JU-ON: ORIGINS
JU-ON: ORIGINS
GENERE: horror
ANNO: 2020
PAESE: Giappone
DURATA: 1 stagione
DA UN’IDEA DI: Takashige Ichise, Hiroshi Takahashi
DURATA: Yoshiyoshi Arakawa, Yuina Kuroshima, Ririka, Koki Osamura
Era l’ormai lontano 2002 quando il regista giapponese Takashi Shimizu scrisse e diresse “Ju-On Rancore”, meglio conosciuto a noi occidentali come “The Grudge”. Il film ebbe un’impatto così forte da diventare negli anni un vero e proprio franchise: tre capitoli Made in Japan a cui seguirono altrettanti remake Made in USA. La piattaforma Netflix ci propone l’ennesimo capitolo della saga, non un lungometraggio bensì una serie tv, Ju-on: Orings. Era necessario?
La trama si svolge in un arco temporale di 10 anni, dal 1988 al 1997, e vede come protagonista indiscussa la famosa casa di Kayako teatro di molteplici storie di violenza, di vendetta e, ovviamente, di rancore. Yasuo Odajima (Yoshiyoshi Arakawa) è uno scrittore/giornalista che scrive di storie realmente accadute legate al mondo del paranormale; un giorno entra in contatto Haruka Honjo (Yuina Kuroshima), una giovane attrice che sostiene (e ne fornisce le prove) di abitare in una casa dove ogni notte si sentono dei passi; procedendo con le indagini Yasuo scopre che il fatto è legato ad una maledizione che ha colpito il fidanzato e futuro sposo di Haruka, Tetsuya, reo di aver visitato la casa di Kayako per acquistarla. Il ragazzo improvvisamente sparisce e la storia cambia protagonista; entra in scena la vicenda di Kiyomi (Ririka Kawashima), una studentessa che viene portata con l’inganno nella casa maledetta e poi stuprata ripetutamente da un branco. La sua vita da quel giorno non sarà più la stessa e prenderà pieghe sempre più drammatiche. Lo scrittore collegherà tutti questi avvenimenti riguardanti persone diverse, tutte legate in qualche modo alla famosa abitazione e si troverà lui stesso vittima della maledizione.
Con questi 6 episodi da 30 minuti la saga di Ju-on, dopo i grandissimi flop degli ultimi remake, torna sul piccolo schermo dov’era nata ma lo fa senza il suo personaggio cardine: Kayako Saeki. Infatti sebbene il titolo sia “Origins”, la serie non spiega assolutamente la storia della ragazza cult del J-Horror. Onestamente la mancanza di questa figura iconica si è fatta sentire.
Esprimere un parere su questa produzione Netflix non è così facile, se da un lato si è lasciata guardare e mi ha intrattenuto con piacere, dall’altra l’ho trovata spesso caotica ed inconcludente. L’intreccio di tante storie è sì una caratteristica ereditata dalla saga di Takashi Shimizu ma qui ci troviamo davanti a personaggi, poco caratterizzati, che spariscono nel nulla e l’intreccio degli avvenimenti diventa caotico e spiazzante.
Ju-on: Origins punta molto sulla suspence, sul senso costante d’ansia e le scene “paurose” sono praticamente assenti; ci troviamo spesso a trattenere il respiro per porte che scricchiolano, passi nel buio e folate d’aria il tutto accompagnato da riprese con angolazioni strette e la camera mossa con lentezza che fanno salire l’aspettativa per un qualcosa che poi non si verifica. Non mancano le situazioni fortemente disturbanti e un po’ di sano gore in pieno stile J-Horror (ma bisogna spettare le ultime 3 puntate): la bimba picchiata brutalmente in auto dal serial killer pedofilo, lo stupro di Kiyomi ma soprattutto l’uccisione della donna incinta dove si tocca l’apice dell’eccesso.
Tutto questo a ribadire il concetto che i veri mostri sono gli uomini, non c’entrano le maledizioni o quant’altro, l’essere umano vive e si nutre per sua natura di violenza. Caso mai non l’avessimo capito ci pensa la voce fuori campo del telegiornale a ricordarcelo con il suo annoverare costantemente eventi drammatici (tra cui anche Chernobyl).
L’ultima puntata non risponderà a tutte le vostre domande e non darà una risposta definitiva: arriverà una seconda (in)utile stagione? Ai posteri l’ardua sentenza.
Se, giunti a questo punto, vi state chiedendo se Ju-on: Origins meriti o no una visione, la mia risposta è “sì” se siete degli “Ju-on fanatics” e non volete perdervi nulla, in fondo offre 3 ore di piacevole intrattenimento anche se vi mancheranno le facce bianche, le espressioni e i capelli lunghi di Kayako; “no” se non avete mai seguito o apprezzato questo famoso filone.