PINOCCHIO

PINOCCHIO

Pinocchio cinenauti recensioni film serie tv cinema fantasy drammatico

GENERE:        fantasy, drammatico

ANNO:             2019

PAESE:            Italia, Francia, Gran Bretagna

DURATA:         125 minuti

REGIA:             Matteo Garrone 

CAST:                Federico Ielapi, Roberto Benigni, Gigi Proietti, Rocco Papaleo, Massimo Ceccherin

Dopo la parentesi drammatica con ‘Dogman’ Matteo Garrone torna a raccontare una favola, quantunque sia possibile percepire alcune analogie stilistiche con il precedente ‘Il racconto dei racconti’ va osservato che la celeberrima fiaba di Carlo Lorenzini (meglio noto come Collodi), alla quale il nuovo film del cineasta romano si ispira, resta comunque un’opera per adolescenti, al contrario di quella di Giambattista Basile, conseguentemente anche i due film risultano poco confrontabili, soprattutto nel linguaggio.

Se in linea di massima la storia della favola è stata rispettata nei suoi punti salienti, dal punto di vista morale e filosofico Matteo Garrone è più vicino alla riduzione televisiva della Rai degli anni’70 visto che in fondo quella di Collodi era una parabola dai risvolti borghesi.

Geppetto, un falegname solo ed in bolletta, costruisce un burattino che sorprendentemente prende vita diventando quindi il figlio che l’uomo da tempo anelava. Il burattino, Pinocchio, dovrà seguire un percorso di crescita pieno di errori e gesti di redenzione per riuscire a coronare il suo sogno di diventare umano, aiutato da una fata e tentato da innumerevoli loschi figuri che incontra nel suo viaggio.

La caratterizzazione dei personaggi non mi è parsa sempre ineccepibile, alcuni attori probabilmente hanno una personalità ed una storia professionale tale da finire per snaturare i personaggi che interpretano (mi riferisco soprattutto a Roberto Benigni nel ruolo di Geppetto ed in misura minore anche a La Volpe di Massimo Ceccherini), non mi è apparso inoltre particolarmente felice il casting della bambina che interpreta la giovane Fata Turchina.

Roberto Benigni, in particolare, ha il coraggio di tornare su una storia che non gli aveva portato fortuna ed ha certamente miglior sorte sostituendo Toni Servillo, che inizialmente doveva interpretare Geppetto al suo posto, di quanta non ne avesse avuta nei panni del burattino Pinocchio nel 2002, ma resta sempre e comunque preferibile quando interpreta storie sue (da ‘La vita è bella’ a ‘Il piccolo diavolo’) piuttosto che quando deve essere autenticamente interprete (oltre che al binomio tratto da Collodi mi riferisco ad esempio al mediocre ‘La pantera rosa’).

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La presenza di Roberto Benigni, inoltre, fa giocoforza virare il film verso una eccessiva territorialità (superfluo, a mio avviso, l’uso del dialetto Toscano, ma evidentemente conseguente alle scelte fatte in sede di casting), peccato che il film condivide con gran parte del cinema italiano contemporaneo e che, a mio modo di vedere, non fa un favore alla complessiva riuscita del film.

Chiudendo il discorso relativo al cast Gigi Proietti, un ottimo Mangiafuoco, avrebbe a mio parere meritato maggior spazio.

Belli i costumi e la fotografia, come da tradizione nei film di Matteo Garrone, azzeccate anche le ambientazioni (tra Toscana e Sud Italia) e molto interessanti gli effetti speciali minimali che si affidano a maschere e make-up piuttosto che agli effetti digitali. Mark Coulier, che si occupa del trucco, restituisce dei burattini, in primis Pinocchio, piuttosto stranianti ma che si rivelano complessivamente riusciti una volta che ci si è fatto l’occhio, un appunto lo faccio solo al grillo parlante, il make-up del quale non mi ha entusiasmato.

In definitiva ‘Pinocchio’ nonostante qualche difetto resta un film più che decoroso, ma dovendo vedere una trasposizione del romanzo di Collodi continuo a preferire lo sceneggiato di Luigi Comencini del 1972.