IL MESTIERE DELLE ARMI
GENERE: storico, drammatico
ANNO: 2001
PAESE: Italia
DURATA: 105 minuti
REGIA: Ermanno Olmi
DURATA: Sandra Ceccarelli, Christo Jivkov, Sergio Grammatico, Dessy Tenekedjieva
Siamo nel 1526: Giovanni De' Medici, detto delle Bande Nere dal nome delle sue truppe di mercenari, è un capitano di ventura al soldo dello Stato Pontificio incaricato di fermare l'avanzata dei Lanzichenecchi giunti in Italia con l'obiettivo di saccheggiare Roma.
Ermanno Olmi isola gli ultimi sette giorni di vita del valoroso condottiero e ci trasporta letteralmente accanto a questi uomini spossati dal freddo, dalla fatica, dalla scarsità di cibo, nel loro peregrinare attraverso una pianura nebbiosa e coperta di neve e nelle loro notti all’addiaccio riscaldate solo da tenui fuochi; Giovanni, interpretato con intensità dall’attore bulgaro Hristo Jivkov, è fiero e pregno di una mistica tutta medievale, duro con i suoi soldati quando serve ma capace di motivarli, renderli temibili (ha fatto brunire le loro armature perchè siano invisibili di notte: da qui il loro soprannome) e proteggerli fino alle estreme conseguenze.
Strada facendo lo scopriamo nella sua dimensione più intima, quando si confida col fedele scudiero Lucantonio che lo aggiorna sulle varie mosse di ogni forza in campo, chiede che gli venga letto il passo di qualche grande letterato, dètta una lettera oppure è sospeso tra la nostalgia per la moglie premurosa e il figlioletto e il ricordo voluttuoso dell’avventura erotica con la Nobildonna di Mantova che non smette di cercarlo.
Ma i presagi sono infausti: gli uomini allo stremo reclamano il compenso pattuito (“È il denaro che fa la guerra” dice a un certo punto un disilluso Giovanni) e i doppi giochi della politica (impossibile non notare similitudini con certe dinamiche odierne…) pongono le truppe pontificie in una situazione di svantaggio; il marchese di Mantova Federico II Gonzaga, infatti, per non avere noie, decide di far transitare le truppe germaniche sul suo territorio nei pressi di Curtatone, negando invece il passaggio a Giovanni; nel frattempo il duca di Ferrara Alfonso I D’este, in cambio di un accordo matrimoniale per il figlio, fa avere all’esercito nemico alcuni falconetti, piccoli cannoni letali contro qualsiasi armatura.
Le Bande Nere, però, grazie alla caparbietà della loro guida, riescono a raggiungere una divisione dei Lanzichenecchi vicino alla fornace di Governolo; tra loro c’è anche il generale Georg Frundsberg che ostenta un cappio dorato col quale dice di voler impiccare il Papa. Le truppe si schierano in assetto da battaglia e il cenno reciproco tra i due comandanti in capo sancisce simbolicamente la fine dell’età cavalleresca: Giovanni infatti crede ancora nel “mestiere delle armi”, la lealtà della spada e del corpo a corpo, ma cade in un’imboscata portata a colpi di una nuova arma da fuoco devastante; ferito ad una gamba, viene trasportato a Mantova nel palazzo di Aloisio Gonzaga che lo aveva affiancato sul campo; la sua agonia non fa altro che illustrarne una volta di più la saldezza d’animo aliena ai compromessi (straordinarie le sequenze dell’amputazione dell’arto, dove gli affreschi sembrano prendere vita) contrapposta all’ipocrisia dei potenti che giocano le loro partite a tavolino sulla pelle altrui (“Vogliatemi bene quando sarò morto” è la risposta emblematica che dà a Federico Gonzaga, il quale ha avuto la faccia tosta di presentarsi al suo capezzale dopo averlo tradito).
Giovanni delle Bande Nere morirà il 30 novembre 1526 e i Lanzichenecchi avranno così via libera per Roma, che verrà saccheggiata nel maggio successivo.
Ermanno Olmi, attraverso una messa in scena accuratissima (location perlopiù originali, luci naturali, aderenza fisica ai reali personaggi storici), testimonia un momento di passaggio epocale con uno sguardo che si proietta sul presente (tra l’altro il film uscì casualmente all’indomani dei fatti dell’11 settembre): la corsa al progresso tecnico e ai beni materiali, ammonisce (ma già lo faceva Tibullo nel primo secolo avanti Cristo, come leggiamo all’inizio del film), a scapito di valori più umanistici e spirituali conduce a salti nel buio pericolosi.
Il Mestiere Delle Armi è una pellicola preziosa e assolutamente centrale, per quanto meno celebrata di altre, nella filmografia del maestro bergamasco recentemente scomparso