MEMORIES OF MURDER

MEMORIES OF MURDER

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GENERE:        thriller, crime, drammatico

ANNO:             2003

PAESE:            Corea del Sud

DURATA:         129 minuti

REGIA:            Bong Joon-ho

CAST:               Song Kang-ho, Sang-kyung Kim, Roe-ha Kim, Song Jae-ho, Hie-bong Byeon, Seo-hie Ko

Arrivato finalmente in sala anche in Italia, sfruttando il traino del “fenomeno” Parasite, col titolo Memorie Di Un Assassino (che, per la verità, distorce un po' il senso della pellicola), Memories Of Murder è il film che, insieme a Old Boy di Park Chan-wook, ha dato inizio, nei primi anni duemila, a quella “golden age” del cinema coreano destinata a lasciare un segno indelebile nell'immaginario dei cinefili di tutto il globo. La sceneggiatura è basata sulla storia del primo serial killer mai apparso in Corea del Sud, attivo in un distretto di campagna dal 1986 al 1991 (ironia della sorte, pare che il colpevole sia stato individuato qualche mese fa).

L’indagine risente da subito dell’inadeguatezza di mezzi e di conoscenze della polizia locale, ben rappresentata dal goffo investigatore Park Du-man (il solito grande Song Kang-ho) con le sue teorie strampalate e i suoi metodi discutibili; i delitti si susseguono di pari passo con l’impotenza degli inquirenti, ma quando dalla capitale arriva il detective Seo Tae-yun sembra esserci una svolta.

Il nuovo collaboratore, infatti, forte di una formazione più accademica e di stampo anglosassone, riesamina il caso, si convince della presenza di un assassino seriale e trova, grazie anche all’intuizione di una giovane collega, degli elementi in comune: la pioggia, i capi di vestiario rossi e una canzone trasmessa a richiesta da una radio locale in occasione di ogni aggressione; gli indizi raccolti permettono ai poliziotti di individuare un ragazzo, Hyung-gyu, ma, in mancanza di prove certe e scottati dai precedenti fallimenti, non possono far altro che rilasciarlo; convinti della sua colpevolezza, però, lo sorvegliano costantemente in attesa di un possibile passo falso, e nel frattempo attendono che dagli Stati Uniti arrivino i risultati del test del dna sul materiale organico rinvenuto sull’ultima vittima; sino a che, in una serata di pioggia, Hyung-gyu riesce a far perdere le sue tracce e la mattina dopo viene scoperta un’altra ragazza orrendamente assassinata…

Bong gira tanti film in uno, poichè la storia della caccia ad uno spietato omicida diventa il pretesto per sviscerare le conseguenze di un’ossessione (stesso procedimento che adotterà David Fincher col bellissimo Zodiac, che deve più di qualcosa a questo film) ma anche, a più ampio raggio, le contraddizioni della società coreana dell’epoca, che stava attraversando una faticosa transizione dall’autoritarismo alla democrazia; aspetti come la distanza, sia infrastrutturale che culturale, tra città e campagna e l’ambiguo rapporto con l’America (presente, questo, anche in altre opere del regista come The Host e Parasite), da una parte mitizzata ma dall’altra vista come paese oppressore, si colgono da vari particolari disseminati lungo tutto l’arco narrativo.

Bong evoca poi i sommovimenti di piazza (la figura del principale sospettato è modellata su quella del tipico studente lavoratore politicamente impegnato di quegli anni) ai quali fa da contraltare una polizia composta da inetti e frustrati che non esitano a fabbricare prove false e ad usare la forza in maniera indiscriminata per incastrare poveri diavoli e minorati mentali, cercando, attraverso la risoluzione veloce del caso, di farsi in qualche modo riabilitare agli occhi di un’opinione pubblica che li considera (non a torto) come aguzzini al servizio del potere.

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Memories Of Murder rappresenta allora la summa di quello che il cinema occidentale fa sempre più fatica ad esprimere: una capacità di scrittura sopraffina nel mescolare generi e toni rispettando la coerenza interna della narrazione e attribuendo spessore psicologico ed umano ai personaggi (il film si potrebbe definire uno strano ibrido tra una commedia grottesca e un thriller efferato, attraversato però da un evidente sottotesto politico); l’uso dei movimenti di macchina in funzione del racconto e non per mero esercizio di stile; la voglia di osare senza cedere a soluzioni di compromesso (si veda il finale, indimenticabile pur nella sua irresolutezza, che evoca come possibile riferimento letterario il Friedrich Durrenmatt di La Promessa e poggia apertamente sul concetto di “banalità del male”, distanziandosi perciò da tutto quel filone di pellicole – penso ad esempio a Il Silenzio Degli Innocenti o Seven, ormai assurte a veri e propri cult – che pongono in primo piano figure di serial killer tanto iconiche quanto improbabili).

Il regista di Taegu, alla sua opera seconda dopo un film già parecchio interessante e riuscito come Barking Dogs Never Bite, affascina col suo stile inconfondibile – divenuto ormai un marchio di fabbrica – fatto di grande originalità nella messa in scena corale – grazie ad una gestione estremamente creativa della profondità di campo e giocando con le luci dentro ad una fotografia piuttosto scura e cupa (emblematica, tra le altre, la sequenza al tavolo di un locale notturno, dove la camera, restando quasi fissa, ci mostra tre microstorie tra primo piano e piani secondari), nonchè nella valorizzazione ogni singola location: dalla confusione della centrale di polizia ci trasporta con disinvoltura a un contesto prevalentemente rurale fatto di campi incolti (eccezionale il piano sequenza che illustra, dentro uno di questi, la ricognizione di una scena del crimine), boschi, cave, gallerie, piccole abitazioni fatiscenti, ma anche una fabbrica vagamente inquietante (davanti alla quale è ambientato un agguato notturno da applausi a scena aperta per costruzione della tensione e perizia tecnica).

Ormai riconosciuta tra le pellicole più importanti degli ultimi venti anni, Memories Of Murder è probabilmente il capolavoro assoluto di Bong, un film geniale e innovativo che ha dettato le coordinate per un nuovo approccio al thriller, aprendo la strada a vari epigoni.