Come universalmente noto, i cosiddetti delitti del Mostro di Firenze sono una catena omicidiaria, ai danni di coppie appartate in auto o in tenda, iniziata nel 1968 a Signa e protrattasi, con un paio di corposi intervalli, sino al 1985 nelle campagne limitrofe al capoluogo toscano, andando a toccare in un paio di occasioni il più lontano Mugello; un caso peculiare, sia per quanto riguarda la “vittimologia” che per la sua durata, caratterizzato dal marchio di fabbrica dell’arma (sempre la stessa, una Beretta Calibro 22 che sparava pallottole Winchester contrassegnate come numero di serie da una H sul fondello) e da un’escalation in pieno stile psicopatologico condita, a partire dal 1981, di escissioni ai danni degli organi sessuali delle malcapitate ragazze e culminata nella sfida all’autorità (la famosa lettera contenente un lembo di seno dell’ultima vittima francese inviata al magistrato Silvia Della Monica – l’unica donna ad aver seguito il caso per qualche anno -, seguita da altre tre con proiettili e minacce indirizzate ai colleghi Piero Luigi Vigna, Paolo Canessa e Francesco Fleury); ma soprattutto “mostruosa” nel suo complesso è diventata col tempo questa vicenda, nella quale mai forse come in precedenza “alto” e “basso”, verità e leggenda metropolitana (e una leggenda perfetta non si può rovinare con la verità, come insegna John Ford in L’Uomo Che Uccise Liberty Valance…) si sono confusi tra loro, facendosi così specchio di un intero paese: ecco allora la Massoneria, le sette, i dottori dal doppio cadavere, i depistaggi, la “macchina” inquirente e giudiziaria sempre troppo mediatica, i criminologi, gli avvocati, i giornalisti, a braccetto con i mitomani, i sardi violenti, gli ubriaconi di paese, i guardoni, i maghi, le puttane, i legionari, i tuttologi del web, e chi più ne ha più ne metta, un vero e proprio “calderone” dalle venature via via sempre più grottesche che, producendo tanti pseudo-mostri da sbattere in prima pagina, sui quali alla fine della fiera non è mai saltata fuori alcuna prova decisiva, ha di fatto paradossalmente contribuito a “coprire” il vero colpevole di questi crimini (a parere di molti, ed è anche la mia opinione, mai individuato sinora).
Che il “Mostro di Firenze” in senso lato sia ormai diventato un fenomeno “pop” è cosa assodata, e questo ben al di là delle intenzioni dello stesso autore materiale dei delitti il quale, nel suo delirio narcisistico, indubbiamente cercò una ribalta, creandosi il “personaggio” del giustiziere e poi traendo linfa dall’angoscia che le sue gesta, amplificate da giornali e tv dell’epoca, provocavano nell’opinione pubblica (ci fu chi, quasi per “esorcizzarne” la figura, non si fece sfuggire l’occasione di ribattezzarlo, con salacia tutta toscana, Cicci il Mostro di Scandicci…); va detto che i delitti vennero compiuti significativamente a partire dall’anno simbolico per eccellenza della contestazione all’ordine costituito e della conseguente liberazione sessuale (qualcuno ha ipotizzato che l’aspetto “moralista” di questo assassino derivasse proprio da una reazione a questo stravolgimento sociale, da lui ritenuto inaccettabile), finendo così per coincidere con un’autentica rivoluzione nella pubblicistica e nel cinema di intrattenimento popolari, sgravati finalmente dalla censura; comparve infatti in quegli anni una pletora di riviste e fumetti a sfondo sadico-erotico, la quale trovò un perfetto contraltare nei vari filoni del thriller/horror pregni di una certa misoginia di fondo e caratterizzati da un morboso connubio di sessualità e violenza (tra le miriadi di esempi che si potrebbero fare, salta all’occhio, proprio per la particolare situazione che rimanda alle gesta dell’omicida seriale fiorentino, la sequenza nella quale vengono brutalmente uccisi due giovani in auto sotto il cavalcavia di un’autostrada da un figuro incappucciato nel proto-slasher di Sergio Martino I Corpi Presentano Tracce Di Violenza Carnale – internazionalmente conosciuto come Torso – del 1973): un tipo di immaginario col quale il Mostro ha “flirtato” reciprocamente.
