WHAT JOSIAH SAW
WHAT JOSIAH SAW
GENERE: horror, thriller
ANNO: 2021
PAESE: USA
DURATA: 120 minuti
REGIA: Vincent Grashaw
CAST: Robert Patrick, Nick Stahl, Scott Haze, Kelli Garner, Tony Hale
Dopo due film come Coldwater e And Then I Go che affrontavano in maniera molto convincente il tema del disagio giovanile, con What Josiah Saw Vincent Grashaw non se ne discosta del tutto ma semmai amplia il discorso immergendolo in un contesto southern-gotico vagamente orrorifico debitore di un certo mood letterario alla Thomas Ligotti (scrittore cult che con la sua visione cupa e nichilista ha ispirato non a caso Nick Pizzolatto nel concepire dialoghi e atmosfere della prima serie capolavoro di True Detective).
Josiah Graham, oscuro personaggio dedito all’alcol e intriso di un fanatico misticismo, vive nella sua fattoria isolata in compagnia del figlio Tommy; la famiglia si è disgregata molto tempo prima in seguito al suicidio della moglie Miriam, evento che oltre a lasciare segni tangibili nella psiche del ragazzo, ha anche fatto allontanare gli altri due fratelli Eli e Mary: il primo è finito in qualche brutto giro portandosi persino dietro un’accusa di pedofilia mai dimostrata e tira a campare facendo il gigolò; la seconda, anch’essa scontando i traumi di quel terribile vissuto, ha sempre rifiutato l’idea di diventare madre, arrivando addirittura ad una scelta radicale come la legatura delle tube; strada facendo però sembra essere sopravvenuto un ripensamento, così lei e il marito avviano le pratiche per un’adozione. Quando una compagnia petrolifera mette gli occhi sul terreno dei Graham e decide di fare una grossa offerta per l’acquisto la famiglia si riunirà per la prima volta dopo tanti anni, e sarà anche l’occasione per risolvere questioni indicibili rimaste sepolte…
Dopo due film come Coldwater e And Then I Go che affrontavano in maniera molto convincente il tema del disagio giovanile, con What Josiah Saw Vincent Grashaw non se ne discosta del tutto ma semmai amplia il discorso immergendolo in un contesto southern-gotico vagamente orrorifico debitore di un certo mood letterario alla Thomas Ligotti (scrittore cult che con la sua visione cupa e nichilista ha ispirato non a caso Nick Pizzolatto nel concepire dialoghi e atmosfere della prima serie capolavoro di True Detective).
Il regista californiano dedica un capitolo ad ogni membro familiare, per poi giungere ad una resa dei conti collettiva (e per niente catartica…); entriamo dunque in un microcosmo all’apparenza dominato da forze arcane che il patriarca Josiah (un grande Robert Patrick), col suo enigmatico eloquio ed una presenza ieratica che oscilla pericolosamente tra l’angelico e il demoniaco, “vede” e mostra di poter comprendere, guidando uno smarrito Tommy sulla via di una difficile redenzione (ma chi in realtà vede cosa?); lì intorno incombe il fantasma della buona madre che commise il peccato più grande, quello contro la propria vita, negandosi per sempre al marito e ai figli e dannandosi così per l’eternità: ecco allora la religione come cappa e catena, veicolo di mostruosi sensi di colpa, un paradiso ed un inferno mentali che si amplificano a dismisura dentro una casa buia, sinistra, che va “mondata” dalle sue lordure, ed una provincia che Grashaw ci restituisce nei toni lugubri di un perpetuo autunno color marrone e verde stinto, senza bisogno di chissà quali trovate ad effetto per suscitare notevole inquietudine, ma con una regia calibrata e insinuante (rifacendosi un po’ allo stile di David Lynch, vista anche l’evocazione di un nano/folletto che balla…); e non manca di lasciare lì certi particolari, magari a prima vista superflui, che poi torneranno a galla nel tirare le fila, segno anche di una scrittura matura e attenta sì a creare suggestioni emotive ma anche a non smarrire il senso complessivo del discorso.
Il segmento dedicato ad Eli, introducendo un certo tipo di milieu malavitoso di piccolo cabotaggio nonchè dialoghi e situazioni giocate sul filo del nonsense e del grottesco, sembra virare su un cinema più affine a quello dei fratelli Coen; ma anche qui non tarda a presentarsi l’elemento esoterico, nella persona di una zingara lettrice della mano, ed ecco che improvvisamente il filo si riannoda e tutto va come deve andare perchè si arrivi a quell’appuntamento col destino fissato da tempo.
Il terzo lato del triangolo è la confusa Mary, che porta il film su un terreno che ha l’aria di essere più contemporaneo, un dramma psicologico sulla genitorialità con tanto di violente visioni autolesionistico-abortive; ma forse è anch’esso un depistaggio, perchè la verità sta dove è sempre stata, in una desolata fattoria (magari facendo prima tappa in uno stupido motel…) sperduta nel sud di questo grande e fosco paese pieno di spettri che è l’America.
Inutile dire che ci aspettano almeno un paio di twist mica da ridere, ma invero assolutamente coerenti con ciò che è stato mostrato, alluso, e persino taciuto sino a quel momento; ed è inutile anche dire che si esce dalla visione con qualcosa dentro che continua a crescere e proprio non se ne vuole andare via, una netta sensazione, anche a distanza di giorni, che questo What Josiah Saw, comunque lo si voglia catalogare, sia un film destinato a fare una strada importante.