamada, Isaiah Joshua Chambers, Johanna O’Brien
Due serie di romanzi sono probabilmente da considerarsi fondamentali per la fantascienza moderna, la saga di Dune di Frank Herbert (iniziata nel 1965) ed il ciclo delle Fondazioni di Isaac Asimov (iniziato nel 1951). Diverse per molti aspetti, queste due vere e proprie epopee hanno però anche diverse cose in comune, una delle quali è certamente quella di essere state considerate per anni ‘infilmabili’, vuoi per l’ampio respiro delle due opere, corali e dilatate nel tempo e nello spazio, vuoi per la loro struttura narrativa, che spesso e volentieri sconvolge la sequenza cronologica degli eventi.
Non va esclusa, in merito a questa considerazione di scarsa adattabilità cinematografica, anche quell’aura di intoccabilità quasi sacrale che ammanta tutte le opere dei due scrittori, alimentata, peraltro, da una solida ed agguerrita fanbase, sempre pronta a difendere il corpus originale delle due saghe da potenziali manipolazioni o, come usa dire oggi, ‘modernizzazioni’. Questo non ha ovviamente impedito al cinema di fantascienza di attingere a piene mani dalle due saghe in opere non direttamente correlate, ed anche con grande successo, l’esempio più eclatante è ovviamente Guerre Stellari (Star Wars, 1977), che in alcuni aspetti sembra una versione ‘addomesticata’ delle opere di Asimov. Proprio dopo il successo ottenuto dai primi film della saga ideata da George Lucas, il produttore italiano Dino De Laurentiis decise di raccogliere la sfida assicurandosi i diritti di Dune, ottenendone una pellicola, uscita nel 1984, molto sfortunata dal punto di vista finanziario, per quanto, a mio modesto parere, più sbagliata che brutta come viene spesso dipinta.
Questo insuccesso, figlio di numerosi errori, sia di product placement che di scelte tecniche, oltretutto affidato ad un gruppo di lavoro inesperto e poco coeso, che contribuì, insieme agli eccessivi tagli in sede di montaggio, ad un risultato che appare estremamente spezzettato e diseguale, acuì l’impressione che toccare i due capisaldi della fantascienza fosse impossibile, un pensiero che restò consolidato nei successivi 35 anni, se si escludono un paio di serie tv basate sui primi romanzi della saga di Dune, a bassissimo budget, prodotte dal canale tematico americano Syfy Channel. Questo muro psicologico è stato rotto dall’annuncio del faraonico progetto cinematografico di ‘Dune’ di Denis Villeneuve, che ha di fatto aperto la strada a quello, da molti appassionati atteso tanto quanto temuto, della realizzazione di una serie tv tratta dai romanzi di Asimov.
L’idea di optare per la serialità è probabilmente la scelta più logica, vista la vastità della saga, tale scelta sarebbe stata più consona anche per Dune, a mio avviso, ma non è ovviamente una opzione del tutto esente da problematiche. Una serie TV, per di più di fantascienza, obbliga la produzione a dover conciliare le necessità del progetto con un budget giocoforza limitato, oltre a portare ad una ovvia diluizione dei contenuti proposti. Una idea tanto rischiosa, quasi balzana, non poteva che arrivare da Apple, azienda che nella sua intera storia ha dimostrato spesso coraggio, fino ad arrivare in alcuni casi al vero e proprio sprezzo del pericolo. In difficoltà di fronte allo strapotere di piattaforme online più consolidate come Netflix e Prime TV, l’azienda con sede a Cupertino ha giocato questa carta estremamente rischiosa investendo molto sia dal punto di vista economico che di credibilità, con l’obiettivo di rilanciare la sua agonizzante Apple TV +.
L’ingente investimento fatto è certamente un aspetto positivo del progetto, come lo è quello di aver coinvolto nel progetto la figlia di Isaac Asimov, Robyn, meno convincente è apparsa invece la scelta di David Goyer, reduce da alcune esperienze non troppo esaltanti, come showrunner unico. Il progetto prevede 8 stagioni da 10 episodi, a partire dal primo romanzo degli anni ’50, evitando quindi (per il momento) i due preludi al ciclo, scritti da Asimov negli anni ’80. La prima stagione, unica disponibile al momento, è composta da 10 episodi, sufficienti per avere già una idea del prodotto, ma non, chiaramente, per darne un giudizio definitivo.