Ma andiamo con ordine: come scoperto dallo studioso Davide Rosso, in un numero della rivista 3⁄4 D’Ora Di Vicende Erotiche uscito nel dicembre del 1973 era presente un fotoracconto intitolato L’Orgasmo Che Uccide, nel quale un maniaco aggrediva una coppia di fidanzati intenti a fare sesso in auto in un luogo isolato, costringeva l’uomo, prima di ucciderlo, ad inserire un rovo nella vagina della donna e in seguito le passava la pistola sul corpo come a tracciare una sorta di “mappa”; molto sorprendenti risultano di conseguenza le analogie con il delitto che il Mostro compì nel settembre del 1974 a Borgo San Lorenzo (ricordiamo le 96 coltellate a formare una sorta di arcano “disegno” e il tralcio di vite infilato per sfregio nell’organo sessuale della vittima femminile).
Va segnalato che anche nel giornalino pornografico a fumetti Jacula di quegli anni si trovavano riferimenti a pratiche poi entrate nel modus operandi del serial killer fiorentino (in particolar modo cenni ad “inserzioni” ed “escissioni” varie ecc.); ricordiamo, a titolo di curiosità, che durante una perquisizione un numero di tale pubblicazione venne trovato in possesso di Salvatore Vinci, uno dei principali sospettati della cosiddetta “pista sarda”.
Quando uccise i ragazzi tedeschi a Giogoli nel 1983 (forse un errore, poiché a causa dei capelli lunghi potrebbe aver scambiato uno dei due per una donna; o forse no, volendoli magari sopprimere a causa della loro presunta omosessualità; o forse cercava degli stranieri per non incorrere in eventuali “coppie civetta”, avvalorando così una tesi, invero piuttosto plausibile e recentemente tornata in auge, che lo avrebbe visto in qualche modo vicino ad ambienti investigativi…), invece, il Mostro lasciò una specie di enigmatica “composizione” nei pressi del loro camper utilizzando alcune pagine di una rivista decisamente “weird” chiamata Golden Gay e concernente una “task force” di agenti segreti incaricata di punire chi assumeva atteggiamenti discriminatori, riabilitando le vittime: nel numero specifico, risalente a due anni prima, veniva vendicato un omosessuale ingiustamente accusato di omicidio.
Ancor più significativa risultò la beffa macabra messa in atto la notte del delitto di Vicchio del 1984: intorno alle 4.30 giunse ai carabinieri di Borgo San Lorenzo la telefonata di un tale (attribuita quasi con certezza all’omicida stesso) il quale si spacciò per un certo fornaio Farini segnalando un incidente tra un furgone e un autocarro avvenuto a suo dire nella frazione di Sagginale; si dà il caso che Farini fosse il nome del guardone protagonista di un numero – risalente al gennaio del 1982 – del giornaletto hard Attualità Gialla ispirato ai delitti del Mostro e significativamente intitolato L’Assassino Del Bisturi; il personaggio dell’omicida alla fine moriva in uno scontro con un autocarro… Ma c’è un’altra coincidenza a dir poco inquietante: il maniaco nel fumetto escindeva anche il seno delle vittime, cosa che il Mostro guarda caso fece per la prima volta proprio in questa occasione.
Per completare l’opera, in occasione della scarcerazione di Francesco Vinci, fratello di Salvatore e a sua volta sospettato per un certo periodo di essere l’assassino seriale, una copia dello stesso numero venne fatta ritrovare in piazza Dalmazia a Firenze.
Il Nostro però era di sicuro un lettore onnivoro (inquirenti e psichiatri hanno sempre ritenuto che tenesse d’occhio qualunque articolo sul suo conto) e non disdegnava perciò quotidiani e periodici a larghissima diffusione: prova ne sia che scrisse a macchina le minacce ai tre magistrati uomini sul retro di un articolo fotocopiato de La Nazione del 29 settembre 1985 dal titolo “Altro Errore Del Mostro”, che faceva riferimento ai controlli delle targhe da parte dei casellanti con la possibile segnalazione dell’auto dell’omicida; di recente si è poi scoperto che per confezionare l’indirizzo della missiva a Silvia Della Monica ritagliò le lettere da un numero di Gente del dicembre 1984 che in copertina presentava la foto di Gloria Guida con in braccio Guendalina, la figlia avuta dal marito Johnny Dorelli (il famoso attore, altro stuzzicante rimando, nel 1977 aveva interpretato un notevole film di Luigi Zampa intitolato Il Mostro, storia di un giornalista fallito che comincia improvvisamente a ricevere dei messaggi con i quali un misterioso serial killer gli annuncia i suoi prossimi delitti; l’uomo decide così di sfruttare cinicamente questa situazione e, scoop dopo scoop, costruisce una carriera folgorante, senza però rendersi conto che il maniaco è molto vicino a lui…).
