Due anni fa, ti avevo presentato un romanzo che mi aveva profondamente impressionato: "L'Ultimo Sonno" di Federica Bertellotti, autrice già nota nel panorama del cinema indipendente italiano. All'epoca, chiusi l'articolo con l'auspicio che il sogno di Federica potesse realizzarsi: vedere la sua opera letteraria prendere vita sul grande schermo.
Oggi, con grande piacere, posso annunciare che quel desiderio si è concretizzato. "L'Ultimo Sonno" è diventato un cortometraggio della durata di quindici minuti, un progetto ambizioso che ha trasformato le parole stampate in immagini in movimento.
Nel corso di questo articolo, avremo il privilegio di esplorare il processo creativo che ha portato alla realizzazione di questa opera cinematografica, raccontato direttamente dall'autrice stessa. Un viaggio affascinante che ci porterà dietro le quinte di una produzione indipendente.
Quando decisi di realizzare questo cortometraggio, sapevo che sarebbe stato impegnativo: stavo per affrontare l’impervia scalata di un monte Everest fatto di trasferte, notti insonni e giornate passate a sfogliare maniacalmente il piano di lavoro, per non trascurare neanche il più piccolo dettaglio. Durante questa fase di preproduzione, durata circa sei mesi, ci sono stati giorni in cui la sveglia suonava alle 4:30 perché dovevo guidare dalla Toscana fino a Roma.
Gli attori provenivano tutti da fuori regione e per organizzare le prove utilizzavamo spesso le videochiamate. Nel cortometraggio è presente anche una scena di ballo, per la quale le videochiamate non erano sufficienti: acquistai quindi i biglietti del treno per gli attori e organizzai una lezione privata con una maestra di valzer ottocentesco, che preparò una coreografia specifica per i due protagonisti, sulla quale si esercitarono fino all’inizio delle riprese.
Per quanto riguarda le location, abbiamo avuto la fortuna di scoprire lo splendido palazzo della famiglia Viti a Volterra che, per una straordinaria coincidenza, risale proprio all’epoca in cui è ambientato il romanzo. L’edificio, costruito due secoli prima, è stato conservato in ogni dettaglio come appariva nel 1800.
La ricostruzione di uno scorcio della Londra vittoriana è stata invece affidata agli effetti speciali di Armando Marchetti.
Abbiamo cercato di combinare strategicamente i mezzi a nostra disposizione con gli effetti che il cinema può creare.
Il cortometraggio presenta tre momenti chiave del romanzo: il prologo, una parte centrale che funge da perno narrativo e uno spiraglio sul finale, senza rivelare completamente l’epilogo. Il nostro obiettivo era mantenere intatta l’essenza del libro, condensandola in quindici minuti di film che stimolassero nello spettatore il desiderio di approfondire la storia. In effetti, notiamo spesso che il pubblico vuole saperne di più e si incuriosisce sugli eventi che hanno portato all’intreccio iniziale.
Questo riscontro è molto positivo per me, sia come scrittrice sia per la possibilità di attirare l’attenzione di una produzione più grande che possa investire in un lungometraggio.
La storia affronta temi ancora profondamente attuali, come l’emarginazione e l’ostracismo, presentando la tematica dell’omosessualità nella rigida società vittoriana. Una società caratterizzata da progressi ma anche da pregiudizi e orrori, come i manicomi e il trattamento disumano riservato ai pazienti psichiatrici – aspetti denunciati nel cortometraggio e approfonditi nel romanzo.
Ho voluto superare la lucida superficie dell’epoca vittoriana radicata nel nostro immaginario, affrontando queste tematiche attraverso una delle mie metafore preferite: i mostri. In questo caso, i vampiri. Il vampiro è il mostro vittoriano per eccellenza, grazie anche ad autori come Stoker e Polidori, che ne hanno creato versioni celebri destinate all’immortalità.
In questa storia, pur mantenendo la sua natura orrorifica, il vampiro si confronta con altre forme di mostruosità profondamente “umane”: la mostruosità dell’ostracismo, dell’omologazione e di una famiglia che emargina il giovane protagonista a causa della sua natura e del suo animo poetico.
Federica Bertellotti
Ho avuto il privilegio di vedere in anteprima il cortometraggio e non posso che concludere sostenendo che il cinema oggi ha bisogno più che mai di produzioni di valore come questa, che uniscono idee significative, messaggi importanti e competenza tecnica. Mi auguro che il prossimo passo sia la realizzazione del lungometraggio.