EAT THE SCHOOLGIRL: OSAKA TELEPHONE CLUB
GENERE: Horror estremo, vm 18, pinku eiga, ero guru
ANNO: 1997
PAESE: Giappone
DURATA: 60 min
REGIA: Naoyuki Tomomatsu
CAST: Yuuki Fujita, Michiru Katô, Kozue Aoki
Eat the School Girl: Osaka Telephone Club è un film giapponese che mescola i generi pinku eiga, ero guru, thriller e gangster. La trama ruota attorno a due giovani che lavorano per la yakuza creando snuff movie a base stupri e umiliazioni. Uno dei due protagonisti è dipendente dal sesso telefonico, mentre l'altro prova gratificazione sessuale uccidendo travestito da studentessa.
La storia verte su due uomini che si muovono ai margini della yakuza, il loro compito è adescare giovani donne nei telephone club per la produzione di film snuff a base di stupri ed umiliazioni da vendere nel mercato nero. Entrambi i protagonisti sono avvolti da un’oscurità psicologica profonda: uno è ossessionato dal sesso telefonico, un fenomeno largamente diffuso in Giappone negli anni ‘90, quando la tecnologia delle “telephone clubs” offriva un contesto ambiguo tra anonimato e desiderio. Il secondo trova piacere sessuale nel travestirsi da studentessa e nel commettere violenti omicidi con un cutter che terminano con un atto masturbatorio sui cadaveri mutilati. Ad uno dei due, un giorno, appare una ragazza, una sorta di angelo decaduto che gli rivela di essere arrivata a lui con il solo scopo di assecondare ogni suo desiderio, proprio tutti… il finale non lascia adito alla benchè minima speranza.
Diretto da Naoyuki Tomomatsu, Eat the Schoolgirl: Osaka Telephone Club è un’opera che si distingue per la sua natura controversa e il suo ruolo all’interno del panorama del cinema giapponese “pinku eiga” ed “ero guru”. Questi sottogeneri, caratterizzati da una combinazione di erotismo, violenza e una profonda esplorazione delle devianze umane, trova qui una delle sue espressioni più estreme e disturbanti. Tomomatsu, noto successivamente per il cult horror-comedy Stacy: Attack of the Schoolgirl Zombies, in questo film del 1997 ci presenta un mondo crudele e senza redenzione, che riflette il lato più oscuro della società contemporanea.
La pellicola esplora i temi dell’ossessione, dell’alienazione e della perversione, scavando a fondo nella psiche disturbata dei suoi personaggi. È una critica implicita alla società giapponese dell’epoca, caratterizzata da una rapida modernizzazione tecnologica che lasciava però irrisolti molti conflitti interni, come l’isolamento sociale, la dipendenza dai media e la mercificazione del corpo. Il titolo stesso, con l’uso del termine “schoolgirl” (kogyaru), richiama l’immaginario delle ragazze delle scuole superiori e la loro rappresentazione iper-sessualizzata nella cultura popolare nipponica, un tema sempre controverso e dibattuto.
Visivamente, il film è crudo e marcio, con un’estetica che, come spesso accade in questo genere cinematografico, sfrutta a suo vantaggio il budget risicato per creare un qualcosa di visceralmente disturbante e sporco. Le scene di violenza, come quelle di sesso, sono esplicite e creano spesso un forte disagio nello spettatore più che intrattenerlo. La fotografia essenziale e a tratti psichedelica con il bianco e il rosso sparatissimi – i colori sia della bandiera giapponese che dei due elementi simbolici dell’opera, lo sperma e il sangue – e la regia volutamente claustrofobica trasmettono un senso di oppressione, portando il pubblico a confrontarsi con una realtà in cui non c’è spazio per la moralità o la compassione.
Storicamente l’opera di Tomomatsu si inserisce in un momento in cui il Giappone stava affrontando una crisi identitaria. Gli anni ‘90 furono segnati dalla stagnazione economica della “lost decade” e da un crescente senso di disillusione tra i giovani. Fenomeni come i telephone clubs e l’industria del sesso dilagavano, fungendo da valvola di sfogo per un malessere sociale più ampio. Il regista sfrutta questo contesto come sfondo per raccontare una storia profondamente disturbante, che riflette non solo le ossessioni individuali, ma soprattutto quelle collettive di una società in piena crisi.
Eat the Schoolgirl: Osaka Telephone Club non è un film per tutti. È un’esperienza che richiede uno stomaco forte e una mente veramente aperta per essere compresa. Al di là delle scene più esplicite – quella della “purga” è veramente atroce e raggiunge livelli di umiliazione visti raramente – il film è un tassello importante nella carriera di Naoyuki Tomomatsu e nel panorama del cinema pinku eiga degli anni ‘90. Spesso frainteso e bollato come uno sterile esercizio di rappresentazione della violenza, offre uno sguardo inquietante ma necessario su una società al limite. Non si tratta solo di provocazione fine a sé stessa o di voyerismo, ma di un tentativo di porre domande scomode su ciò che ci rende umani, anche nelle nostre forme più distorte.