BRONX (ROGUE CITY)
BRONX (ROGUE CITY)
GENERE: azione
ANNO: 2020
PAESE: Francia
DURATA: 116 minuti
REGIA: Olivier Marchal
CAST: Jean Reno, Lannick Gautry, Stanislas Merhar, Kaaris, David Belle, Patrick Catalifo, Moussa Maaskri, Catherine Marchal
Bronx (Rogue City). Marsiglia: alcuni componenti di un “cartello” malavitoso compiono un agguato in pieno giorno all'interno di un bar sulla spiaggia; la carneficina innesca una spirale che coinvolge criminalità cittadina e forze dell'ordine, facendo emergere connivenze e segreti inconfessabili...
Il polar, nome derivante dalla crasi dei termini “poliziesco” e “noir”, è un genere – che consta sostanzialmente nella rielaborazione dei modelli d’oltreoceano alla luce della letteratura “gialla” e “criminale” francese – codificato e portato al successo da grandissimi autori quali ad esempio Henri- Georges Clouzot, Jacques Becker, Claude Sautet e soprattutto Jean Pierre Melville; il girondino Olivier Marchal è il regista che più di tutti ne ha raccolto il testimone nel nuovo millennio, con una manciata di notevoli film dallo stile secco e cupo (su tutti ricordiamo 36 Quai Des Orfevres e L’Ultima Missione) dove i vari Daniel Auteuil, Gerard Depardieu o Jean Reno hanno preso il posto di icone dei tempi d’oro quali Jean Gabin, Alain Delon e Jean Paul Belmondo.
Torna ora con questo Bronx, ispirato ad un fatto di sangue realmente accaduto nel 1978, che si può considerare come una sorta di “summa” del suo percorso artistico; gli ingredienti infatti ci sono tutti: una città sentina di ogni vizio, teatro di equilibri instabili tra gang rivali multietniche (corsi, magrebini, spagnoli) e sbirri pieni di scheletri negli armadi, con quel senso di fato avverso che incombe sulle teste di ognuno di loro.
La differenza tra polizia e criminalità organizzata? Semplicemente un distintivo, come dice la ieratica Claudia Cardinale (che gradito ritorno!), “domina” del clan Bastiani, al torvo comandante Vronsky (il quale vive su una barca come il mitico Sonny Crockett di Miami Vice, sognando magari un futuro lontano da tutto quel marciume insieme alla compagna incinta), andato in “udienza” per risolvere la guerra tra bande.
Marchal sa bene di cosa parla, essendo stato ispettore per diversi anni prima di intraprendere una proficua carriera dietro la macchina da presa, e lo si vede chiaramente dal realismo con il quale rappresenta gli ambienti e descrive i gesti e le psicologie dei suoi protagonisti: uomini duri e vulnerabili allo stesso tempo (un plauso va alla scelta di attori non così noti – eccetto Reno in un ruolo più defilato – ma dalle facce straordinarie), col loro spirito cameratesco ma sempre venato di una diffidenza reciproca, perchè così comanda quell’istinto animale necessario per muoversi nella giungla d’asfalto.
Marsiglia – immersa nel sole come la Los Angeles del Vivere E Morire di Friedkin (del quale cita anche un importante snodo di trama), a sottolineare come nessuno possa nascondersi di fronte alle proprie colpe – richiede “certi” metodi, anche se questo vuol dire rimestare nel torbido e venire a patti col diavolo, in una sorta di catena alimentare dell’abiezione che non può che portare, alla lunga, dentro ad un vicolo cieco.
E poi ci sono le donne, che per i “flic” sembrano ricoprire soltanto il ruolo di valvole di sfogo o poco più, e sulle spalle delle quali viene interamente lasciato il fardello di famiglie spesso disastrate e sull’orlo di implodere; senza contare il rischio costante di rimanere improvvisamente sole, perchè si sa che quello è un mestiere infame dove esci di casa al mattino ma non sei mai sicuro se ci ritornerai alla sera, soprattutto in determinati posti.
Di contro, fatte le debite proporzioni, nel milieu gangsteristico sembra esistere una diversa considerazione nei confronti delle figure femminili, e Marchal sottolinea questo aspetto sia attribuendo loro ruoli apicali (la sopracitata Catarina Bastiani) sia nella sequenza quasi “Kitaniana” della visita del vecchio boss Maranzano alla moglie malata terminale.
Concepito con una struttura ad “effetto domino” (che sembra non avere soluzione di continuità: si veda, a questo proposito, lo spietato finale che potrebbe benissimo preludere ad un sequel…) e girato con la consueta padronanza (molto efficaci le sparatorie, soprattutto quella notturna in riva al mare), Bronx è uno dei polizieschi più solidi e riusciti degli ultimi anni e conferma Marchal nel ruolo di portabandiera di un modo di fare cinema che speriamo possa generare epigoni anche tra le nuove leve.