LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI

LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI

La solitudine dei numeri primi i cinenauti recensioni film serie tv cinema

GENERE:        drammatico

ANNO:             2010

PAESE:            Italia, Francia, Germania

DURATA:        118 minuti

REGIA:             Saverio Costanzo

CAST:               Alba Rohrwacher, Luca Marinelli, Martina Albano, Arianna Nastro, Tommaso Maria Neri, Vittorio Lomartire

La Solitudine Dei Numeri Primi di Paolo Giordano è stato il caso letterario del 2008; il romanzo (in realtà piuttosto mediocre) narra la storia di Alice e Mattia, due ragazzi della buona borghesia torinese che, in conseguenza di vicende drammatiche accadute nella loro infanzia, rimangono intrappolati in una sorta di limbo emotivo che ne compromette la salute mentale (lei, prima dedita allo sci per volere del padre e poi fotografa, tende all'anoressia; lui, genietto della matematica, è asociale e ha manie autolesionistiche) ed hanno tra loro una strana relazione che sta a metà tra un'amicizia a distanza e un amore mai dichiarato.

Un canovaccio di questo tipo in mano al regista sbagliato si sarebbe certamente trasformato nel solito insulso “lacrima movie” adolescenziale; Saverio Costanzo invece (coadiuvato da Paolo Giordano in fase di sceneggiatura, il quale ha espressamente voluto che il film non diventasse una mera copia del libro ma una sua reinterpretazione più “libera”) ha un’intuizione vincente perchè capisce che in questo caso conta il “come” e non il “cosa”, perciò compie una trasposizione di stampo prettamente cinefilo: innanzitutto destruttura la cronologia degli eventi, in modo che il film si dipani quasi come un flusso continuo e disordinato di ricordi; poi marginalizza gli aspetti da tipico racconto di formazione, privilegiando invece quelli più conturbanti e “dark”; da ultimo, per trovare uno stile visivo adeguato all’operazione, si affida ai maestri: fanno capolino Dario Argento (la nenia de L’uccello Dalle Piume Di Cristallo sottolinea vari passaggi), il Brian De Palma di Carrie, alcune suggestioni Kubrickiane (Shining) e Lynchiane, il Polanski più claustrofobico (Rosemary’s Baby e L’inquilino Del Terzo Piano), sino ad arrivare ad Antonioni (omaggiato esplicitamente in un paio di sequenze, quella della nebbia al matrimonio e quella finale sulla panchina; l’incomunicabilità poi, tratto distintivo del cineasta ferrarese, è un tema portante del film).

Nasce così una pellicola particolare e dotata di un certo fascino “sinistro”, una sorta di horror esistenziale dove l’inquietudine può scaturire da uno sguardo in penombra o da un silenzio prolungato, da una foschia soffocante o persino dalla visione di un cartone animato (emblematico, a questo proposito, l’uso di una puntata di Lady Oscar che a un tratto si materializza a schermo pieno… ) e dove i mostri sono quelli del quotidiano, magari proprio le persone più vicine e che dovrebbero proteggerti; nel caso specifico si distinguono negativamente i genitori, che appaiono come figure di volta in volta insignificanti, tormentate ed oppressive, mai in grado di empatizzare veramente con i figli ma solo di scaricare loro addosso delle responsabilità troppo grandi o le proprie ambizioni frustrate. 

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Tanti sono i momenti che rimangono nella mente, complici una fotografia splendida e una colonna sonora efficacissima e variegata, che spazia dal recupero di Morricone e dei Goblin alle sperimentazioni di Mike Patton (voce dei Faith No More e mille altre cose… ), da hit anni ottanta come Bette Davis Eyes alla dance anni novanta; notevole, in particolare, la lunga parte centrale del film, dove il montaggio alternato mette insieme una festa delle superiori cruciale per definire i rapporti “malati” tra i protagonisti e il racconto dei tragici fatti che hanno segnato le loro vite (l’incidente che ha reso zoppa Alice e il terribile segreto legato alla sorella gemella Michela che Mattia riesce finalmente a confessare all’amica), dei quali vengono chiariti dinamiche e implicazioni; da segnalare anche una sequenza onirica nella quale il regista si inventa un passaggio spazio-temporale tra le abitazioni dei due protagonisti ispirandosi alla copertina del libro.

Molto centrate risultano le prove attoriali dei bambini e degli adolescenti (in ruoli certamente non facili da gestire alla loro età); Alba Rohrwacher e Luca Marinelli si confermano poi tra i migliori talenti emersi negli ultimi anni, intrerpretando Alice e Mattia da adulti con un lavoro impressionante anche di trasformazione dei corpi; come ottimi comprimari abbiamo Isabella Rossellini e Maurizio Donadoni rispettivamente nella parte di madre di lui e di padre di lei, mentre Filippo Timi introduce con un gustoso cameo un momento cruciale dell’arco narrativo.

Saverio Costanzo con un pugno di film e un paio di serie tv si è rivelato un regista mai banale; non fa eccezione un’opera come La Solitudine Dei Numeri Primi, sicuramente anomala, difficile da etichettare e per questo non recepita in pieno alla sua uscita (risultando forse troppo “autoriale”, cupa e contaminata col “genere” per convincere il grande pubblico, che invece aveva tributato un ottimo successo al libro), ma che nel tempo potrà sicuramente rivendicare uno status di cult.

Anton Chigurh

Mi chiamo Mattia, alias Anton Chigurh, classe 1975, ho fatto studi classici e sono orgogliosamente spezzino; cosa chiedo ad un film o ad una serie tv? Di farmi riflettere, di inquietarmi, di lasciarmi a bocca aperta, di divertirmi... Per sapere dove trovo tutto questo, leggete le mie recensioni su I Cinenauti!