IL RACCONTO DEI RACCONTI

GENERE: fantasy, drammatico
ANNO: 2015
PAESE: Italia
DURATA: 125 minuti
REGIA: Matteo Garrone
CAST: Salma Hayek, John C. Reilly, Christian Lees, Jonah Lees, Alba Rohrwacher
Fantasy riflessivo che usa il linguaggio del fantastico per affrontare temi ostici e crudi. Non siamo davanti ad un film d’azione ma ad un’opera che invita alla riflessione. Si tratta di tre storie (tratte dal libro “Lo cunto de li cunti” di G. Basile) che si snodano tra orchi, regine senza scrupoli, re erotomani, negromanti e animali fantastici per poi riunirsi nell’enigmatica scena finale.
La prima storia narra di una regina (Salma Hayek) ossessionata dal desiderio di avere un figlio e, in nome di ciò, si abbandona alle peggiori nefandezze.
La seconda ruota intorno ad un re (Vincent Cassel) ossessionato dal sesso. Costui si invaghisce di una donna solo per averla sentita cantare. Ma non è la fanciulla che si aspettava bensì una di due vecchie sorelle. Grazie ad un incantesimo una delle due ringiovanisce e l’altra, tormentata dalla paura di restare sola e vecchia, troverà un sorte ben diversa.
La terza ci parla della principessa Viola, data in sposa dal padre (Toby Jones) ad un orco per scommessa. Nessuno avrebbe potuto indovinare di che animale era la grossa pelle esposta nella sala del trono.
Nel finale i tre episodi convergono.

Viola, dopo infinite vicissitudini, verrà incoronata regina al cospetto di un gran numero di nobili, tra cui i protagonisti degli altri racconti. L’ultima scena lascia perplessi: i personaggi alzano lo sguardo al cielo per osservare sopra di loro un funambolo in equilibrio su di una corda infuocata. Questo simbolismo, probabilmente, raffigura la precarietà: anche se tutti gli eventi hanno preso la giusta direzione e si incasellano in una logica realistica, niente è stabile. I protagonisti alzano gli occhi per cercare risposte e la sola risposta è che nulla è definitivo.
Non meno importanti sono la profonda riflessione sull’amore: dovrebbe essere un dono ma noi uomini lo trasformiamo in ossessione e possessione (la madre per il figlio, il legame tra i due “fratelli”, il rapporto tra le vecchie sorelle, la storia tra l’orco e Viola e via discorrendo).
La volontà, sempre tipicamente umana, di soggiogare l’altrui libertà. L’arroganza di chi si crede tanto superiore ed intoccabile da non ascoltare le voci di chi gli è vicino. L’ossessione del voler apparire che ci porta, molto spesso, a violentare il nostro corpo. E, non ultima, la solitudine come destino ineluttabile.
Completano l’opera una fotografia incantevole che non lascia nulla al caso (di notevolissimo pregio la battaglia subacquea tra il drago e il re), le scenografie che mostrano luoghi del nostro paese tanto belli da togliere il fiato e i costumi a dir poco fiabeschi.