IL MIO NOME È REMO WILLIAMS

IL MIO NOME È REMO WILLIAMS

Il mio nome è Remo Williams i cinenauti recensioni film serie tv cinema

GENERE:        azione

ANNO:            1985

PAESE:           USA

DURATA:         121 minuti

REGIA:             Guy Hamilton

CAST:              Fred Ward, Joel Grey, Kate Mulgrew, George Coe, Charles Cioffi, Wilford Brimley

Era la fine di Novembre del 1987, nell’aria si respirava un’aria frizzante, mancavano solamente piccoli dettagli alla stipula dell’incontro del secolo, ‘Once and for all’, quando ancora la boxe era un argomento di conversazione tra i teenager che la mattina chiacchieravano attendendo l’apertura delle porte della scuola.

Lunghi mesi di una estenuante trattativa avevano fatto perdere la pazienza a tutti, l’incontro per la riunificazione dei titoli dei pesi massimi sembrava ormai saltato quando Mike Tyson ordinò al suo nuovo manager Don King di trovare l’accordo ad ogni costo. L’incontro con la borsa più ricca della storia del pugilato (fino ad allora) fra i due campioni imbattuti si svolse in effetti nel Giugno successivo, ma fu una enorme delusione, il vecchio campione, Michael Spinks, resistette alla furia del giovane avversario 90 secondi, atterrato da un ‘pugno fantasma’ di ‘Iron’ Mike. Apparve subito chiaro dal suo atteggiamento che l’ultratrentenne ‘Jinx’ non vedeva l’ora di godersi la sua pensione dorata, e non aveva alcuna voglia di prendersi dei rischi sul ring. I giovani di allora, influenzati da una cultura machista di stampo reaganiano oggi praticamente scomparsa, nel bene e nel male, nel frattempo placavano la loro sete di azione accontentandosi di una serie di film che imperversava nelle serate televisive di Italia Uno, ‘Nati per vincere’. Stallone, Schwarzenegger e le arti marziali orientali rappresentavano una vera gioia per gli occhi dei giovani di allora, il 28 Novembre 1987 fu il turno di questo oggetto anomalo e misterioso, interpretato da Fred Ward, ‘Il mio nome è Remo Williams’, un titolo strano eppure catalizzante, che anche grazie al bellissimo trailer televisivo era atteso quasi quanto il match di Tyson dal sottoscritto e dalla sua cerchia di amici, assetati di action. In definitiva però anche questo film fu destinato a lasciare poca traccia di sé, esattamente come ‘Once and for all’… a sua difesa va detto però che certamente non è stato il film più costoso della
storia ed almeno non durava due minuti scarsi. Più semplicemente, ‘Il mio nome è Remo Williams’ con il suo tono scanzonato, per non dire autenticamente cazzaro, non era adatto a chi si era ormai abituato ai personaggi fin troppo seriosi degli action di quegli anni.

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Molto lungo considerando il genere (circa due ore) ‘Il mio nome è Remo Williams’ venne addomesticato per la tv con sostanziali tagli, che di certo non giovarono ad un film che, rivisto oggi in versione director’s cut, emana un sapore retrò, quasi antico, nel quale gli stereotipi degli anni ’80 schizzano fuori ovunque, musica, computer enormi, scene di arti marziali che saltano fuori all’improvviso, e, soprattutto, un gruppo di protagonisti duri ed integerrimi, ma dal cuore d’oro, tra i quali spicca un attore americano truccato (neanche in modo troppo credibile) da coreano, che ha una passione per le soap opera e cammina sull’acqua come Gesù Cristo.


Basato su una serie di romanzi pressoché sconosciuti in Italia scritti da Warren Murphy e Richard Sapir (The destroyer) e diretto da Guy Hamilton, regista di diversi episodi di 007, il film racconta di un poliziotto solitario e privo di legami familiari, Makin, che, caduto in un’imboscata, viene creduto morto. In realtà l’incidente è stato preparato ad arte da una sedicente organizzazione governativa e l’uomo, una volta subita una plastica facciale, viene portato negli (improbabili) uffici dell’organizzazione, che si trovano all’interno della banca centrale, e reclutato da due misteriosi agenti, l’operativo Mac ed il direttore delle operazioni, Smith. L’obiettivo dell’organizzazione è quello di colpire quei criminali che lavorano con l’aiuto di uffici governativi deviati, e per farlo l’uso della violenza è ampiamente concesso, se non consigliato. Prima di entrare in azione Makin, ribattezzato da Mac Remo Williams, deve migliorare le sue doti fisiche in un corso durissimo tenuto da un anziano istruttore coreano, Chiun, che odia gli hamburger e si nutre solamente di riso. Il maestro di arti marziali insegnerà all’allievo a schivare le pallottole, perdere la sua paura per l’altezza, camminare sul cemento fresco e combattere senza armi. Tutto questo tornerà utile a Remo quando dovrà aiutare l’integerrimo maggiore Rayner Fleming nella sua battaglia contro il potente George Grove, che si arricchisce vendendo armi difettose al governo americano, coperto da funzionari corrotti.

 

Maschilista e vagamente razzista, pieno zeppo di battute politicamente scorrette, questo è un film che oggi proprio non si potrebbe fare, anche se è infarcito di segmenti ironici (affidati in gran parte a Joel Gray-Chiun, che incarna un personaggio che sbeffeggia in modo evidente il Miyagi di ‘Karate kid’), che vorrebbero almeno stemperarne gli eccessi e risultano probabilmente, insieme alle scene d’azione, le parti più piacevoli della pellicola. Non esistono seguiti anche se il titolo originale (Remo Williams: The adventure Begins) sembrava quasi annunciarli, è stato però realizzato un pilot di una serie tv ispirata ai romanzi, inedito in Italia, la serie però non è mai stata effettivamente realizzata.