ENEA

GENERE: drammatico
ANNO: 2023
PAESE: Italia
DURATA: 115 minuti
REGIA: Pietro Castellitto
CAST: Pietro Castellitto, Benedetta Porcaroli, Giorgio Quarzo Guarascio, Chiara Noschese, Sergio Castellitto, Matteo Branciamore
Dopo un esordio già interessante e riuscito come I Predatori, Pietro Castellitto alza il tiro con Enea, opera ambiziosa e complessa che nel suo andamento frammentario e a volte criptico cela un raffinato intento demistificatorio.
La vita di Enea, ragazzo della Roma “bene”, sembra andare a gonfie vele: gestisce un ristorante di sushi, gioca a tennis in un circolo rinomato, è parte integrante della “movida” più esclusiva e perdipiù, insieme al fraterno amico Valentino, ha in piedi un’attività di traffico e spaccio di cocaina; quando però un affare non va per il verso giusto i due entrano nel mirino di pericolosi criminali e sembrano chiusi all’angolo; sarà l’amore per la sua ragazza Eva a far pensare ad Enea di potersela cavare anche questa volta.
Cinico e sognatore, nichilista e romantico, benestante e malavitoso, strafottente e generoso, Enea è un giovane uomo che cerca quel centro di gravità permanente al quale in fondo tutti aspiriamo: ma andare avanti come bulldozer in virtù della ricchezza, sentire di dover vincere a tutti i costi per non avere rimpianti, farsi sempre scivolare tutto addosso, non sono forse forme di violenza in primis contro sé stessi? E cosa fare per allontanare quel male di vivere che tanti di noi tentano di tenere a bada con sostanze stupefacenti – non a caso Enea smette di “pippare” quando sostituisce l’euforia artificiale con quella tangibile dell’amore per Eva – la bella e brava Benedetta Porcaroli -, in una simbolica unione tra il primo uomo della città e la prima donna dell’umanità… – farmaci, psicologi incapaci di capire la realtà che mentono per primi a loro stessi sfogando poi la rabbia repressa lontano da occhi indiscreti?
Fare i conti con queste domande significa cogliere il vero nervo scoperto del nostro presente; e (ri)pensare alle madri, alla perpetuazione di sé attraverso i figli, all’avere accanto qualcuno su cui poter contare soprattutto nelle ore buie del crepuscolo e della solitudine è forse l’ultima eresia, tanto che Castellitto, nell’ottica di quel vitalismo tanto inseguito e non più rintracciabile in uno status quo conformista e deprimente spacciato per progresso, lascia che sia Giordano, un padre putativo che è anche un gangster (interpretato dallo splendido Adamo Dionisi), a pronunciare queste riflessioni.

Enea, date queste premesse, è dunque una bestemmia contro il mondo attuale (dove si perpetua il bene per comandare, e quindi per ridurre le persone a zombi, come dice Castellitto rifacendosi forse al saggio L’Impero Del Bene dello scrittore francese Philippe Muray), il suo perbenismo, la sua retorica, le sue aporie che investono ogni ambito, dalla scuola (dove i voti buoni sono la droga che danno per non far formare un’opinione), ai media (pieni di puttane), al concetto di famiglia (che lungi dall’essere mera unione sulla carta deve avere dentro di sé progettualità, e strutturarsi magari anche in “clan” nel senso di una coesione comunitaria capace di spostare le montagne), è un film che costantemente contraddice e rimodula le proprie asserzioni in una sorta di dialettica interna di stampo hegeliano, è la tentazione di distruggere tutto con un gesto eclatante (si veda l’ultimo volo di Valentino, chiaramente ispirato ad un evento epocale ma connotato di un’aura quasi “dannunziana”) ma poi allo stesso tempo di conservare determinati valori come un punto di riferimento nel caos, è il “metaverso” nel quale Pietro Castellitto, in quanto stavolta persona reale, si diverte a “reinterpretare” se stesso e la sua famiglia (che nel film praticamente coincide con quella autentica, visto che oltre a lui sono presenti il padre Sergio e il fratello Cesare mentre la madre Margaret Mazzantini ha declinato l’invito, sostituita con ottimi risultati da Chiara Noschese), ironizzando sull’etichetta di figlio di papà che fatalmente si ritrova appiccicata addosso (come a dire: sì lo sono, ma ho anche talento e ve lo dimostro), è forse anche un trip lisergico come il finale surreale, sospeso tra una dimensione fantastica e una tragica, potrebbe suggerire; ma soprattutto è un’opera che, nel suo farsi beffe di tutto e di tutti (e in primis di se stessa, verrebbe da dire) frullando suggestioni cinefile, cronachistiche, letterario-filosofiche, musicali e chi più ne ha più ne metta (si va dalla combo in “salsa” romana La Grande Bellezza/Romanzo Criminale-Suburra alle limousine della triade Carax/De Lillo/Cronenberg, passando per l’11 settembre e l’omicidio della contessa Alberica Filo della Torre all’Olgiata, per giungere sino al René Guénon della Crisi Del Mondo Moderno e al Friedrich Nietzsche della dicotomia tra potere e potenza, mentre si cantano a squarciagola Spiagge di Renato Zero e Maledetta Primavera di Loretta Goggi e si degustano “percorsi dello chef” in locali stellati…) con un piglio politicamente scorretto quantomai salutare (ci sono alcuni momenti ironici assolutamente folgoranti: vi assicuro che non ordinerete più del salmone al ristorante con tanta leggerezza…), cova dentro di sé un’amarezza profonda travestita da felicità posticcia e smaschera, proprio attraverso questa “artificiosità” nella quale immerge i suoi personaggi – che è poi in realtà quella “gabbia dorata” in luogo della libertà alla quale fa riferimento Aldous Huxley in una sua celebre massima -, la natura intrinsecamente destabilizzante, oppressiva e vuota di senso del paradigma postmoderno-liberista, sia a livello sociale che nella forma artistica.
Enea – pellicola sghemba e poco immediata ma con un’anima sincera e viscerale -, è portatrice, come poche altre nel panorama odierno (italiano e non), di uno sguardo estremamente personale, colto e non conforme sulla contemporaneità.