"Le tre vite di Donato Bilancia" è un docu-film firmato RAI ed appartenente al ciclo di Rai Documentari “L’Italia Criminale, quando la cronaca fa la Storia”. È stato trasmesso da Rai 2 il 7 ottobre 2022 e ripercorre con minuziosità la vita e gli omicidi del più prolifico serial killer italiano suddividendo la sua storia in tre capitoli, quella del giocatore d'azzardo, del freddo assassino e del carcerato. Il tutto è suffragato da reperti video dell'epoca, interviste e audio originali.
Chiunque conosce di fama Donato Bilancia, soprattutto chi come me in quegli anni era un ragazzo e magari, da ligure, era solito prendere i treni della tratta per Genova. Ci si guardava sempre con sospetto, non si era mai sereni, a volte si cercava di sdrammatizzare con qualche stupida battuta ironica ma la verità è che Donato lo sentivamo seduto nel posto accanto al nostro…
"La mia era una famiglia disgraziata, litigi, botte, un inferno"
Donato Bilancia
Iniziamo il viaggio nella mente di questo serial killer dalla sua giovinezza perché, se è vero che alcuni esseri umani nascono già geneticamente predisposti al “male”, è altresì vero che il contesto familiare è fondamentale nel determinare la personalità di un individuo.
Figlio di una famiglia potentina trasferitasi a Genova all’inizio degli anni ’50, trascorre gli anni della giovinezza in un ambiente familiare malsano, costantemente vessato dal padre. Lui stesso racconta di come il genitore lo denudasse in pubblico per schernirlo per il suo piccolo organo genitale. La scuola poi è un disastro anche se nella vita pratica è uno che se la cava. Ama la notte e il marcio che essa nasconde: gioco d’azzardo, prostituzione, furti. Il carcere è il suo vero tirocinio alla vita e il rubare la sua più alta vocazione. Non ama la compagnia, si definisce “un lupo solitario” e agisce sempre da solo. Diventa rapidamente ricco e gli piace la bella vita… guida auto di lusso, si veste elegante e si circonda di avvenenti “accompagnatrici”. Purtroppo due tragedie stravolgono il suo labile equilibrio: il suicidio del fratello nel 1987 che si lancia sotto un treno portando con se il figlio di 4 anni e il tradimento di quello che considerava essere il suo migliore amico, Maurizio Parenti. È il 1997 quando lo sente vantarsi con l’organizzatore di una bisca per aver portato lui, il pollo da spennare.
È proprio nel 1997 e precisamente il 15 ottobre che Donato Bilancia compie il suo primo duplice omicidio, il finto amico Maurizio e la di lui moglie. Dopo aver studiato per giorni le loro abitudini, li sequestra in casa, parla con loro per ore spiegando le sue motivazioni, gioca sadicamente col loro terrore e poi preme il grilletto 3 volte. Si dice che la prima volta sia la più facile e le successive vengano sempre più facilmente. Bilancia conferma questa regola e sarà un crescendo di morte e di paura (17 omicidi in soli 6 mesi!), nessuno all’epoca camminava per strada sereno. Prima uccide per vendetta, poi prosegue per denaro (due gioiellieri, due cambiavalute, un benzinaio) e per odio verso le donne (quattro prostitute a Genova, Varazze, Arenzano, Cogoleto), alla fine solo per piacere e per sentirsi potente (due donne incrociate sui treni della Liguria).
Le varie procure coinvolte (Genova, Savona, Sanremo, Imperia, Alessandria) brancolano nel buio ed è il magistrato di Genova, Enrico Zucca, il primo a collegare tra loro tutti gli omicidi. La strada per arrivare a Walter (così amava farsi chiamare Donato Bilancia) è tracciata e diventa più chiara quando Lorena, una transessuale miracolosamente scappata dalle grinfie del killer, aiuta a tracciarne il primo identikit. Gli inquirenti risalgono anche alla presenza di una misteriosa Mercedes nera sulle scene di molti crimini. “Il giustiziere della Liguria”, “Il serial killer dei treni”, come era stato soprannominato, ha finalmente un volto. Iniziano i pedinamenti serrati e dall’analisi di una tazzina di caffè insieme ad un mozzicone di sigaretta il cerchio si chiude, Bilancia è finalmente incastrato.
Ore 11 del mattino del 6 maggio 1998, l’arresto, fuori da una struttura medica… l’operazione è stata talmente veloce ed efficace che Donato ha pensato di essere vittima di un regolamento di conti. Non oppone resistenza. Mantiene il silenzio per un’intera settimana, l’unico fiato che esce dalla sua bocca è quello del fumo delle sigarette che consuma senza sosta, una dietro l’altra.
“Se volete che vi racconti la mia storia, dobbiamo cominciare dall’inizio. E l’inizio non è un omicidio, non sono otto omicidi, ma diciassette”
Donato Bilancia
Si apre con queste parole la confessione spontanea di Bilancia, “la mia consecutio temporum” come lui stesso l’ha definita, e ascoltarne stralci dalla sua stessa voce non nascondo che mette la pelle d’oca. Freddo, lucido, chirurgico…
Viene condannato a 13 ergastoli ma si è sempre avvalso del diritto di non presentarsi in aula.
“Mi vergogno di farmi guardare in faccia dai parenti delle vittime”
Donato Bilancia
Verità o strategia? Non lo sapremo mai…
Trascorre 20 anni nel carcere Due Palazzi di Padova e qui inizia la sua terza vita, quella della catarsi… lontano dalle prime pagine dei quotidiani. Tenuto inizialmente in isolamento carcerario (chi uccide donne non ha vita facile nelle carceri) e chiuso in un impenetrabile silenzio inizia a studiare, si diploma in ragioneria. Inizia, nel corso degli anni, a frequentare in gruppo di teatro e pian piano la sua storia subisce un’improvvisa inversione a U. Il racconto di chi gli è stato vicino in quel periodo descrive un Donato Bilancia totalmente diverso: si converte, si pente, si dedica a opere di bene e chiede perdono per tutte le vite che ha strappato. Lo fa in modo dimesso, intimamente, lontano dalla morbosità dei media.
Si lascia morire in carcere, rifiutando le cure, il 17 dicembre 2020 per complicanze legate al coronavirus, aveva 69 anni.
Quello che mi ha sempre agghiacciato di questo “mostro” è la sua freddezza, il suo giustiziare innocenti senza un reale movente… per odio verso il mondo, per solitudine o semplicemente per sentirsi onnipotente ed inebriarsi dell’appagamento che riceveva dal poter decidere della vita e della morte di chi aveva la sfortuna di incrociare il suo cammino. Lui stesso racconta della masturbazione avvenuta dopo il secondo omicidio in treno, non come atto dettato dalla libido sessuale ma come sfogo per la sensazione di potenza che stava provando. Non è mai stato un pazzo o un folle, uccideva per il piacere di farlo…
“Posso spiegarvi come li ho uccisi, dettaglio per dettaglio. Ho fatto a tutti la stessa cosa: a ognuno un colpo in testa. Routine, monotonia assoluta. Ma non chiedetemi perché l’ho fatto, perché non lo so”.
Donato Bilancia
Questo “non lo so”, come asserisce l’autore Pino Corrias, è stata probabilmente “la sola bugia contenuta nella sua confessione”.