EVERYBLOODY’S END

EVERYBLOODY'S END

i cinenauti recensioni film serie tv cinema Everybloody's End

GENERE:         horror

ANNO:             2019

PAESE:            Italia

DURATA:         71 minuti

REGIA:            Claudio Lattanzi

CAST:              Cinzia Monreale, Giovanni Lombardo Radice, Marina Loi, Veronica Urban, Tania Orlandi, Lorenzo Lepori

Everybloody's End/Crucified. In un imprecisato futuro la maggior parte della popolazione mondiale è stata sterminata da una misteriosa epidemia; cinque superstiti - il teologo Steiner, tre donne chiamate Bionda, Nera e Rossa e il medico Michael - si ritrovano asserragliati in un bunker sotterraneo per cercare di sottrarsi alla cattura da parte dei cosiddetti “Sterminatori”, un gruppo di ex soldati che pattugliano le strade crocifiggendo chiunque capiti loro a tiro con l'intenzione di estirpare il morbo. Ma le cose non sono come sembrano ed ognuno cela dei segreti inconfessabili ed arcani...

Everybloody’s End, e non sembri un paradosso, è un film che prende avvio dal suo finale: come hanno confermato infatti il regista Claudio Lattanzi (già aiuto di Michele Soavi, al quale ha dedicato il documentario Aquarius Visionarius) e lo sceneggiatore Antonio Tentori nella piacevolissima presentazione al La Spezia Film Festival – complici le puntuali “sollecitazioni” del professor Roberto Danese – il progetto scaturisce da un’intuizione alquanto originale e controcorrente, attraverso la quale Lattanzi, partendo dal personaggio forse più archetipico di tutto il cinema e la letteratura horror, intende alludere alla crisi, ma anche alla possibile rinascita, del cinema di genere; ci ritroviamo allora dentro una sala (naturalmente vuota…) a contemplare l’unione nei secoli dei secoli di una “sposa” col suo “principe delle tenebre” che la attende nel fermo immagine sullo schermo: insomma Murnau ed il suo Nosferatu, immersi però in un’atmosfera onirica marcatamente lynchiana (quei fasci di luce, quei primi piani del volto della donna, e poi “Silentium”: siamo in pieno dittico Mulholland Drive/Inland Empire); e infine la pellicola che brucia, si decompone, omaggiando stavolta il Bergman di Persona…

Quale storia concepire per sostenere una “chiusa” talmente “autoriale” da far storcere il naso ai produttori (per ammissione dello stesso regista)? Lattanzi, assecondato dal fido Tentori, parte anche qui da un’idea forte, quella del “sangue infetto”, memore di quegli anni ottanta nei quali un ossessivo battage mediatico dipingeva l’Aids come flagello del secolo; un’epidemia, dunque (e il film assume così addirittura un carattere profetico, visto che è stato scritto nel 2018…), in modo da calare i personaggi dentro ad un lugubre e disperato non tempo e non luogo post-apocalittico; ma non basta, perchè Everybloody’s End vuole essere un’opera stratificata e anche “a chiave”, che possa disorientare lo spettatore ma nello stesso tempo fornirgli i dettagli per comprenderne i risvolti e i riferimenti: ecco allora qualche dialogo e qualche trovata di sceneggiatura che magari ad una prima visione scivolano via, e poi un prologo che sembra un po’ slegato da tutto il resto, quasi in stile Hammer o Bava-gotico, ma che in realtà si rivelerà decisivo quando, nel segmento conclusivo, le carte verranno messe sul tavolo…

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L’operazione prende corpo anche grazie al recupero di alcuni attori feticcio di quel passato glorioso, quali Giovanni Lombardo Radice, Marina Loi, Cinzia Monreale, e la presenza di Lorenzo Lepori a siglare idealmente il trait-d’union col nuovo cinema underground; se la recitazione del cast risulta piuttosto altalenante anche a causa di tempi di lavorazione giocoforza ristretti (un doppiaggio a regola d’arte avrebbe richiesto un esborso economico eccessivamente elevato), va detto che ciò non inficia assolutamente la riuscita complessiva della pellicola, perchè Everybloody’s End è un film che, nonostante un profilo chiaramente low-budget, fa la differenza grazie ad un comparto visivo di grande impatto, con interessanti scelte cromatiche – una desaturazione su toni grigiastri e celestini quasi tendenti al bianco e nero, a rappresentare un paesaggio urbano desolato e claustrofobico fatto di carcasse metalliche – , movimenti di macchina molto curati e funzionali alla creazione di una tensione strisciante ma non affidata agli ormai abusati jumpscares, e un sonoro che “pompa” a pieno regime (le musiche sono affidate a Luigi Seviroli), il tutto valorizzato da un montaggio dinamico e dal taglio non convenzionale; merito del talento visionario di Lattanzi e di quello di un reparto tecnico che annovera grandi eccellenze del nostro paese come i veterani Sergio Stivaletti (che si concede anche un cameo) e Antonello Geleng, rispettivamente agli effetti speciali e alla supervisione delle scenografie, senza dimenticare Ivan Zuccon – a sua volta stimato regista in campo horror – che cura la fotografia.

Everybloody’s End è un film che testimonia le potenzialità e la forza di un cinema che, traendo linfa dai maestri, può costantemente rigenerarsi e risultare ancora estremamente attuale; attendiamo ora con curiosità il prossimo progetto targato Lattanzi-Tentori, il quale, a detta dei due autori, si annuncia di stampo fortemente carpenteriano…