NOVE REGINE
GENERE: azione, poliziesco, thriller
ANNO: 2000
PAESE: Argentina
DURATA: 114 minuti
REGIA: Fabián Bielinsky
CAST: Gastón Pauls, Ricardo Darín, Graciela Tenenbaum
Divertente, mozzafiato, ricca di colpi di scena, raffinatamente citazionista, capace di catturare due anime come quella sudamericana e quella europea che si compenetrano in un paese complesso come l'Argentina: è Nove Regine, commedia gialla del mai abbastanza rimpianto Fabian Bielinsky.
Siamo a Buenos Aires: Marcos, un truffatore professionista, incontra per caso ad una stazione di servizio Juan, giovane a sua volta dedito a piccoli imbrogli nell’intento di racimolare la somma che gli permetta di corrompere un giudice per far scarcerare il padre; resosi conto della sua abilità, gli propone di “lavorare” in coppia con lui per l’intera giornata; mentre girano in cerca di “polli” da spennare, Marcos viene contattato dal falsario Sandler, suo vecchio sodale ormai gravemente malato, il quale gli propone un grosso affare, a patto di poter avere per sé una percentuale: l’uomo infatti è riuscito a riprodurre fedelmente le “Nove Regine”, una serie di francobolli molto rari risalenti alla Repubblica di Weimar; si dà il caso che sia appena arrivato in città l’oscuro uomo d’affari Vidal Gandolfo, accanito collezionista e disposto a tutto pur di averli; si tratta quindi di recuperare i francobolli a casa della moglie di Sandler e di riuscire ad “agganciare” in qualche modo Vidal Gandolfo, il quale rimarrà in albergo solo fino al mattino successivo per poi lasciare definitivamente il Paese a causa dei suoi guai giudiziari; inizia così una corsa contro il tempo che riserverà non poche sorprese…
C’è di che essere davvero rammaricati nel pensare che un regista come Fabian Bielinsky abbia potuto esprimere il suo talento solo nello spazio esiguo di due pregevoli lungometraggi (questo Nove Regine di cui mi accingo a parlare e il thriller dai contorni metafisici ambientato in Patagonia El Aura) a causa della sua prematura dipartita; possiamo senz’altro affermare, infatti, che si trattava di un uomo di cinema a tutto tondo, di quelli altrettanto capaci nella scrittura che nella messa in scena e nella direzione degli attori; doti che dimostra appieno già in questa sua opera prima di inizio millennio, nella quale, all’interno di uno di quei congegni perfetti che vengono comunemente definiti “ad orologeria”, sono innestate suggestioni cinefile, paesaggistiche e financo di critica sociale.
In Nove Regine si avverte innanzitutto un rimando nostalgico all’Italia dei tempi (gloriosi) che furono: la sceneggiatura omaggia infatti un certo tipo di commedia nostrana che ha fatto scuola, il cui archetipo principale è rappresentato dal capolavoro di Mario Monicelli I Soliti Ignoti; in più Bielinsky, per ribadire il concetto, attribuisce come tormentone al personaggio di Juan il fatto che non riesca a ricordare il motivetto di una notissima hit di Rita Pavone.
Ma c’è di più, appunto: il ritmo a “perdifiato” della pellicola dà modo al regista di esplorare una capitale argentina dai mille volti, segnalandone la graduale trasformazione non solo architettonica ma anche antropologica; Bielinsky sa bene che la grande commedia ha sempre un retrogusto al veleno, ed ecco allora che dietro a questo variegato campionario di simpatici cialtroni dediti ad imbrogliare il prossimo, i quali dai bar della “Baires” popolare si sono spinti verso gli hotel stellati cercando di alzare la posta e facendo a gara a chi la sa più lunga (inutile sottolineare la pregevolezza dei dialoghi, veri e propri botta e risposta scoppiettanti intrisi di cinismo e humour nero come si conviene al genere) si cela, oltre ad una riflessione sul vero e il falso nella nostra contemporaneità (alla quale potremmo benissimo estendere la pratica del remake, sdoganata a livelli ormai imbarazzanti dal cinema americano – e che riflette un più ampio paradigma culturale -: naturalmente un gioiello come Nove Regine non poteva certo passare inosservato, difatti nel 2004 tal Gregory Jacobs gira Criminal, un surrogato che non riesce mai ad elevarsi dalla sua piattezza nonostante il cast di tutto rispetto che comprende tra gli altri John C. Reilly, Maggie Gyllenhall e Peter Mullan…), la metafora evidente di quello stile di vita iperindividualista e competitivo che all’epoca aveva ormai preso piede quale modello socio-economico di riferimento e i cui danni sono tristemente evidenti ad un ventennio di distanza (in una sequenza clou del film viene evocato uno dei tanti crack bancari che hanno mandato in fumo i risparmi di migliaia di persone).
Va sottolineata l’abilità con la quale Bielinsky tratteggia questa “fauna”, al punto che molti personaggi riescono a “bucare lo schermo” anche se appaiono per lo spazio di poche battute, perchè sono dotati di quel precipuo “spessore” umano che, anche se restituito con poche sapienti pennellate, rimanda subito lo spettatore ad un più ampio background; merito naturalmente anche di interpreti come Ricardo Darin – allora in rampa di lancio dopo una brillante carriera nelle telenovelas e a teatro ed oggi considerato a buon diritto il più grande attore argentino vivente – e il più giovane Gaston Pauls, i quali riescono ad instaurare una perfetta intesa reciproca nei panni dei due protagonisti, ma non possiamo trascurare tutto un restante cast formato da caratteristi di vaglia (da Leticia Bredice a Tomas Fonzi passando per Oscar Nunez e Ignasi Abadal). Nove Regine, unitamente a El Aura – film sicuramente meno immediato ma altrettanto interessante -, rappresenta il lascito di un autore che ci auguriamo venga riscoperto ed apprezzato anche grazie al nostro modesto contributo.