FULCI FOR FAKE
GENERE: biopic, docufilm
ANNO: 2019
PAESE: Italia
DURATA: 92 minuti
REGIA: Simone Scafidi
CAST: Lucio Fulci, Nicola Nocella, Fabio Frizzi, Michele Romagnoli, Sandro Bitetto, Enrico Vanzina, Sergio Salvati, Michele Soavi, Paolo Malco, Berenice Sparano, Davide Pulici, Martina Troni
"Fulci for Fake". Un attore (Nicola Nocella) deve interpretare Lucio Fulci nella pellicola diretta da un misterioso individuo chiamato Saigon; incontra così varie persone che lo hanno conosciuto perchè lo guidino in questa difficile prova..
Parte da questo escamotage Simone Scafidi (già apprezzato autore, fra l’altro, di Appunti Per La Distruzione, viaggio alla scoperta dello scrittore maledetto Dante Virgili, e del documentario Zanetti Story, incentrato sulla figura del capitano dell’Inter Javier Zanetti) per cercare di venire a capo del rebus-Fulci, regista poliedrico come pochi (ha spaziato, durante una carriera quarantennale, da Totò e Franco e Ciccio ai musicarelli passando per il western, il film in costume, la commedia sexy, e approdando infine al giallo e all’horror) e uomo piuttosto spigoloso ed enigmatico.
Tocca al “boss” di Nocturno Davide Pulici inquadrare criticamente la figura del cineasta romano con interventi “tranchant” come nel suo abituale stile (a cominciare dalla messa in discussione della famosa auto-definizione “terrorista dei generi”); sono poi alcuni collaboratori storici del regista – il direttore della fotografia Sergio Salvati, il musicista Fabio Frizzi, la costumista Berenice Sparano, i registi Michele Soavi (che ha recitato in Paura Nella Città Dei Morti Viventi) ed Enrico Vanzina (figlio del mitico Steno, nume tutelare del giovane Fulci), l’attore Paolo Malco (protagonista di Quella Villa Accanto Al Cimitero e Lo Squartatore Di New York), il segretario di produzione/tuttofare Sandro Bitetto e Michele Romagnoli, l’unico a scrivere una biografia di Fulci quando questi era ancora in vita – a raccontare aneddoti legati alla lavorazione dei film e alla loro frequentazione col regista nella sfera privata.
L’architrave del documentario è rappresentato però, e non poteva essere altrimenti, dalle interviste alle due figlie di Fulci, Camilla e Antonella: molto toccanti sono, in particolare, i contributi della prima (tra l’altro mai apparsa precedentemente in video), pesantemente minata nel fisico da una malattia che la porterà alla morte poco dopo la fine delle riprese ma dotata di una verve contagiosa con la quale ripercorre le vicende della sua famiglia e ci fa entrare nei meandri del suo rapporto, a tratti anche conflittuale, col padre, riuscendo a omaggiarne la figura in modo affettuoso ma mai retorico; ad Antonella invece, conosciuta ormai dai fan per la sua incessante divulgazione dell’opera fulciana, è riservata una breve ma significativa chiosa finale.
Che idea ci possiamo fare di Lucio Fulci dopo aver guardato questo prodotto piuttosto sui generis, situato a metà tra il biopic e il documentario? Quella di un uomo colto, a volte al limite della stravaganza, con un talento naturale per la settima arte, dispotico con attori e maestranze ma poi capace di inaspettate tenerezze, tanto disordinato nella vita e nei rapporti personali – soprattutto con le donne, figlie comprese – quanto con le idee estremamente chiare dietro la macchina da presa; un uomo fondamentalmente mite, rimasto purtroppo segnato da grandi tragedie – il suicidio della moglie nel 1969 e, qualche anno più tardi, il grave incidente a cavallo che causò alla figlia Camilla una paralisi temporanea – che hanno avuto ampie ripercussioni anche sul suo cinema (questi fatti coincidono, non a caso, con la parte della sua carriera decisiva, secondo Pulici, per elevarlo al rango di Maestro – il critico situa lo zenit esattamente tra Zombi 2 e Lo Squartatore Di New York – e permeata di un nichilismo e di una disperazione che si toccano con mano).
Forse però, come dice Antonella, per comprendere la vera essenza di Lucio Fulci – impresa altrimenti proibitiva – bisogna semplicemente guardare le immagini uniche che ha creato e farsi rapire dalle emozioni che sanno suscitare in ognuno di noi; magari iniziando proprio da questo bel “bignami”, che non ha certo l’ambizione di essere esaustivo nel delineare una parabola umana e professionale fatta di mille rivoli e suggestioni, ma appunto soltanto quella di invogliare lo spettatore a scoprire le opere di quello che oggi è uno dei registi italiani più amati nel mondo.