UNDER THE SILVER LAKE
GENERE: thriller, drammatico
ANNO: 2018
PAESE: USA
DURATA: 140 minuti
REGIA: David Robert Mitchell
CAST: Jimmi Simpson, Andrew Garfield, Riley Keough, Topher Grace, Callie Hernandez, Riki Lindhome
Sam è uno dei tanti giovani squattrinati che popolano il sottobosco di Los Angeles; gravato da un avviso di sfratto, trascorre le giornate a fare sesso con la sua pseudo-fidanzata - un'aspirante attrice che non smette mai i panni di scena - e a spiare i vicini dal balcone, in particolare l'affascinante Sarah, che sembra ricambiare le sue attenzioni. Un giorno però la ragazza scompare, così Sam si mette sulle sue tracce; ma l'indagine si rivelerà piuttosto imprevedibile e pericolosa...
Si parte da nonno Alfred (del quale a un certo punto vediamo la tomba…), perchè tutti, in fondo, siamo un po’ voyeur dietro la nostra “finestra sul cortile” (in questo caso con piscina); e si continua con zio David, perchè anche sotto Silver Lake c’è “qualcosa”, come sotto Mulholland Drive o Inland Empire (o forse, invece, è sempre tutto nella nostra testa?): già, c’è un “inherent vice” che corrode questa città-mondo, come ben sanno anche Thomas Pynchon e Paul Thomas Anderson…
Film di enigmi e sugli enigmi, Under The Silver Lake, che gioca con lo spettatore come con i suoi protagonisti sino ad immergerci/li, tra messaggi subliminali e ossessioni di complotto, in un’atmosfera paranoica e oniroide: attenzione, però, già la premiata ditta James Cameron & Kathryn Bigelow ci aveva avvertiti, nel suo capodanno cyberpunk, che “la paranoia è solo la realtà su una scala più sottile” e che ci saremmo trovati a vivere degli “strani giorni” in questo nuovo millennio…
Ecco allora squadernarsi un infinito catalogo postmoderno di rimandi e citazioni, dove la cultura pop (col cinema stesso in primo piano) viene sì omaggiata all’ennesima potenza ma anche apertamente demistificata, soprattutto nei suoi aspetti apparentemente più di “rottura” (geniale, a questo proposito, l’incontro col misterioso personaggio noto come “Il Compositore”, con tanto di inaspettata coda splatter).
Eppure, nonostante questa “mostra delle atrocità” (James Ballard è un altro evidente punto di riferimento) fatta di locandine, dive immortali in pose leggendarie, icone del rock “alternativo”, casi di cronaca nera, graphic novel, donne gufo (perchè si sa che “i gufi non sono quello che
sembrano”…), videogames, scatole di cereali e chi più ne ha più ne metta, la pellicola è al cento per cento Mitchell-style, con i suoi tipici anacronismi (anche qui, come in It Follows, il regista del Michigan ci trasporta in un’epoca indefinita che potrebbe partire dagli anni quaranta del noir hardboiled – il film, d’altronde, è anche un’altra delle possibili versioni in “acido”, dopo Il Grande Lebowski e appunto Vizio Di Forma, de Il Grande Sonno – per giungere ad un futuro prossimo postqualcosa – magari una pandemia… – dove i plutocrati scompariranno, come moderni faraoni, nei loro mausolei sotterranei lasciando i comuni mortali ad arrabattarsi in un mondo ormai allo sbando), i suoi improvvisi squarci orrorifici e quel sentore di minaccia incombente, il tutto attraversato da una sottile vena ironica e malinconica allo stesso tempo.
Mitchell si conferma un regista capace di grandi suggestioni visive e gestisce con mano sicura una materia stratificata e magmatica; notevole poi il suo gusto nell’associare la musica alle immagini, già notato nel precedente film con la bellissima colonna sonora composta da Richard Vreeland, alias Disasterpeace, e qui ribadito mescolando al nuovo commento del sodale un repertorio pop e rock di tutto rispetto.
Ad un impeccabile Andrew Garfield, che rende in maniera perfetta l’aria di spaesamento del protagonista Sam, si aggiungono molti comprimari di livello tra i quali vale la pena di segnalare almeno Riley Keough, alla ribalta recentemente con The Lodge.
Dopo una gemma “carpenteriana” come It Follows, David Robert Mitchell alza ulteriormente il tiro e propone un’opera che trasuda classe ed ambizione da ogni fotogramma; film insieme ammaliante e sfuggente, Under The Silver Lake è, in fondo, la storia di una deriva esistenziale, ma anche un perfetto ritratto della mancanza di senso di questi nostri tempi (ed è insensato, difatti, che dopo una fugace apparizione a Cannes sia praticamente scomparso dai radar: attendiamo ancora un’uscita in sala o quantomeno in blu ray).