IL PROFUMO DELLA SIGNORA IN NERO
IL PROFUMO DELLA SIGNORA IN NERO
GENERE: thriller, horror
ANNO: 1974
PAESE: Italia
DURATA: 101 minuti
REGIA: Francesco Barilli
CAST: Mimsy Farmer, Maurizio Bonuglia, Mario Scaccia, Donna Jordan, Orazio Orlando, Jho Jhenkins
Il profumo della Signora in nero. Silvia, giovane impiegata di un laboratorio di chimica, vive in un appartamento a Roma e conduce una vita apparentemente felice, pur avendo vissuto una infanzia difficile che la sua mente ha inconsciamente cancellato. Durante una serata a casa di alcuni amici con il fidanzato Roberto, la ragazza resta colpita dalle affermazioni di Andy, professore di sociologia di origine africana, riguardo all’esistenza di tribù che praticano ancora sacrifici umani, cannibalismo e magia nera.
Ho avuto occasione di vedere ‘Il profumo della signora in nero’ al La Spezia short film festival, proiettato in presenza del regista insieme al cortometraggio ‘L’urlo’ del 2019 (remake dell’omonima opera di Camillo Bazzoni del 1966, con fotografia di Vittorio Storaro ed avente proprio Francesco Barilli come attore protagonista). La carriera da regista dell’eclettico scrittore e pittore parmigiano conta solamente un pugno di titoli in oltre 40 anni di attività, il più famoso dei quali resta senz’altro questo thriller che si ispira a ‘Il profumo della dama in nero’ di Marcel L’Herbier (1931) e che rappresenta anche il suo esordio nel lungometraggio, datato 1974.
Silvia, giovane impiegata di un laboratorio di chimica, vive in un appartamento a Roma e conduce una vita apparentemente felice, pur avendo vissuto una infanzia difficile che la sua mente ha inconsciamente cancellato. Durante una serata a casa di alcuni amici con il fidanzato Roberto, la ragazza resta colpita dalle affermazioni di Andy, professore di sociologia di origine africana, riguardo all’esistenza di tribù che praticano ancora sacrifici umani, cannibalismo e magia nera. Dopo una discussione col fidanzato sulla strada di casa Silvia passa una notte molto travagliata, da quel momento inizia ad essere tormentata da flashback che fanno riaffiorare nella sua fragile mente il controverso rapporto con la madre che, adolescente, trovò a letto con un amante che, oltretutto, cercò di importunarla.
Qualche tempo dopo la ragazzina, che non era riuscita a superare quell’episodio, arrivò ad uccidere la madre, spingendola giù dal balcone di casa. Caduta in un abisso di pazzia nel quale Roberto, Andy e persino i vicini di casa sembrano volerla far sprofondare sempre più, Silvia si convince di aver ucciso il fidanzato, l’amante della madre e persino l’anziano vicino di casa, l’ambiguo Professor Rossetti, e si suicida gettandosi da un balcone, procurandosi una morte non molto diversa dalla madre. Ma la realtà non è quella che ci è stata mostrata dagli occhi della protagonista del film infatti Roberto, Andy ed un nutrito gruppo di persone che orbitava intorno a Silvia, ricompaiono, conducendoci ad un finale tanto violento quanto sorprendente.
La pellicola, pur essendo a basso budget è stata prodotta da Giovanni Bertolucci, cugino del più noto Bernardo, in modo molto professionale e vede un giovane Nicola Piovani ad occuparsi della musica affiancato da un impeccabile Mario Masini alla fotografia. L’interprete principale, e nome di maggior richiamo nel cast, è la franco-americana Mimsy Farmer, all’epoca moglie dello scrittore Vincenzo Cerami e reduce dal successo di ‘Quattro mosche di velluto grigio’ di Dario Argento, la somiglianza tra la Farmer e Mia Farrow non appare casuale viste le interconnessioni, stilistiche ancor prima che di trama, tra ‘Il profumo della signora in nero’ e ‘Rosemary’s baby’ di Roman Polanski, pellicola interpretata proprio dalla ex moglie di Woody Allen. Si ritrova qui la visione di un vicinato falsamente cordiale ed estremamente ambiguo, molto simile a quello del capolavoro del regista polacco, mentre la fragilità mentale della protagonista ricorda moltissimo quella della protagonista di un altro film di Polanski,‘Repulsion’.
Lo spiazzante cocktail tra psicoanalisi ed horror cruento presentato da Francesco Barilli non venne accolto molto bene dalla critica del tempo, ma il film ottenne comunque discreti incassi venendo poi rivalutato ulteriormente in tempi più recenti. La splendida colonna sonora di Piovani accompagna in modo molto raffinato i ritmi lenti del film, fino a deflagrare in un finale quasi muto ma di grande violenza, in contrasto assoluto con quello che si era visto fino a quel momento.
Purtroppo Francesco Barilli dopo questo film girò solamente il più modesto ‘Pensione paura’, preferendo poi dedicarsi ad altre attività per molti anni, privando quindi il cinema italiano di un talento visionario che avrebbe potuto dare molto al cinema nostrano.