FLEABAG
FLEABAG
GENERE: Commedia, drammatica
ANNO: 2016 – 2019 (conclusa)
PAESE: Gran Bretagna
DURATA: 2 stagioni – 12 episodi
DA UN’IDEA DI: Phoebe Waller-Bridge
CAST: Phoebe Waller-Bridge, Sian Clifford, Jenny Rainsford, Bill Paterson, Ben Aldridge, Olivia Colman, Hugh Skinner, Hugh Dennis, Brett Gelman, Jamie Demetriou
Serie ideata e sceneggiata dalla brillante Phoebe Waller-Bridge, che ne aveva già curato il testo teatrale, e co- prodotta dalla Two Brother Pictures e da Amazon Studios. Un prodotto bellissimo e intelligente, che oscilla tra tragedia e commedia. Ma ho amato questa serie per un motivo specifico: il sesso, raccontato senza tante cerimonie, attraverso gli occhi di una donna e usato per riempire quel vuoto che solo la perdita di una persona cara sa creare.
“A girl with no friends and an empty heart”
Fleabag (Phoebe Waller-Bridge), unico nome con cui viene chiamata la protagonista, è una ragazza di circa trent’anni che vive a Londra. Gestisce un curioso caffè a tema “Porcellino d’india”, aperto insieme alla sua migliore amica Boo, da poco tragicamente scomparsa.
È una donna sola.
Ha una sorella di nome Claire (Sian Clifford), intelligente (con addirittura due lauree), un marito e un lavoro di successo. Il rapporto tra le due è piuttosto conflittuale come spesso accade tra sorelle, ma alla fine anche loro, a loro modo, cercano di sostenersi a vicenda (fantastica la scena dal parrucchiere Anthony, una delle mie preferite). Poi c’è la Matrigna (interpretata dalla grandiosa Olivia Colman), che Fleabag non ha mai accettato e con la quale si mostra sempre fredda e distaccata (ma anche dispettosa). C’è anche il padre, Papà, (Bill Paterson) dove il rapporto è pressoché inesistente.
È una donna sola e con poca autostima.
I rapporti familiari si sono incrinati a seguito della scomparsa della madre.
Fleabag, lasciata dal fidanzato Harry, è ormai sola. Di puntata in puntata la vediamo tentare di riempire il vuoto che sua madre e Boo hanno lasciato. Salta da una relazione all’altra, con uomini senza sapore. Arriva però il Prete (Andrew Scott, già James Moriarty nella fortunatissima serie Sherlock) a sconvolgerle la vita, frutto proibito che cercherà in tutti i modi di conquistare (“Uccelli di rovo” docet).
Fleabag non è particolarmente bella, né particolarmente intelligente. È cinica e dice tutto quello che pensa. È però molto sarcastica. Probabilmente un po’ depressa. Ma comunque assistiamo alle sue (dis)avventure senza giudicare, perché un po’ ci immedesimiamo in lei, e alla fine ci è pure simpatica. I temi centrali della serie sono l’infelicità, la solitudine, il vuoto esistenziale e l’incapacità di colmarlo. Non mancano momenti davvero comici, resi soprattutto quando la protagonista parla in camera. Eh si, perchè qui c‘è l’abbattimento della quarta parete (alla Frank Underwood, tanto per intenderci). E funziona, alla grande. Quando un personaggio si rivolge direttamente a noi, è come se diventassimo parte dell’opera stessa e il legame con lui/lei sarà inevitabilmente più forte. Ricordiamoci che comunque la serie nasce per il teatro. Ed è così che noi, spettatori attivi delle sue vicende, diventiamo l’unico amico che le è rimasto, a cui fare le proprie confidenze.
Vorrei che ci fossero più serie come Fleabag: sincere, che sanno rappresentare noi stessi, le ansie e le paure di noi giovani uomini e donne, non più in grado di gestire rapporti umani, lutto e dolore. Ma che lo fanno con humor, intelligenza e profondità.
Come già dissi una volta a proposito di Bojack Horsman, ci sono prodotti televisivi in grado di farci guardare dentro in modo impressionate, dove ogni puntata sembra una seduta dallo psicologo. Questi prodotti ci servono, sono necessari. Fleabag è uno di questi.
“Being proper and sweet and nice and pleasing is a f***ing nightmare. It’s exhausting.”