DOLL SYNDROME

GENERE: horror estremo, torture porn, cinema indipendente
ANNO: 2014
PAESE: Italia
DURATA: 95 minuti
REGIA: Domiziano Cristopharo
CAST: Tiziano Cella, Yuri Antonosante, Aurora Kostova
Diretto dal cineasta romano Domiziano Cristopharo, Doll Syndrome è un film indipendente estremo e disturbante (scritto da Andrea Cavaletto) che parla del "male" visto attraverso la follia di un ex militare affetto da sindrome post traumatica da stress, autolesionista e feticista. Il fulcro della storia è il desiderio malato che prova questo moderno “orco” di possedere sessualmente una ragazza mai vista prima ma che ha commesso l'errore di incrociare il suo sguardo e di rispondergli con un sorriso.
Il film si apre prendendo a schiaffi in faccia lo spettatore con le fotografie delle torture di Abu Ghraib perpetrate dai militari americani ai danni dei prigionieri iracheni. Immagini tanto forti e crude da essere la più corretta introduzione a cosa ci apprestiamo a guardare.
Stacco.
“Lui” è un ex militare con forti problemi psichici che lavora in una lavanderia. Ogni mattina la stessa routine, si sveglia, si alza, si avvicina alla finestra e, mentre guarda fuori, si masturba eiaculando contro la finestra. Nudo, si appresta a consumare una colazione che vomita subito dopo nel wc. Si veste di tutto punto e stringendo uno zaino nella mano si dirige al lavoro. Sguardo perso nel vuoto e movimenti rallentati dai farmaci e dai disturbi mentali vomita ogni volta che introduce qualcosa nel suo stomaco e pratica autoerotismo quando ne sente il bisogno. Una mattina la sua attenzione ricade su una ragazza seduta ad un bar. “Lei” è bellissima e gentile al punto che, quando incrocia lo sguardo di “Lui”, gli risponde con un sorriso. Basta questo semplice gesto per fargli perdere la testa. Il protagonista però non si limita a pedinarla ovunque, il desiderio sessuale è così estremo e morboso da spingerlo all’acquisto di una bambola gonfiabile da usare come surrogato della ragazza stessa, la scopa senza sosta nella convinzione reale che sia Lei, in quell’oggetto gommoso lui vive la carne della donna. Un giorno le sue fantasie però subiscono un trauma inaspettato, lei è fidanzata, esiste un “Altro”. Da quel momento l’escalation di follia, di vendetta e di violenza è inevitabile ed inarrestabile.



Doll Syndrome è il secondo capitolo della trilogia che il regista dedica ai mondi ultraterreni, qui ci troviamo all’Inferno, come possiamo facilmente intuire dalle immagini atroci che accompagnano i titoli di testa. Ma dov’è il vero Inferno? Il male è dentro di noi, nelle nostre ansie, nel nostro essere soli o nella società che con i suoi schemi malati ci plasma e ci trasforma? “Lui” è nato malvagio o lo è diventato per le violenze che ha subito e perpetrato? Partendo dalle immagini reali iniziali possiamo dedurre che il suo disturbo nasca dall’aver vissuto una situazione analoga ad Abu Ghraib ed è lecito chiedersi che “uomo” fosse prima. Il medesimo contesto si ripropone nel finale: “Lui” tortura “L’Altro” che subisce a sua volta una trasformazione interiore, diventerà malvagio come il suo carnefice o si salverà? …qui il finale resta aperto.
Lo strumento attraverso il quale Domiziano Cristopharo ci racconta il disagio è il corpo. Le membra vengono mutilate, torturate, trasformate mentre un’oggetto di gomma, una bambola gonfiabile, subisce la trasfigurazione in donna reale assumendo, per pochi frame, le fattezze di un ibrido gommo-umano.
Tecnicamente assistiamo ad un film praticamente muto ad eccezione di una breve sequenza dove, sempre con voce assente, possiamo leggere i sottotitoli. Questo silenzio ci chiude nella stessa bolla di follia ed isolamento nella quale vive Lui e il ricorrere costantemente a riprese strette sugli occhi del protagonista ci ricorda che stiamo vivendo la sua stessa esperienza. Il sonoro, affidato a Il Cristo Fluorescente e Jarman, riesce perfettamente ad ammorbidire la durezza delle immagini. Non manca la ricerca di inquadrature insolite e geniali; chissà se Todd Phillips, nel suo Joker, non si sia ispirato proprio a Doll Syndrome nella scena in cui Arthur Fleck, davanti ad uno specchio, si tira le estremità della bocca per simulare un sorriso forzato.
Gli effetti speciali sono dotati di un realismo disturbante e sconsiglio vivamente la visione ai deboli di stomaco (cult la sequenza del taglio della pancia con una lametta).
In ultimo, ma non per importanza, il cast. Tiziano Cella è immenso in un ruolo estremamente difficile da interpretare, ha il personaggio cucito addosso; Aurora Kostova (Lei) e Yuri Antonosante (L’altro) sono altrettanto credibili e convincenti.
Le critiche pesanti al maschilismo (vedi la donna paragonata ad un oggetto da possedere a tutti i costi e sostituita da una bambola) e l’anti militarismo sono tangibili nell’intero tessuto narrativo.
Il film è acquistabile sul sito della Tetrovideo al seguente LINK.