THE HATER
THE HATER
GENERE: drammatico, thriller
ANNO: 2020
PAESE: Polonia
DURATA: 135 minuti
REGIA: Jan Komasa
CAST: Maciej Musialowski, Vanessa Aleksander, Danuta Stenka, Jacek Koman, Agata Kulesza, Maciej Stuhr
The Hater. Tomasz Giemza, di origini modeste, ha potuto intraprendere la carriera universitaria grazie ai finanziamenti dei coniugi Krasucki, esponenti della Varsavia “bene” progressista che lo hanno conosciuto durante le vacanze nel paese di campagna dove risiedeva; segretamente innamorato della loro figlia minore, Gabi - una ragazza piuttosto ribelle e con qualche problema di tossicodipendenza - nonchè desideroso di ascesa sociale, il giovane, dopo essere stato espulso dalla facoltà di giurisprudenza a causa di un plagio, riesce a farsi assumere nella società informatica dell'ambigua Beata Santorska, specializzata in aggressive campagne “social” per conto terzi tese a screditare avversari di mercato o politici; grazie ad un cinismo e ad un'intraprendenza non comuni, Tomasz inizia così a manipolare tutto e tutti, alzando sempre di più la “posta”...
C’è un filo conduttore tra l’ultima fatica del quarantenne regista di Poznan Jan Komasa ed altri due suoi film precedenti: anche Corpus Christi del 2019 (candidato all’Oscar come miglior film internazionale) iniziava infatti con una menzogna (là un ex galeotto si fingeva prete, qui un ragazzo di belle speranze inganna sia i suoi professori che i suoi “zii” acquisiti), ma è soprattutto con Suicide Room del 2011 – storia di coming out ed emarginazione giocata sulla progressiva confusione, dagli esiti nefasti, tra dimensione reale e virtuale – che le assonanze sono più marcate, tanto che The Hater può esserne quasi considerato una sorta di sequel (gli eventi si svolgono a qualche anno di distanza dalla morte del protagonista, che era il figlio di Beata).
È un film molto contemporaneo, questo, che si interroga su società attraversate da forti scosse telluriche – crisi finanziarie, flussi migratori incontrollati, malessere diffuso – , dove corpi intermedi come partiti e sindacati sono ridotti a vuoti simulacri costretti a rincorrere l’“agorà” multiforme della rete, unico luogo veramente in grado di polarizzare l’opinione pubblica grazie alla sua spaventosa capacità di fagocitare l’“attimo” rimodellandolo a proprio piacimento; il destino di noi uomini del duemila iperconnessi, sembra dirci Jan Komasa, è quello di trovarci, in qualche misura, a rispondere inconsciamente a riflessi “pavloviani” indotti da un potere “liquido” che ha fatto propria la lezione del motto latino “divide et impera”…
Alla luce di ciò è più “mostruoso” chi è stato ghettizzato socialmente ed economicamente e finisce per trovare credibile, come soluzione ai suoi problemi, un “avatar” che gli ordina di uccidere, oppure chi quel ghetto, dall’alto di un’autoproclamata superiorità intellettuale, morale e addirittura antropologica (ma in realtà esclusivamente di censo, come dimostrano gli odiosi e “doppi” Krasucki, tutti filantropia “pelosa” ed eventi mondani), sostanzialmente lo tiene in piedi a colpi di sgradevole paternalismo e sostenendo politiche fallimentari?
Insomma, anche chi si crede assolto è lo stesso pienamente coinvolto, per dirla con Faber – i rigurgiti neo-fascisti, ormai evocati ad ogni piè sospinto e spesso in modo strumentale, sono infatti, semmai, un effetto, non una causa – . The Hater è dunque, per ammissione stessa del regista, un’opera su universi che non riescono più a parlarsi, ed anzi covano un disprezzo reciproco – alimentato anche ad arte – che può sfociare in derive molto pericolose (il film in questo senso è risultato addirittura profetico: le riprese sono terminate infatti appena tre settimane prima dell’omicidio del sindaco di Danzica Pawel Adamowicz, pugnalato al petto durante un evento di beneficenza).
Tomasz è la personificazione della cattiva coscienza collettiva, un dio del caos che si nutre dell’ipocrisia e della rabbia del mondo ritorcendogliele contro con rigore matematico e lucidità disarmante; tra schegge dell’Arte Della Guerra di Sun Tzu e calici di “volontà di potenza” nietzschiana, Tomasz persegue il suo scopo sino alle estreme conseguenze, e con lui il talentuoso autore polacco, che mena la danza di questo notevole e cupissimo thriller (che a tratti può ricordare Elle, ma è quasi del tutto privo dell’ironia caustica di Verhoeven) affondando il bisturi senza concessioni buoniste di sorta; e un plauso va al suo protagonista, il giovane Maciej Musialowsi, “demone” dal viso squadrato e pallido, che regge il film con la sicurezza e la versatilità di un veterano.