FIST OF JESUS

fist of jesus (corto)

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GENERE:         Horror, Splatter, Demenziale

ANNO:             2012

PAESE:             Spagna

DURATA:         15 minuti

REGIA:            Adrián Cardona, David Muñoz

CAST:             Marc Velasco, Noé Blancafort, Roger Sotera

Nel panorama dei cortometraggi horror-comedy, esiste un'opera così audacemente blasfema, così gloriosamente eccessiva e così magnificamente assurda da meritare un posto d'onore nell'olimpo della demenzialità cinematografica. "Fist of Jesus" dei registi spagnoli Adrián Cardona e David Muñoz è quella rarissima gemma che riesce a far convivere il sacro e il profano in una danza macabra di zombie biblici, arti mozzati e un Messia che combatte come un eroe di film kung-fu. Un'opera che trasforma la Galilea in un palcoscenico per il caos più totale, dove il Figlio di Dio risolve problemi teologici a suon di pugni e lancio di pesci.

“Fist of Jesus” si apre con un Gesù piuttosto familiare nell’iconografia – barba ben curata, capelli lunghi, tunica immacolata – intento a resuscitare Lazzaro dal mondo dei morti. Un miracolo che, ahinoi, prende una svolta imprevista quando il defunto si trasforma in uno zombie vorace, dando inizio a un’apocalisse di non-morti in piena Terra Santa. Il nostro protagonista, lungi dall’essere il pacifico predicatore che conosciamo dai testi sacri, si rivela un combattente formidabile che, affiancato da un Giuda stranamente fedele, si lancia in una crociata contro orde di zombie utilizzando pesci come armi improprie, tecniche di combattimento degne di Bruce Lee e un repertorio di mosse finali che farebbero impallidire Mortal Kombat.

Il cortometraggio, della durata di circa 15 minuti, non perde tempo in sottigliezze o costruzioni narrative complesse: qui siamo nel regno del puro caos visivo, dove ogni secondo viene sfruttato per massimizzare l’effetto splatter. Sangue a fiumi, arti strappati, intestini che volano come serpentine a un party di compleanno – tutto viene rappresentato con un’esagerazione tale da trasformare la violenza in una sorta di danza grottesca che strappa più risate che brividi.

Ciò che rende “Fist of Jesus” un piccolo cult è l’amore viscerale per gli effetti pratici. In un’epoca dominata dalla CGI, i registi scelgono deliberatamente di realizzare il loro splatter con tecniche old-school: sangue finto a profusione, protesi in lattice e makeup zombi che sembrano usciti da un manuale di Tom Savini degli anni ’80. Questa estetica volutamente artigianale contribuisce al fascino retrò del corto, omaggiando la tradizione del cinema horror-splatter europeo e in particolare quello italiano dei tempi d’oro.

La regia è frenetica, con inquadrature rapide e dinamiche che catturano perfettamente il caos dell’azione. L’uso della slow-motion nei momenti più cruenti aggiunge un ulteriore strato di comicità all’insieme, trasformando scene potenzialmente disgustose in momenti di pura commedia fisica. L’interpretazione di Marc Velasco nei panni di Gesù merita una menzione speciale: la sua transizione da mite predicatore a guerriero spietato, sempre con un’espressione di leggera perplessità, è uno degli elementi più divertenti dell’intera opera.

Il corto cult cammina con audacia sul filo del rasoio tra la satira religiosa e il puro sacrilegio. Lungi dall’essere un’opera teologicamente profonda, il cortometraggio usa l’iconografia cristiana come mero pretesto per scatenare la sua follia visiva. È facile immaginare come questo approccio possa risultare offensivo per alcuni, ma l’assurdità dell’insieme è talmente esagerata da trascendere qualsiasi possibile critica seria alla religione. Non siamo nel territorio della satira pungente alla “Life of Brian” dei Monty Python, ma piuttosto in quello del nonsense splatter che usa figure bibliche come action figure in un sandbox di caos e creatività sfrenata.

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L’umorismo del corto è crudo, fisico e diretto. Non ci sono sofisticate battute o riferimenti sottili – qui si ride per l’assurdità della situazione e per l’esagerazione degli effetti. È un tipo di comicità che funziona precisamente perché non tenta di essere intelligente: abbraccia pienamente la sua natura di B-movie e la porta all’estremo.

“Fist of Jesus” rappresenta perfettamente quella tradizione di cinema indipendente spagnolo che osa sperimentare con generi e tematiche spesso ignorati dal mainstream. La Spagna ha una lunga e illustre tradizione di registi che flirtano con l’horror e il bizzarro – da Jess Franco a Álex de la Iglesia – e Cardona e Muñoz si collocano con orgoglio in questa genealogia di autori irreverenti.

Il cortometraggio, presentato in numerosi festival di genere in tutto il mondo, ha conquistato una piccola ma devota base di fan, tanto da spingere i registi a lanciare una campagna di crowdfunding per trasformarlo in un lungometraggio intitolato “Once Upon a Time in Jerusalem”. Questo dimostra come, anche nell’era dei contenuti patinati e politicamente corretti, ci sia ancora spazio per opere che sfidano ogni convenzione e si lanciano a capofitto nell’assurdo.

Questo piccolo gioiellino non è cinema per tutti i palati. È un’opera che si rivolge agli amanti del cinema di genere più estremo, a chi apprezza l’estetica splatter dei primi Peter Jackson o dei film di Troma, a chi sorride di fronte all’eccesso e all’assurdità elevati a forma d’arte. È un cortometraggio che non ha alcuna pretesa di profondità o significato, ma che nella sua sfacciata semplicità raggiunge una sorta di purezza: l’obiettivo è solo quello di intrattenere attraverso lo shock e la risata, e in questo riesce perfettamente.

In un panorama cinematografico spesso preoccupato di essere significativo, rilevante o socialmente consapevole, c’è qualcosa di rinfrescante nell’approccio diretto e senza filtri di “Fist of Jesus”. È cinema che non chiede scusa per la sua esistenza, che abbraccia la sua natura di “guilty pleasure” e la porta alle estreme conseguenze.

Se siete spettatori facilmente offensibili o con stomaci deboli, probabilmente dovreste tenervi alla larga. Ma se apprezzate l’umorismo nero, il gore esagerato e l’idea di vedere il Figlio di Dio combattere orde di zombie con un pescespada, allora questo è quel piccolo miracolo blasfemo che stavate aspettando. È un cortometraggio che, nella sua brevità, offre un’esperienza cinematografica che difficilmente dimenticherete – che lo vogliate o meno.

John il boia Ruth

Sono Gilberto, alias John il boia Ruth, la mente che ha dato forma a questo progetto. Nella vita mi occupo di web: dal marketing alla grafica, dalla progettazione di siti ai Social Network. Ne I Cinenauti ho voluto fondere il mio lavoro, che amo, con la mia più grande passione, il cinema. Prediligo gli horror, meglio se estremi e disturbanti, i thriller, i fantasy e i film d'azione. Insomma divoro qualsiasi cosa cercando di non farmi condizionare dai pregiudizi.