Liberamente ispirato al romanzo ‘Il gioiello delle sette stelle’ di Bram Stoker, ‘La tomba’ è uno dei quattro film, tutti con un budget estremamente risicato, diretti nel 1986 dal bulimico Fred Olen Ray, regista, sceneggiatore, scrittore, produttore, distributore e perfino wrestler americano, che da oltre quarant’anni imperversa nel mondo del cinema con modesto successo, ma imperituro entusiasmo. Come d’abitudine anche qui il vulcanico Olen Ray si circonda di un cast importante, scegliendo però attori a fine carriera oppure ai margini del cinema mainstream. In ‘La tomba’ tra i protagonisti ci sono il settantenne Cameron Mitchell, in gioventù molto attivo soprattutto nel genere western tra U.S.A. ed Italia, e l’ottantenne ex divo dell’horror John Carradine, entrambi, tra l’altro, al loro terzultimo film. Al loro fianco, insieme alla giovane scream queen Michelle Bauer nel ruolo di Nefratis, sono presenti in piccoli ruoli l’esperta Sybil Danning e la trentottenne pin-up messicana Francesca Isabel Natividad, meglio nota come ‘Kitten’.
Avremo modo di approfondire, prima o poi, la carriera e, in questo caso è d’obbligo dirlo, le imprese di Fred Olen Ray in una monografia dedicata, ma la scelta del film recensito oggi vuol essere soprattutto un omaggio alla musa di Russ Meyer, Kitten Natividad, scomparsa prematuramente pochi giorni fa. Nata a Ciudad Juarez, in Messico, nel 1948, Francesca, prima di nove sorelle, si trasferì in Texas al seguito della madre, che sposò un cittadino americano. Giovanissima andò a vivere in California, inseguendo una carriera nel mondo dello spettacolo mentre si manteneva facendo la cameriera. Si sottopose ad una operazione per ingrandire il seno, lavorò poi come ballerina e spogliarellista ed esordì finalmente al cinema nel 1972, non accreditata, in ‘I nuovi centurioni’ di Richard Fleischer. La chiave di volta della carriera cinematografica della Natividad fu però, nel 1976, l’incontro con Russ Meyer, al quale fu presentata dalla collega Shari Eubank, anche lei di origini messicane. Meyer, in pieno periodo pop, era alla ricerca di supermaggiorate da inserire nelle sue pellicole caratterizzate da tratti fisici eccessivi e scenografie cartoonesche, rimase pertanto folgorato dalla figura prorompente dell’attrice, ritagliandole un ruolo molto sui generis da ‘narratrice’ in ‘Up!’. Tre anni dopo la Natividad ottenne invece il ruolo di protagonista assoluta in ‘Beneath the Valley of the Ultra-vixens’, prima del quale Meyer pagò di persona all’attrice una ulteriore operazione per ingrandire il seno. Durante le riprese di questo film, che fu l’ultimo del regista, la Natividad divenne anche compagna di Russ Meyer, che si era separato da poco dalla terza moglie Edy Williams, ed era rimasto sconvolto dalla morte dell’ex moglie, ed a lungo sua collaboratrice, Eve, avvenuto nel 1977 nel ‘disastro di Tenerife’, uno scontro tra due aeroplani che provocò oltre 500 vittime.
Negli anni successivi la Natividad scomparse progressivamente dai radar, anche a causa dell’abbandono delle scene del compagno, tornando quindi a fare la ballerina di Burlesque e la spogliarellista, alternando queste attività a piccoli ruoli in pellicole
Hollywoodiane (‘Ancora 48 ore’, ‘L’aereo più pazzo del mondo’ ed il suo seguito), a diverse pellicole softcore e financo pornografiche. Kitten pagò un grosso pegno alle numerose operazioni di chirurgia estetica alle quali si sottopose e nel 1999 dovette ricorrere ad una mastectomia, a seguito della quale abbandonò definitivamente le scene. Dopo essere stata vittima di vari problemi di salute negli ultimi anni, è morta per problemi di carattere renale.
In ‘La tomba’ Kitten Natividad interpreta il ruolo di una spogliarellista, e resta in scena pochissimi minuti, la sua interpretazione non lascia certamente il segno come pure, tutto sommato, quelle di Sybil Danning e John Carradine, reclutati più per riempire il cartellone con nomi noti che altro. Banning, un profanatore di tombe, ruba diversi artefatti da un’antica ed inviolata sepoltura egizia. Nell’impresa però muoiono, uccisi da una misteriosa ed affascinante donna, il suo socio e la sua guida. Tornato negli U.S.A. per rivendere il frutto del saccheggio, braccato anche dall’agenzia delle dogane, l’uomo viene ritrovato dalla misteriosa donna che era stata sepolta nella tomba dissacrata, Nefratis, proprio colei che, appena resuscitata, aveva anche ucciso i suoi soci. Nefratis si nutre di sangue umano ed è in grado di rigenerarsi a spese di giovani donne attraverso un rito, per realizzare il quale ha però necessità di recuperare gli oggetti trafugati da Banning, l’occhio di Horas e lo scarabeo di Osiride. Ridotto sotto il suo controllo Banning, Nefratis va alla caccia dei collezionisti ai quali il trafficante aveva venduto i reperti, il Dr. Manners e il Dr. Phillips. Saranno però David, figlio di Manners, e Banning stesso, liberato dal controllo di Nefratis, a sconfiggere definitivamente la cattiva di turno salvando la giovane nipote di Phillips, Helen, scelta da Nefratis come
vittima sacrificale per il suo rito.
La confezione è buona, così come la regia, meno frettolosa di quello che si avrà modo di vedere nel cinema di Olen Ray negli anni successivi, il budget non permette invece la creazione di effetti speciali di buon livello, che infatti a tratti sfiorano il ridicolo involontario con l’uso di improbabili luci colorate. È comunque l’ironia una delle caratteristiche che ammantano questa pellicola, che sarà pure nominalmente un horror, ma non fa davvero paura a nessuno. Omaggiando ‘La mummia’ di Karl Freund (Universal, 1932), Olen Ray ne realizza piuttosto una versione riattualizzata spingendo, come sua consuetudine, sui segmenti sexy, ma certamente non sulla violenza.