LA MANTE
GENERE: thriller, drammatico
ANNO: 2017
PAESE: Francia
DURATA: Mini serie tv
DA UN’IDEA DI: Alice Chegaray-Breugnot, Grégoire Demaison
CAST: Carole Bouquet, Fred Testot, Jacques Weber, Pascal Demolon, Manon Azem, Serge Riaboukine, Robinson Stévenin, Frédérique Bel
Prendete il Silenzio degli Innocenti e frullatelo con la filmografia di Dario Argento, aggiungete un pizzico di citazioni celebri come Shining, Saw L’enigmista e Misery non deve morire e il risultato che ne verrà fuori è La Mante, miniserie tv francese di sei puntate presente sul catalogo di Netflix.
Jeanne Deber (Carole Bouquet) è una serial killer nota come La Mantide (La Mante), prima di esser catturata e rinchiusa terrorizzò la Francia con cruenti omicidi, le vittime erano uomini (da qui il soprannome) che avevano commesso violenze e maltrattamenti nei confronti di donne. Dopo più di 25 anni un’emulatore (in gergo copycat) sparge di nuovo il terrore riproducendo gli assassinii della Deber. Il commissario Ferracci (Pascal Demolon) si rivolge a lei per avere un’aiuto nelle indagini ma il prezzo della sua collaborazione sarà il coinvolgimento del figlio Damien (Fred Testot), diventato poliziotto, con il quale non ha più rapporti dal giorno dell’arresto, Arrivare alla soluzione del caso non sarà facile e l’investigazione sarà spesso portata su strade sbagliate dalle manipolazioni de La Mante, dall’astuzia del copycat e dai drammi interiori di Damien che non è ancora riuscito a fare i conti col suo tragico passato; esser figlio della più efferata assassina di Francia e dover lavorare a stretto contatto con lei non è cosa facile.
La Mante è una serie che mi ha veramente colpito, originale, schietta e con una sceneggiatura precisa che non lascia nulla al caso o lacune; la regia dei sei episodi di circa 60 minuti l’uno è di Alexandre Laurent, esperto conoscitore del genere poliziesco e thriller.
In primis ho amato la protagonista, una sempre splendida Carole Bouquet, finalmente una donna a fare la parte del serial killer; caratterizza un personaggio gelido, impenetrabile, avulso a qualsiasi forma di empatia, un Dexter al femminile, un giustiziere che non uccide a caso ma solo chi è colpevole di reati di cui lei stessa è stata vittima. Bellissimo e ottimamente tratteggiato anche il personaggio di Damien interpretato da Fred Testot; un poliziotto umano e problematico lontano dallo stereotipo del “cavaliere senza macchia e senza paura”, devastato nell’animo dal ritorno del suo passato al quale non può più girare le spalle per poter andare avanti e crescere come uomo.
La storia parte subito con la quarta ingranata e passiamo da un’omicidio ad un altro senza leziosissimi inutili o tempi morti e questo fa si che l’attenzione non cali mai; ho percepito l’influsso dei thriller argentiani nello strutturare il serial killer così misterioso, difficilmente individuabile e dalla psiche alquanto contorta oltre che per la rappresentazione diretta e cruda della violenza così com’è nella realtà.
Non mancano le citazioni famose: Misery non deve morire nella sequenza delle martellate alle caviglie di una vittima e Shining nella ricostruzione della porta del bagno abbattuta a colpi d’ascia.
La Mante a mio avviso è una delle serie tv migliori di questo genere prodotte negli ultimi anni e non posso far altro che consigliarla a tutti coloro che amano il thriller a base di serial killer e mistero.