METALHEAD (Málmhaus)
GENERE: drammatico
ANNO: 2013
PAESE: Islanda
DURATA: 97 minuti
REGIA: Ragnar Bragason
CAST: Ingvar Eggert Sigurðsson, Sveinn Ólafur Gunnarsson, Sigrún Edda Björnsdóttir, Thora Bjorg Helga, Hannes Óli Ágústsson
Metalhead ("Metallara") è un film drammatico Islandese del 2013 diretto da Ragnar Bragason. Racconta la storia di Hera, una bambina che resta traumatizzata dalla morte prematura di suo fratello Baldur, deceduto in un incidente mentre lavorava in campagna. Sarà proprio il raccogliere l'eredità musicale del ragazzo, chitarrista metal, ad accompagnare le fasi della sua vita fino alla definitiva catarsi.
Un gruppo di bambini gioca nella campagna islandese, una donna si affaccia alla porta della sua fattoria per invitare la figlia, Hera, a chiamare il fratello per cena; è impegnato con la mietitrebbia a svolgere il lavoro che il padre, allevatore, gli ha commissionato. Il macchinario improvvisamente ha un guasto e il ragazzo cade finendo tranciato dalle lame sotto gli occhi della ragazzina. Non serve a nulla la corsa in ospedale, Baldur perde la vita. Dopo il funerale Hera si rintana nella camera del fratello e lì, circondata dal di lui mondo, prende in mano la chitarra e con quel gesto ne raccoglie l’eredità
Sono gli anni ’80. Hera è cresciuta, è un’adolescente ribelle, abusa di alcol, compone e suona musica malvagia, d’altra parte ama il Black Metal; odia Dio, l’ha privata della cosa più preziosa che aveva per punirla, odia la comunità cristiana nella quale vive e sogna di andarsene ma non ne trova il coraggio. Suo padre e sua madre sono incapaci d’aiutarla paralizzati dai sensi di colpa e da un lutto ben lontano dall’essere elaborato; cercano sostegno nel nuovo parroco, anch’egli metallaro, che sembra far breccia nel muro difensivo della giovane donna ma il tutto viene frainteso e lei finisce per infatuarsi e restare inevitabilmente delusa. Il suo rancore a questo punto è ingestibile, Dio la sta nuovamente castigando; in tv scorrono le immagini delle chiese messe al rogo dall’Inner Circle e da Burzum; il suo odio è talmente forte che si abbandona all’emulazione dei suoi idoli. Ora però deve affrontare il giudizio di una comunità che le è avversa per il gesto blasfemo che ha compiuto ma, a differenza di quello che ci si potrebbe aspettare, anziché metterla alla gogna empatizza con il suo dolore e le si stringe intorno. I colpi di scena non mancano e forse la rinascita di Hera non è lontana. Il poetico finale non può non toccare il cuore.
Metalhead non è il film che ci si aspetta visto l’argomento di cui parla, il Black Metal. Lo si capisce fin dall’inizio quando la protagonista resta avvinghiata in questo genere musicale così estremo ed affascinante non per un disagio sociale, come banalmente ci si aspetterebbe, ma per reagire ad un grandissimo dolore. Attraverso urla e chitarre impazzite raccoglie l’eredità di Baldur e la sua ribellione e la rivolge verso Dio perchè per lei è tutt’altro che buono. Crescendo diventa un’adolescente ingestibile com’è normale che sia data l’età ma, mentre ci aspetteremo di vederla giudicata e messa sul rogo da famiglia e società, troviamo inaspettatamente comprensione.
La rinascita di Hera arriverà però attraverso la musica: la sua creatività artistica e le sue doti le permetteranno finalmente di esternare tutto il dolore che ha covato nell’anima per anni e così di elaborare il lutto.
I freddi e suggestivi paesaggi islandesi con una colonna sonora metal di tutto rispetto (dove primeggiano Judas Priest e Megadeth) fanno da contorno ad un film poetico e non poi così banale come viene definito da alcuni.