OLD

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i cinenauti recensioni film serie tv cinema Old

GENERE:        thriller, horror, drammatico

ANNO:             2021

PAESE:            USA

DURATA:         90 minuti

REGIA:            M. Night Shyamalan

CAST:              Gael García Bernal, Vicky Krieps, Rufus Sewell, Ken Leung, Nikki Amuka-Bird, Abbey Lee

OLD. In procinto di separarsi ma desiderosi di concedersi un'ultima vacanza, i coniugi Cappa, Guy e Prisca, insieme ai loro figli piccoli Trent e Maddox, si recano ai tropici in un resort esclusivo; il manager della struttura, decantandone la bellezza, li indirizza su una spiaggia isolata che si trova all'interno di una riserva naturale; loro compagni in questa escursione sono la famiglia del chirurgo Charles - composta anche dalla moglie Chrystal, dalla figlia Kara e dalla madre Agnes - e un'altra coppia, Jarin e Patricia Carmichael; già presente sul posto trovano il rapper Mid-Size Sedan...

…A un tratto dal mare affiora il cadavere della compagna di quest’ultimo, e subito dopo anche l’anziana Agnes muore improvvisamente; in più i bambini cominciano a crescere ad un ritmo vertiginoso, così i malcapitati si rendono conto che in quel luogo il tempo viaggia ad una velocità nettamente superiore al normale; ma non è tutto, perchè qualsiasi tentativo di fuga sembra impossibile: chi prova ad avventurarsi, infatti, sviene improvvisamente e poi si ritrova di nuovo sulla spiaggia…

Qual è il senso di tutto ciò? Come faranno i protagonisti ad uscire da questa bolla spazio-temporale? Dopo una proficua esperienza sotto l’egida della Blumhouse – concretizzatasi nel discreto The Visit ma soprattutto portando a compimento, grazie agli ottimi Split e Glass, la saga “supereoistica” iniziata nel lontano 2000 con quell’Unbreakable che rimane forse la sua opera più significativa – M. Night Shyamalan ritorna ad una major (la Universal) e si lancia nel suo nuovo progetto, scrivendo una sceneggiatura – liberamente tratta dal graphic novel “Castello Di Sabbia” di Pierre-Oscar Levy e Frederick Peeters – nella quale confluiscono molti dei tratti distintivi della sua poetica: innanzitutto abbiamo un contesto ambientale “survivalista” (con una possibile frecciata al turismo di massa – una delle facce del capitalismo predatore – che contribuisce a degradare luoghi incontaminati) qui senza dubbio memore di una serie di culto come Lost, senza trascurare alcune suggestioni provenienti da un capolavoro incentrato sulle potenze arcane della natura come Picnic Ad Hanging Rock di Peter Weir (quel passaggio tra le rocce che provoca la perdita di coscienza appare come una vera e propria citazione) e, volendo addentrarci in ambito letterario, riferimenti al giallo alla Agatha Christie (in special modo Dieci Piccoli Indiani).

Non va dimenticato poi tutto un discorso legato al nucleo familiare e alle sue dinamiche in momenti di “passaggio” e di pericolo interno (la crescita dei figli, le liti, la malattia di un membro) o esterno (una minaccia senza volto) mentre incombe lo scorrere ineluttabile del tempo; ma alla base di tutto rimane senza dubbio la predisposizione di Shyamalan nel far interagire l’elemento fantastico con il mondo reale per mettere a nudo le criticità di quest’ultimo: ed è infatti soprattutto col consueto “twist” (marchio di fabbrica del nostro) che l’autore pone importanti interrogativi etici proprio nel momento in cui una “medicalizzazione” sempre più pervasiva dell’esistenza sembra mettere seriamente a rischio alcuni fondamentali principi di libertà individuale.

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Alla luce di ciò appare, semmai, un po’ forzato il finale consolatorio (che naturalmente evito di spoilerare), ma forse dopo due ore così dense e opprimenti il regista di origini indiane ha voluto conservare un barlume di ottimismo…

Tralasciando alcuni passaggi magari un po’ grossolani, pedanti (Shyamalan, come Nolan, ha il “vizio” di far spiegare ai suoi personaggi quello che sta accadendo…) e incongrui (ma i film come questo, dove l’autore “gioca” molto nell’ibridare generi e registri portando “a spasso” lo spettatore con una sua idea di cinema molto personale, hanno bisogno di più visioni per essere apprezzati compiutamente), Old risulta comunque, a conti fatti, un’opera di indubbio valore, grazie anche ad una regia ispirata – contraddistinta da movimenti di macchina ampi e circolari nonché da un uso rimarchevole della profondità di campo e delle soggettive – attraverso la quale M. Night Shyamalan riesce a rendere claustrofobico anche uno spazio aperto come la grande spiaggia – che rappresenta in pratica l’unica location – e a restituire efficacemente le percezioni sensoriali dei protagonisti (ricordiamo che la fotografia è di quel Mike Gioulakis il quale, oltre a tre film con Shyamalan, ha all’attivo due perle dell’horror contemporaneo come It Follows di David Robert Mitchell e Noi di Jordan Peele).

Di sicuro mestiere infine il cast, capitanato dal sempre bravo Gael Garcia Bernal e da quella Vicky Krieps già apprezzata nel meraviglioso Il Filo Nascosto di Paul Thomas Anderson; M. Night Shyamalan (altro suo vezzo “hitchcockiano”) si ritaglia un piccolo ma decisivo ruolo nei panni di un autista.