PRIMO AMORE

PRIMO AMORE

Primo amore i cinenauti recensioni film serie tv cinema

GENERE:         drammatico

ANNO:             2004

PAESE:            Italia

DURATA:         100 minuti

REGIA:            Matteo Garrone 

CAST:              Vitaliano Trevisan, Michela Cescon

Vittorio, orafo vicentino, conosce Sonia tramite un annuncio per cuori solitari; inizialmente tra i due non scocca la scintilla, soprattutto a causa della riluttanza di lei, un po' spaventata dal chiodo fisso dell'uomo per le ragazze magrissime. Col tempo però la storia decolla, e Sonia accetta di perdere peso per compiacere il compagno; ma non si rende conto che sta per precipitare dentro ad una spirale senza vie di uscita...

Matteo Garrone ha spesso preso spunto dalla cronaca per creare una sua personalissima visione di cinema post-neorealista che entra nelle pieghe del borderline e del patologico; è il caso del suo primo grande successo, il bellissimo L’Imbalsamatore, rielaborazione della torbida storia del “nano della stazione Termini” (tal Domenico Semeraro, altrimenti conosciuto dai cinefili più incalliti come il “bambino” che porta da bere ad una statuaria Barbara Bouchet completamente nuda in una celebre sequenza di Non Si Sevizia Un Paperino; Lucio Fulci salvò il film dalla censura proprio dimostrando che l’attore non era un minorenne, come appariva, ma un uomo affetto da nanismo…), o, più recentemente, dell’altrettanto riuscito Dogman, ispirato alla famigerata vicenda del “canaro della Magliana”; Primo Amore è invece liberamente tratto dal libro Il Cacciatore Di Anoressiche di Marco Mariolini, antiquario bresciano affetto da una grave parafilia che lo porta a diventare un predatore sessuale di donne scheletriche.

L’uomo nel 1997 pubblica questa biografia autodenunciandosi come potenziale omicida, ma la cosa viene sottovalutata dalle autorità competenti, convinte che possa trattarsi di una mossa pubblicitaria della casa editrice; invece, un anno dopo, Mariolini uccide con ventidue coltellate la fidanzata Monica, che aveva accettato di incontrarlo di nuovo per convincerlo a farla finita con la loro storia tormentata.

Plasmare il corpo femminile come si fa con i metalli, per giungere all’essenza ultima di entrambi: è a partire da questo parallelismo che Matteo Garrone registra l’ossessiva e studiata metodicità (il suo talento imprenditoriale, sottratto all’attività lavorativa, viene completamente destinato alla perversione privata) con la quale Vittorio persegue un ideale malato di purezza (“togliere tutto, bruciare tutto, alla fine resta solo quello che conta veramente”: motto e allo stesso tempo epitaffio che il regista non a caso gli fa recitare in voce-off sopra lo splendido piano sequenza conclusivo), un “lager” mentale (che i farmaci e il supporto psicologico non riescono minimamente a scalfire) le cui porte si schiudono anche per Sonia, persuasa infine alla sottomissione volontaria; è la convergenza di due concezioni distorte del rapporto di coppia, dove il sadismo dell’uno e il masochismo dell’altra ottengono una paradossale giustificazione nell’amore reciproco, portando progressivamente alla dipendenza e poi all’annullamento.

Matteo Garrone veicola queste suggestioni “concentrazionarie” attraverso un immaginario fatto di grate, cancelli (Vittorio nella sua abitazione-laboratorio sembra un animale in gabbia) e fornaci, dove il fuoco para-lynchiano si sposa col fuori-fuoco che avvolge i due disperati alla deriva (sequenza da iscrivere di diritto tra le perle del film insieme a quella ambientata in un ristorante e al crudele confronto finale), a rendere perfettamente il senso di oppressione claustrofobica e di totale dissociazione che alberga nelle loro menti.

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Primo Amore, oltre ad avere tutti i crismi per essere avvicinato ad un body-horror cronenberghiano, è anche una versione “deviata” della storia di Romeo e Giulietta; dice tutto, in questo senso, il momento nel quale i due vanno a visitare una torretta in mezzo a un bosco: lei, affacciata al balcone – dal quale, secondo l’agente immobiliare, si vedono i castelli dei Montecchi e dei Capuleti – e piena di dubbi; lui – “vampiro” che al posto del sangue le vuole “succhiare” la “polpa” sino alle ossa e all’anima – di sotto, che la induce, con un sottile ricatto morale, a finire reclusa alla sua mercé in quel lugubre edificio…

Bisogna, in proposito, dare conto di alcune intuizioni decisive di Matteo Garrone, il quale sceglie di ambientare il film nel ricco e contraddittorio nord-est (l’impossibilità di raggiungere l’armonia tra corpo e mente come metafora delle pulsioni secessioniste a livello politico? Altra potenziale e interessante chiave di lettura…) e affida la parte di Vittorio ad un non-professionista, lo scrittore Vitaliano Trevisan (che collabora anche alla sceneggiatura), trasformandolo, grazie anche alla scelta di inquadrarlo spesso in primo piano, di lato o in penombra, in una sorta di Nosferatu dalla cadenza veneta strascicata e dal ghigno a mezza bocca, davvero inquietante nella sua apparente normalità; ma un plauso lo merita soprattutto la straordinaria Michela Cescon (Sonia), che dà tutta se stessa con coraggio ed abnegazione in un ruolo difficilissimo sia dal punto di vista fisico che emotivo: l’interprete trevigiana accetta infatti, come richiestole dall’esigente regista, di sottoporsi durante le riprese ad una dieta sfibrante al fine di rendere assolutamente credibile la “discesa agli inferi” del suo personaggio.

Primo Amore è un film che non concede niente allo spettatore, anzi a prima vista lo respinge (difatti è la pellicola più “rimossa” di Matteo Garrone); eppure, questa scarnificazione dell’oggetto filmico, prima ancora che della pelle viva, – la quale mantiene, però, intatte, e se vogliamo esalta ulteriormente, tutte le qualità di una messa in scena originale come poche altre nel panorama cinematografico contemporaneo, caratterizzata da una grande ricercatezza nei movimenti di macchina, nella composizione delle inquadrature (ricordiamo che il cineasta proviene dalla pittura) e nelle scelte di fotografia (qui del compianto Marco Onorato) ed effetti sonori (va doverosamente segnalato il pluripremiato commento musicale della Banda Osiris) – è portatrice di un fascino sinistro che tocca i luoghi oscuri del nostro inconscio; Primo Amore è l’opera più estrema e radicale del grande autore romano, uno dei noir più malsani degli ultimi venti anni.

Anton Chigurh

Mi chiamo Mattia, alias Anton Chigurh, classe 1975, ho fatto studi classici e sono orgogliosamente spezzino; cosa chiedo ad un film o ad una serie tv? Di farmi riflettere, di inquietarmi, di lasciarmi a bocca aperta, di divertirmi... Per sapere dove trovo tutto questo, leggete le mie recensioni su I Cinenauti!