Molto articolato risulta anche il suo rapporto vicendevole con il cinema (e la tv); secondo una teoria certamente indimostrabile – a meno di non poterne chiederne conferma al colpevole – ma senza dubbio affascinante, espressa per la prima volta anni fa da un appassionato studioso del caso (Stefano Galastri, conosciuto sul web come De Gothia), e poi rilanciata dall’avvocato Nino Filastò, difensore di Mario Vanni, l’assassino in questione potrebbe essere stato in qualche modo influenzato anche dal nuovo “clima” che si respirava nelle sale e sul piccolo schermo; Galastri individuava in particolare come “detonatore” il film Maniac di William Lustig (da me già recensito) il cui trailer, passato ripetutamente dalle nostre emittenti private nell’estate del 1981, proprio a ridosso della ripresa degli omicidi dopo un silenzio durato ben sette anni, mostrava spezzoni del protagonista Frank Zito (un indimenticabile Joe Spinell) intento a prelevare lo “scalpo” ad una vittima e ad aggredire una coppia di amanti in auto sotto il ponte di Verrazzano (è stata anche notata una certa somiglianza tra Tom Savini, il mago degli effetti speciali che interpreta l’uomo, e Stefano Baldi, una delle vittime del duplice delitto di Calenzano dell’ottobre 1981…); indipendentemente dal fatto che la visione di quest’opera abbia “risvegliato” o meno qualche pulsione nell’omicida del quale ci stiamo occupando, non si può sorvolare sul fatto che la pellicola in esame, oltre ad essere un vero capolavoro dello slasher, offre al contempo una delle rappresentazioni più viscerali ed aderenti alla realtà (c’è tutto un lavoro di documentazione dietro lo script) del modus operandi e delle turbe di un serial killer; Maniac va dunque in ogni caso annoverato come parte di questa storia, se non altro come suggestione.
Alla quale, per completezza, aggiungiamo quella rintracciabile nel primo delitto della serie: i due amanti, infatti, la sera in cui furono uccisi, prima di appartarsi si recarono, forse seguiti dal killer, al cinema Giardino Michelacci di Signa a vedere il film di Yasuzu Masumura Nuda Per Un Pugno Di Eroi (del 1965 ma evidentemente arrivato da noi con tre anni di ritardo), il quale, a dispetto di un titolo da soft-core, è in realtà un dramma antimilitarista di grande spessore, che non lesina scene molto crude per denunciare gli orrori della guerra (rimane particolarmente impressa la figura del medico protagonista, specializzato nell’amputazione degli arti feriti dei soldati e reso impotente dall’uso smodato della morfina…). Va ricordato infine un episodio che a circa due anni dalla fine dei delitti mise di nuovo in forte allerta gli inquirenti: proprio mentre era in atto una campagna di sensibilizzazione rivolta ai giovani, condotta attraverso volantini e spot televisivi (il cui slogan, divenuto celebre, era “Occhio ragazzi”), il 7 marzo del 1987 arrivò un plico a Silvia Della Monica (guarda caso sempre lei…), con un errore nella scrittura dell’indirizzo (altra analogia con il precedente, dove la parola “repubblica” era scritta con una sola “b”…), il quale conteneva una vhs con impressa la prima trasmissione Rai sulla vicenda del Mostro – datata 16 settembre1985 – montata col sottofondo della canzone Anna di Lucio Battisti; ad accompagnarla vi era una lettera scritta a macchina dove venivano specificati gli errori commessi dai giornalisti: pare che uno di questi potesse essere conosciuto solo dal Mostro stesso e da pochissimi esponenti di vertice della procura.
Negli ultimi quattro decenni alcuni dei nostri registi di punta hanno accarezzato l’idea di realizzare pellicole inerenti alla vicenda del Mostro: si va da Carlo Lizzani a Marco Bellocchio (il quale nei primi anni ottanta chiese addirittura la consulenza del procuratore capo di Firenze Piero Luigi Vigna per uno script incentrato sul clima di psicosi suscitato da questo assassino), da Dario Argento (che, in piena crisi artistica, pensò di giocarsi la carta del Mostro per un possibile rilancio, ma poi abbandonò l’idea e virò, ahinoi, sul mazzo sbagliato del Cartaio…) sino a Matteo Garrone, autore peraltro da sempre propenso a rielaborare fatti di cronaca nera alla luce della sua peculiare poetica; curiosamente, però, i primi, e sinora unici, a riuscire nell’impresa, sono stati i semisconosciuti Camillo Teti e Cesare Ferrario.