Gaal Dornick, giovane matematica proveniente dal pianeta Synnax, riesce a risolvere un enigma definito ‘Congettura di Abraxas’ e come premio viene convocata a Trantor, capitale dell’Impero Galattico, per diventare assistente di Hari Seldon, uno dei più noti scienziati dell’Impero, nonchè inventore della ‘Psicostoria’, una scienza che, tramite complesse elaborazioni statistiche, riesce a prevedere eventi storici e comportamenti delle popolazioni. Seldon preannuncia l’imminente collasso dell’Impero, dopo quattro secoli di dominio assoluto della decadente casata di Cleon, composta dai cloni del fondatore Cleon I, per questo viene arrestato con la giovane Gaal ed esiliato in un remoto pianeta dell’Impero, Terminus. Insieme a Seldon ed ai suoi più stretti collaboratori, l’assistente Raych e la stessa Gaal, si imbarca per il lungo viaggio un nutrito gruppo di scienziati volontari, selezionato dallo stesso Hari, con l’obiettivo di creare un avamposto dell’Impero, chiamato ‘Fondazione’ e redarre una ‘Enciclopedia galattica’ atta a preservare le conoscenze dell’umanità, cosa che consentirà, secondo gli studi, di ridurre il periodo buio che seguirà la caduta dell’Impero dai previsti trentamila anni ad un solo millennio. Nel viaggio verso Terminus Seldon muore per mano di Raych, che viene a sua volta ucciso, mentre Gaal, sua amante, sospettata di complicità, si salva fuggendo con una scialuppa di salvataggio, puntando verso il suo pianeta d’origine, Synnax, in criostasi. Passano una trentina d’anni e mentre l’Impero mostra effettivamente i primi segni di cedimento, su Terminus i sopravvissuti iniziano i lavori sull’enciclopedia, sotto la guida di Lewis Pirenne. Dopo qualche tempo però si verifica la ‘Prima crisi Seldon’, uno degli avvenimenti predetti dallo scienziato in grado di mettere in difficoltà la stessa esistenza della Fondazione. La crisi è provocata dall’invasione di Terminus da parte del vicino pianeta Anacreon e viene risolta grazie ad una giovane guerriera, Salvor Hardin, e con l’aiuto di Seldon stesso, che compare agli abitanti con una proiezione tramite un manufatto misteriosamente presente sul pianeta fin dall’arrivo dei coloni. Alla fine della crisi Terminus si assicura anche, in una alleanza contro l’imperatore che anni prima bombardò i due pianeti, l’assistenza militare di Anacreon e Thespin, pianeti da secoli in guerra tra loro.
L’assenza di reali protagonisti in un romanzo noto per la sua coralità viene reinterpretata nella serie amplificando il ruolo di alcuni personaggi ed aggiungendone altri, inventati di sana pianta, cosa abbastanza prevedibile ed entro un certo limite anche accettabile, quello che lascia di stucco è invece l’aver infarcito la storia di inutili sottotrame a sfondo sentimentale in stile ‘soap opera’, scelta del tutto fuori luogo. I protagonisti della storia originale erano in gran parte uomini, la maggior parte di essi diventa nella serie di sesso femminile e la scelta delle protagoniste va, nel più chiaro tentativo di adulare l’opinione pubblica (in ossequio alla supposta ‘modernizzazione’ alla quale facevo riferimento qualche riga sopra), verso due ragazze afroamericane.
Quello che più infastidisce però è il continuo ammiccamento alla ‘cancel culture’ ed ai ragazzini di oggi, che va a snaturare l’idea stessa dello scritto di Asimov (insostenibile in questo senso la scena della ragazzina afroamericana che si confronta con i vecchi soloni bianchi -boomers verrebbe da dire in gergo corrente- per una scelta matematica, cosa che viene trasformata in un riferimento all’integrazione culturale, in un completo quanto inutile sconvolgimento del testo originale). Non c’era onestamente bisogno di stuprare gli scritti di Asimov dimenticando i suoi riferimenti all’importanza di cultura e scienza per il futuro della civiltà umana con scelte che sfiorano il ridicolo quali, ad esempio, il robot Eto Demerzel e le sue ridicole movenze stereotipate o l’invenzione del triplice imperatore pazzo e frustrato, figlio di un esperimento genetico.
L’impressione che si ha spesso è che chi ha scritto il soggetto non abbia letto Asimov o, se anche lo avesse letto, non ci abbia capito nulla.