THE HOUSE THAT JACK BUILT

THE HOUSE THAT JACK BUILT

i cinenauti recensioni film serie tv cinema The house that jack built La casa di Jack

GENERE:       horror estremo vm 18, drammatico, thriller

ANNO:            2018

PAESE:          Danimarca, Francia, Germania, Svezia,

DURATA:       155 minuti

REGIA:            Lars von Trier

CAST:            Matt Dillon, Bruno Ganz, Uma Thurman, Siobhan Fallon Hogan, Sofie Gråbøl, Riley Keough

Quando Lars Von Trier lo presentò al Festival di Cannès, nel maggio 2018, molti spettatori abbandonarono la sala a metà spettacolo indignati e disgustati. Lo stesso regista lo definì il suo film più violento. Nonostante io non ami usare la parola “capolavoro” per definire un film, non riesco a trovare un termine più consono per “The house that Jack built”, manifesto della libertà di espressione dell'arte.

“L’ingegnere legge la musica, L’architetto la suona.”
(The house that Jack built)

Da qualche parte nello stato di Whashington negli anni ’70, Jack (Matt Dillon) è un serial killer affetto da disturbo ossessivo compulsivo, noto alla stampa con lo pseudonimo Mr. Sofistication. Ripercorre la sua carriera raccontando al suo interlocutore Verge (Bruno Ganz) cinque dei sessanta omicidi che ha commesso.

Il protagonista ricalca la figura del serial killer americano degli anni 70: freddo e calcolatore, incapace di provare empatia o emozioni (lo vediamo provare le mimiche facciali davanti allo specchio), misogino e narcisista. Ad un certo punto lo vedremo anche camminare con l’utilizzo delle stampelle per apparire innocuo e vulnerabile, una tattica che era stata utilizzata da Ted Bundy per adescare le proprie vittime. Ingegnere, ma con la passione dell’architettura decide, tra un omicidio e l’altro, di costruire la propria casa.

La trama, letta così, non sembra né scandalosa, né così orribile da giustificare uno spettatore a lasciare la sala.

Dobbiamo però fare i conti con un regista che, film dopo film, ha spinto sempre un po’ più in là i propri limiti (ci basti ricordare Nimphomaniac) e la sua ricerca di realismo è sempre stata maniacale.

La rappresentazione della violenza e delle sue dinamiche è appunto nuda e semplice. Proprio per questo il film risulta essere così crudo e disturbante.

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Da un punto di vista visivo il colore rosso è da considerare quasi come un terzo personaggio, è la pulsazione omicida di Jack. Rosso sono il sangue e l’inferno. Altrettanto importante è la rappresentazione della luce: Jack scatta fotografie alle sue vittime per conservarne poi il negativo dove, secondo lui, è rappresentata la “dark light” la non luce, quasi a rappresentare proprio il lato oscuro della natura.

Come spesso accade nei film di Von Trier, qui il montaggio intellettuale (quello di Ejzenstein) carica le immagini di un significato così profondo da renderle incredibilmente potenti. Il film poi si sviluppa attraverso il dialogo tra Jack e Verge appunto, il quale avrà il compito di accompagnare il protagonista nel suo ultimo viaggio, ma ne diventerà anche il confessore e giudice.

Il regista qui più che mai utilizza l’arte per indagare la natura. Ed è in virtù di questo che “non dobbiamo imporle le nostre regole morali di vita” ma dobbiamo lasciarla libera di potere cogliere ed esprimere tutti gli aspetti della vita.

Jack serial killer diventa l’artista, i cadaveri il materiale/veicolo e la morte l’opera d’arte.

Sembra di essere al cospetto del testamento di Lars Von Trier, in cui lui stesso tira le somme di quella che è stata la sua carriera artistica e di ciò che vuole (o vorrebbe) lasciare ai posteri.
Un film di difficile collocazione e sicuramente non per tutti (come lo sono praticamente tutti, i suoi).

Lars Von Trier crea un capolavoro, il suo masterpiece e quando ci penso mi viene sempre in mente una frase di Budd, in Kill Bill:

“Se devi paragonare una spada di Hanzo, la paragoni a tutte le spade create…volevo dire, non create da Hattori Hanzo.” (Budd, “Kill Bill Vol.2)

Così, quando mi chiedono un’opinione su “The house that Jack built” riassumo così:

“Se devi paragonare un film di Lars Von Trier, lo paragoni a tutti i film creati…volevo dire, non creati da Lars Von Trier“.

Buona visione!