Un progetto di collaborazione iniziale comprendente anche lo scenografo Flavio Mogherini naufragò a causa di contrasti sul budget e sul cast tecnico da utilizzare, così da questa spaccatura si produssero due distinti instant-movies: il primo, scritto da Teti in collaborazione con Giuliano Carnimeo (regista eclettico distintosi in ambito thriller con Perchè Quelle Strane Gocce Di Sangue Sul Corpo Di Jennifer, titolo a suo modo piuttosto influente – la sequenza del primo omicidio in ascensore è stata addirittura “saccheggiata” da un certo Brian De Palma in Vestito Per Uccidere, mentre quella in strada in mezzo alla folla da Dario Argento in Tenebre… -) ed il grande Ernesto Gastaldi (qui probabilmente in una prova puramente “alimentare”), si intitola L’Assassino È Ancora Tra Noi (conosciuto anche come Firenze! L’Assassino È Ancora Tra Noi) e narra la storia di una studentessa, la quale, interessata ai delitti del Mostro per la sua tesi di laurea, comincia ad indagare in proprio finendo per attirare le attenzioni del maniaco; uscito a febbraio del 1986, è un film di livello davvero infimo: si può salvare soltanto la rappresentazione piuttosto riuscita del sottobosco di guardoni gravitante intorno alla famigerata Taverna Del Diavolo di Scandicci (sì, esisteva davvero…).
Ben più interessante è invece l’opera che vide la luce giusto un paio di mesi dopo a firma di Cesare Ferrario intitolata semplicemente Il Mostro Di Firenze; il film prende le mosse dal libro omonimo del giornalista de La Nazione Mario Spezi – cronista da sempre molto “addentro” a questa vicenda, il quale, oltre ad aver coniato la definizione con la quale questo assassino sarà conosciuto per l’eternità, in seguito verrà coinvolto in alcune controversie legate alle indagini (ci arriveremo…) – ed è caratterizzato da una certa eleganza formale, unita ad un registro che, partendo dal thriller convenzionale, sfocia poi in soluzioni immaginativo-ossessive apparentabili, fatte le debite proporzioni, al coevo Manhunter di Michael Mann (qui il protagonista, interpretato da un altro Mann, Leonard, non è un profiler ma uno scrittore); il risultato è una sorta di giallo psicologico che ambisce a decifrare la matrice dei comportamenti di questo personaggio inafferrabile (lo si immagina come un giovane di famiglia benestante reso impotente da un trauma nell’infanzia – per la cronaca, un quadro vagamente rispondente alla figura di uno dei sospettati alternatisi negli anni, ovverosia il gastroenterologo perugino Francesco Narducci, morto in circostanze misteriose nel lago Trasimeno giusto un mese dopo l’ultimo duplice delitto della serie -) e risulta di indubbio fascino.
Va detto che il film ebbe alcune difficoltà di lavorazione a causa di una certa ostilità dell’ambiente fiorentino (le accuse di sciacallaggio erano all’ordine del giorno), nonostante il fatto che addirittura lo stesso procuratore capo Piero Luigi Vigna, al quale Ferrario aveva parlato della sceneggiatura, si fosse espresso favorevolmente sull’operazione, sperando addirittura che avrebbe potuto attirare allo scoperto l’assassino, vista la sua evidente propensione all’autocompiacimento (insomma, torniamo sempre lì); i guai non finirono con la sua uscita, poiché, nonostante un buon successo di pubblico, fu ritirato poco dopo su ordine della magistratura a seguito degli esposti di alcuni familiari delle vittime; La Titanus vinse poi il ricorso e la pellicola tornò nei cinema, col solo divieto per la zona di Firenze.
