ALMA

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Alma

アルマ

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alma

Alma

アルマ

GENERE:                      post apocalittico, drammatico, seinen

ANNO:                           2019/2020

CASA EDITRICE:         Shueisha

DISPONIBILITÀ:          J-Pop

DISEGNATORE            Shinji MIto

In un desolato scenario post-apocalittico, il manga seinen "Alma" di Shinji Mito esplora con delicata intensità il significato dell'umanità quando tutto sembra perduto. Quest'opera in quattro volumi ci presenta Ray e la misteriosa Rice, forse gli ultimi esseri umani in un mondo devastato. Attraverso una narrativa che bilancia azione e profonda introspezione, Mito solleva interrogativi sulla natura dell'identità, sul confine tra umano e artificiale, e sulla persistenza dei legami emotivi in un universo ormai privo di civiltà.

La tela sulla quale Shinji Mito dipinge la sua narrazione è un futuro distopico dove gli echi di una devastante guerra tra umani e intelligenze artificiali risuonano ancora tra le rovine di ciò che un tempo era la civiltà. In questo scenario desolante troviamo Ray e Rice, due giovani sopravvissuti che vagano per le terre deserte in cerca di altri esseri umani, aggrappandosi l’uno all’altra come ultimi baluardi di umanità in un mondo che sembra averla dimenticata.

La premessa di “Alma” potrebbe apparire familiare agli appassionati del genere post-apocalittico, ma è nell’esecuzione che Mito trova la sua voce distintiva. La narrazione si snoda con un ritmo deliberatamente compassato nei primi volumi, permettendo al lettore di assorbire l’atmosfera opprimente di un pianeta svuotato della sua essenza vitale. Questa scelta stilistica, lungi dall’essere un difetto, contribuisce a costruire un senso di isolamento che permea ogni tavola, ogni dialogo, ogni silenzio.

La quotidianità dei protagonisti, fatta di ricerca di risorse e brevi momenti di normalità strappati all’incertezza, viene bruscamente interrotta dall’arrivo di una figura enigmatica: una donna misteriosa che porta con sé rivelazioni sconvolgenti sul passato di Ray. È qui che la trama si infittisce, abbandonando la linearità iniziale per abbracciare una complessità narrativa che tiene il lettore incollato alle pagine.

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Sul versante grafico il tratto di Shinji Mito è definito da una forte pulizia che contrasta efficacemente con la natura selvaggia e decadente degli scenari post-apocalittici. Ogni tavola è caratterizzata da un equilibrio perfetto tra dettaglio minuzioso e spazi vuoti strategicamente posizionati, creando un ritmo visivo che accompagna e potenzia la narrazione.

Questi paesaggi abbandonati – edifici in rovina colonizzati dalla vegetazione, vaste distese desertiche, cieli gravidi di nubi minacciose – non sono semplici sfondi, ma divengono personaggi silenziosi che raccontano la storia di un mondo che ha superato il punto di non ritorno. La maestria dell’autore nel rendere questi ambienti si manifesta soprattutto nei momenti di contemplazione, quando il ritmo narrativo rallenta per permettere al lettore di immergersi completamente nell’atmosfera.

Le scene d’azione, sebbene non preponderanti come in altri titoli del genere, sono coreografate con dinamismo e chiarezza. Il mangaka dimostra una notevole capacità nel gestire il movimento all’interno delle vignette, creando sequenze fluide che catturano l’urgenza e la tensione dei momenti concitati. Alcuni lettori hanno lamentato la relativa scarsità di questi momenti adrenalinici, ma questa scelta appare funzionale a una narrazione che privilegia l’introspezione rispetto allo spettacolo.

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Il cuore tematico dell’opera ruota attorno al concetto di disumanizzazione, ma da una prospettiva insolita. Non si tratta della classica narrazione cyberpunk dove l’umanità viene erosa dalla tecnologia in una società ipertecnologica; qui assistiamo invece al tentativo di preservare l’umanità in un contesto dove la tecnologia ha già causato il collasso della civiltà.

