FEBBRE DA CAVALLO
FEBBRE DA CAVALLO
GENERE: commedia, commedia all’italiana
ANNO: 1976
PAESE: Italia
DURATA: 100 minuti
Regia di:
Cast principale:
Ci sono delle sceneggiature che girano per anni tra produttori e registi, vengono rifiutate, rimaneggiate, e poi magari per qualche circostanza fortuita arrivano nelle mani giuste: così si può riassumere la storia di Febbre Da Cavallo...
Bruno “Mandrake”, Armando “Er Pomata” e Felice sono tre amici fanatici delle scommesse sulle corse dei cavalli; essendo degli spiantati cronici sono costretti a barcamenarsi fra lavoretti a giornata e piccole truffe per racimolare i soldi necessari a portare avanti il loro vizio; Gabriella, la fidanzata di Bruno, ormai stufa di mantenerlo ma nonostante tutto desiderosa di sposarlo, si rivolge ad una cartomante, la quale le indica una tris improbabile (Soldatino, King e D’Artagnan); la donna consegna al fidanzato una somma per effettuare la giocata, ma lui, già riluttante e poi convinto definitivamente dagli amici, la dirotta sui favoriti della corsa; incredibilmente però accade il patatrac: i tre brocchi fanno saltare il banco, Gabriella crede così di essere diventata milionaria e Bruno e gli altri, per uscire dalla situazione nella quale si sono cacciati, escogitano un ambizioso stratagemma…
Ci sono delle sceneggiature che girano per anni tra produttori e registi, vengono rifiutate, rimaneggiate, e poi magari per qualche circostanza fortuita arrivano nelle mani giuste: così si può riassumere la storia di Febbre Da Cavallo…
Dicevamo delle mani, e in questo caso stiamo parlando di quelle di Steno, uno dei sublimi artigiani che hanno fatto grande il nostro cinema nel dopoguerra; il quale, visto che lo script finale era stato riadattato come commedia brillante, si convince infine a girarla sottraendola a Nanni Loy, regista già designato dal produttore Roberto Infascelli; per dare l’ultima sistemata al tutto chiama un professionista di vaglia come Alfredo Giannetti e si appoggia ai consigli del figlio Enrico, frequentatore degli ippodromi in gioventù.
Febbre Da Cavallo è un film certo leggero ma esemplare per ritmo e tempi comici, con una colonna sonora-killer (composta da Fabio Frizzi, Franco Bixio e Vince Tempera scimmiottando l’incedere dei quadrupedi al trotto); soprattutto, è uno di quei film dei quali tutti ricordano le battute a memoria e i cui personaggi sono entrati di diritto nell’immaginario collettivo: ci sarà un motivo se,
pensando ad un gigante come Gigi Proietti (al quale voglio dedicare questa recensione) nell’imminenza della sua scomparsa, la mente sia subito volata al mitico Mandrake dal “sorriso magico”?
Ma qui c’è il fior fiore dei caratteristi di quegli anni, da Enrico Montesano a Mario Carotenuto, da Gigi Ballista a Marina Confalone, da Ennio Antonelli al povero Francesco De Rosa (morto prematuramente suicida), per non parlare di Catherine Spaak e Adolfo Celi: e davvero viene da chiedersi come mai non riusciamo più neanche lontanamente ad esprimere talenti di quel genere…
Uscito piuttosto in sordina e presto dimenticato, Febbre Da Cavallo è stato riscoperto quando le tv private alla fine degli anni ottanta hanno cominciato a programmarlo assiduamente; divenuto così un film amatissimo sopratutto in ambito romano, vista l’ambientazione e la caratterizzazione dei personaggi, si è poi progressivamente imposto all’attenzione generale, sino ad assumere lo status di cult indiscusso della commedia all’italiana; tanto che, nel 2002, i figli di Steno, Carlo ed Enrico Vanzina, hanno deciso di omaggiarlo girandone un sequel – va detto subito, nettamente inferiore all’originale – intitolato (e non poteva essere altrimenti…) La Mandrakata, che ha visto il ritorno di Gigi Proietti nel ruolo di protagonista e quello di Enrico Montesano in un cameo.
Febbre Da Cavallo è uno di quei film che è bello sapere di avere lì da qualche parte quando hai voglia di lasciare il mondo fuori dalla porta per un paio d’ore e ritrovarti a fantasticare di passare a fare la spesa dal macellaio Manzotin, e poi bere un “Whisky maschio senza raschio” cor Pomata che ti dà una dritta per Tor Di Valle, mentre il Giudice ti spiega con fare austero di chi è figlio
Piripicchio (di Uragano e Apocalisse, naturalmente…); con la consapevolezza, però, che qualunque cosa tu possa dire, sarà sempre
“La più grossa stronzata mai sentita da quando l’omo inventò er cavallo!”