Per la verità nel 1986 venne messo in cantiere un altro film sul medesimo argomento, del quale vale la pena parlare quasi esclusivamente a causa della sua gestazione a dir poco travagliata: nato infatti col titolo Tramonti Fiorentini (alcune fonti riportano anche Quel Violento Desiderio), fu bloccato quasi sul nascere ufficialmente dalle solite azioni legali dei parenti delle vittime, ma in realtà a causa, più prosaicamente, di una sopravvenuta mancanza di risorse finanziarie, come ha raccontato a Nocturno lo stesso regista Gianni Siragusa; in seguito un’altra casa di produzione rilevò il film e così Siragusa lo potè terminare, ma lo dovette far firmare ad un “prestanome” (tale Paolo Frajoli) poiché i finanziamenti erano stati concessi come opera prima mentre lui aveva già diretto altre pellicole; uscì infine esclusivamente in videocassetta col titolo 28o Minuto, ma al di fuori di qualche generoso nudo di Corinne Clery e di Antonella Sperati c’è ben poco da salvare.
“Io non so perchè, ma ho la sensazione che tu in questo momento mi stia guardando, e allora ascolta…”
4 febbraio 1992, piazza principale di Vicchio: Ruggero Perugini, capo della SAM (Squadra Anti Mostro), uomo tutto di un pezzo formatosi nella mitica accademia di Quantico, prende la parola in diretta sulla Rai e scrive una delle pagine stracult della tv di quegli anni, tuttora visualizzatissima su Youtube; in primissimo piano, occhiali a goccia, sguardo fisso e penetrante, posa da “duro” hard boiled, si rivolge per circa un minuto a colui che già aveva individuato come suo principale sospettato, un contadino dalle scarpe grosse e dal cervello fino con dei trascorsi piuttosto torbidi chiamato Pietro Pacciani (un paio di mesi dopo, durante la maxiperquisizione nell’orto dello stesso, il “numero” gli riuscirà meno bene: alcune perizie hanno infatti recentemente stabilito che la cartuccia che luccicava nonostante la giornata uggiosa non aveva nulla a che fare con la pistola del Mostro, adombrando addirittura un artefatto…); anche Pacciani si rivelerà comunque nel tempo un attore consumato, capace di regalare, coadiuvato via via da “spalle” sempre più in parte (i suoi famosi “compagni di merende”, ma non solo…), alcune “perle” rimaste nell’immaginario collettivo, trasformando così il tribunale in un teatro dell’assurdo ossessivamente rilanciato dai media; persino Thomas Harris un giorno si presenta a seguire lo spettacolo, chiudendo idealmente un cerchio: alcune sensazioni captate in questa sortita fiorentina confluiscono nel suo nuovo romanzo del 1999, Hannibal, seguito de Il Silenzio Degli Innocenti, e da qui nelle due trasposizioni per il cinema e la tv, ovverosia il film omonimo di Ridley Scott del 2001 (che vide il ritorno di Anthony Hopkins nei panni dello psichiatra cannibale insieme a Julianne Moore come nuova Clarice Starling e a Giancarlo Giannini nelle vesti dell’ispettore Pazzi della questura di Firenze) e la serie tv di Brian Fuller sviluppatasi in tre stagioni tra il 2013 e il 2015, con protagonista uno straordinario Mads Mikkelsen (dove Lecter viene espressamente indicato come il Mostro).
Arriviamo al 2006: Mario Spezi e il famoso scrittore americano di thriller/horror Douglas Preston pubblicano Dolci Colline Di Sangue, un’inchiesta in forma romanzata che ripercorre la vicenda investigativa sul Mostro sparando a palle incatenate contro la “versione ufficiale” e proponendo unasoluzione alternativa attinente alla cosiddetta vecchia “pista sarda” (il personaggio indicato come possibile omicida nella versione italiana del libro viene citato con lo pseudonimo Carlo, mentre in quella statunitense compare col nome reale); il libro (che prende le mosse da un incontro fittizio tra il giornalista e la regista fiorentina Cinzia Th Torrini, interessata, guarda un po’, a girare un film sul Mostro…) esce in un momento “caldo” dell’inchiesta sul cosiddetto “secondo livello”, ovverosia i presunti mandanti dei delitti, coordinata in tandem dalle procure di Firenze e di Perugia (una montagna che, tra vari veleni, partorirà un sostanziale buco nell’acqua) e provoca più di un “mal di pancia” negli inquirenti direttamente chiamati in causa; addirittura Spezi e Preston finiscono per essere arrestati con l’accusa di ostacolare e depistare le indagini, vicenda che non manca di suscitare aspre polemiche.