Ray incarna questa tensione: fisicamente umano ma emotivamente alienato, la sua routine meccanica di sopravvivenza lo rende simile a un automa biologico. Rice, d’altra parte, rappresenta un enigma esistenziale che sfida le categorie tradizionali di umano e non-umano. La loro relazione diventa il fulcro dell’esplorazione di cosa significhi essere umani quando manca il contesto sociale che tradizionalmente definisce l’umanità.

Viene da pensare che forse l’essenza dell’umanità non risiede nella biologia o nella tecnologia, ma nella capacità di formare connessioni significative e di dare senso all’esistenza anche in circostanze estreme. I momenti di apparente normalità tra i due protagonisti – conversazioni, gesti quotidiani, tentativi di creare un simulacro di vita sociale – diventano potenti affermazioni di resilienza umana.

“Alma” esplora con particolare efficacia il ruolo della memoria nella costruzione dell’identità. In un mondo dove il passato collettivo dell’umanità è stato cancellato, i ricordi personali diventano sia un’ancora di salvezza che una potenziale fonte di inganno.

Le rivelazioni sulla vera natura del mondo in cui si trovano i protagonisti sollevano interrogativi sul confine tra realtà e simulazione che richiamano tematiche care alla fantascienza filosofica. La narrazione gioca costantemente con la percezione del lettore, costruendo strati di realtà che vengono progressivamente svelati fino a un finale che ricontestualizza l’intera storia.

Questo aspetto collega “Alma” a opere classiche del cyberpunk e della fantascienza esistenziale, pur mantenendo una sua originalità nell’ambientazione post-apocalittica. La domanda fondamentale rimane simile: se la realtà che percepiamo è malleabile o artificiale, cosa definisce l’autenticità dell’esperienza umana?

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Quello che a mio avviso rende questo manga particolarmente riuscito è la sua capacità di bilanciare la densità filosofica con una narrazione coinvolgente e accessibile. Non è necessario essere esperti di filosofia post-umanista per apprezzare la storia di Ray e Rice, né occorre essere appassionati di manga post-apocalittici per essere catturati dalle domande esistenziali che l’opera solleva.

In soli 4 volumi, Shinji Mito riesce a costruire un’esperienza narrativa completa che opera su più livelli: come avventura di sopravvivenza, come esplorazione psicologica e come riflessione sulla condizione umana. L’economia narrativa è impressionante: non c’è una singola vignetta sprecata, ogni elemento visivo e testuale contribuisce alla costruzione di questo mondo desolato ma emotivamente ricchissimo.

Il finale, che non rivelerò in questa recensione, offre una conclusione che chiude efficacemente gli archi narrativi principali pur lasciando spazio all’interpretazione personale. È una chiusura che invita alla riflessione piuttosto che fornire risposte definitive, coerentemente con l’approccio filosofico dell’intera opera.

“Alma” si afferma come uno di quei rari manga che riescono a essere contemporaneamente accessibili e profondi, emotivamente coinvolgenti e intellettualmente stimolanti. In un panorama editoriale spesso dominato da opere seriali di lunga durata, questi quatto volumi dimostrano che la brevità può essere una virtù quando accompagnata da una visione creativa chiara e da un’esecuzione impeccabile.

Per gli appassionati di narrativa post-apocalittica che cercano qualcosa di più di semplici scenari di sopravvivenza, per i lettori interessati alle riflessioni sull’identità umana nell’era tecnologica, e per chiunque apprezzi storie ben costruite che lasciano un’impressione duratura, “Alma” rappresenta una lettura imprescindibile: un’opera che utilizza la desolazione di un mondo finito per illuminare gli aspetti più essenziali della condizione umana.

John il boia Ruth

Sono Gilberto, alias John il boia Ruth, la mente che ha dato forma a questo progetto. Nella vita mi occupo di web: dal marketing alla grafica, dalla progettazione di siti ai Social Network. Ne I Cinenauti ho voluto fondere il mio lavoro, che amo, con la mia più grande passione, il cinema. Prediligo gli horror, meglio se estremi e disturbanti, i thriller, i fantasy e i film d'azione. Insomma divoro qualsiasi cosa cercando di non farmi condizionare dai pregiudizi.