A noi però interessa un altro aspetto: si dà il caso infatti che un certo Tom Cruise ne acquisisca i diritti, incaricando il sodale Cristopher McQuarrie (premio Oscar per la migliore sceneggiatura originale de I Soliti Sospetti e in seguito regista di alcuni capitoli della saga di Mission Impossible) di redarre uno script; il progetto sembra ben avviato e partono le congetture sul possibile cast: anche Piero Luigi Vigna, di nuovo in vesti “cinefile”, in un’intervista al Corriere della Sera dà alcuni gustosi suggerimenti, indicando tra gli altri Paolo Villaggio nel ruolo di Pietro Pacciani, Massimo Ceccherini in quello di Mario Vanni, Gene Hackman nei panni Giancarlo Lotti e Toni Servillo in quelli di sé stesso.
Ma le vie di Hollywood, si sa, sono tortuose, così la superstar americana mette tutto in stand-by per girare Operazione Valchiria; del film sul Mostro si tornerà a parlare intorno al 2011, quando la palla sembra passare nelle mani di George Clooney, interessato ad interpretare il protagonista sempre partendo della sceneggiatura di McQuarrie; vengono effettuati anche alcuni sopralluoghi nel capoluogo toscano ma poi le notizie si diradano e ad oggi la pellicola non è mai più entrata in produzione. Nel 2021 però a sorpresa si riaprono le danze: la casa francese Studiocanal annuncia l’intenzione di produrre una serie della durata di sei ore sulla base della versione americana del libro di Spezi e Preston, diretta dal danese Nikolaj Arcel e con Antonio Banderas nei panni del giornalista italiano, nel frattempo scomparso; ma l’ex procuratore capo di Perugia Giuliano Mignini non ci sta, e preannuncia una formale diffida ritenendosi diffamato dai contenuti del libro.
Una miniserie di sei puntate incentrata su questa vicenda è stata però effettivamente girata: siamo nel 2009 quando esce, trasmessa da Fox Crime e poi replicata in anni successivi su Canale 5, Iris e Rete4, Il Mostro Di Firenze, diretta da Antonello Grimaldi e interpretata da un nutrito gruppo di ottimi caratteristi (tra i principali ricordiamo Nicole Grimaudo, Ennio Fantastichini, Giorgio Colangeli, Bebo Storti, Marco Giallini, Corso Salani, Massimo Sarchielli, Edoardo Gabriellini, Sergio Forconi; in un cameo appare anche Daria Nicolodi nelle vesti non casuali di una sensitiva – ricordiamo infatti che anche l’ex moglie di Dario Argento si era interessata al caso, probabilmente, essendo cultrice della materia, affascinata dai possibili risvolti esoterici peraltro mai dimostrati -); seppur con diverse inesattezze e qualche parte “romanzata” il lavoro riesce a ripercorrere a grandi linee la storia dei duplici omicidi e delle indagini ufficiali, focalizzandosi in particolare, come espediente narrativo, sulla figura di Renzo Rontini, padre di Pia, la ragazza uccisa a Vicchio nel 1984, il quale intraprese invano una dura e solitaria battaglia per trovare il colpevole; Grimaldi (il quale si ritaglia un’apparizione nei panni del criminologo Francesco Bruno) mette in scena un “procedural” serrato impreziosito da alcune schegge che si rifanno sia al puro thriller italico settantiano che a quello più contemporaneo internazionale (alla Silenzio Degli Innocenti/Seven per intenderci), senza esagerare col sangue ma nemmeno tirandosi indietro di fronte ai particolari più sgradevoli, e riesce così a generare una certa tensione, a partire dall’azzeccatissima sigla iniziale – la sinistra cantilena Gioco Di Bimba delle Orme riarrangiata per l’occasione -, portando a casa un prodotto complessivamente valido.
Le ultime notizie in ordine di tempo danno invece l’attore e regista Brando De Sica (figlio di Christian) e l’ex “superpoliziotto” Michele Giuttari (ora scrittore noir a tempo pieno ma in passato a capo della Squadra Mobile di Firenze e successivamente del Gides – Gruppo Investigativo Delitti Seriali -, una task force creata appositamente per indagare sui supposti mandanti dei delitti del Mostro -) al lavoro su un copione: quest’ultimo promette che sarà la versione definitiva sulla vicenda.
Ma noi non gli crediamo: quella del Mostro di Firenze rimarrà, per citare un altro film di grande successo popolare, la Storia Infinita per eccellenza.