A SNAKE OF JUNE

GENERE: drammatico, erotico, thriller
ANNO: 2002
PAESE: Giappone
DURATA: 77 minuti
REGIA: Shin’ya Tsukamoto
CAST: Shin’ya Tsukamoto, Asuka Kurosawa, Yuji Koutari, Tomoro Taguchi, Susumu Terajima
A Snake of June è un'opera ipnotica e disturbante diretta da Shin'ya Tsukamoto che parla di sessualità repressa, voyeurismo e liberazione personale attraverso un filtro blu-acciaio di pioggia monsonica incessante. Il film, ambientato in una Tokyo claustrofobica, intreccia erotismo e inquietudine in un crescendo di tensione psicologica che lascia lo spettatore contemporaneamente affascinato e turbato.
“A Snake of June” (Rokugatsu no Hebi, 2002) si riconosce immediatamente per la sua distintiva tonalità blu-metallica che permea ogni fotogramma. Girato in un suggestivo bianco e nero virato al blu cobalto, il film trasporta lo spettatore in un Giappone umido e soffocante, dove la pioggia monsonica di giugno cade incessantemente, trasformando Tokyo in un labirinto acquatico di desideri repressi e pulsioni sessuali nascoste.
Al centro della narrazione troviamo Rinko (interpretata dalla magnetica Asuka Kurosawa), una consulente telefonica per un servizio di sostegno a persone con tendenze suicide, intrappolata in un matrimonio clinicamente sterile con Shigehiko (Yuji Kotari), un uomo ossessionato compulsivamente dalla pulizia e incapace di una qualsiasi connessione emotiva. La loro esistenza parallela ma distante viene sconvolta dall’arrivo di un misterioso fotografo e voyeur, interpretato dallo stesso Tsukamoto, che ricatta Rinko con fotografie che la ritraggono mentre si concede a momenti di piacere solitario.
Ciò che rende il film così peculiare e potente è il modo in cui Tsukamoto manipola questa premessa potenzialmente sordida, trasformandola in una meditazione visivamente ipnotica sul risveglio sessuale e l’auto-accettazione. Non siamo semplicemente di fronte a una storia di voyeurismo predatorio, ma a un complesso triangolo psicologico dove ogni personaggio diventa sia osservatore che osservato, sia manipolatore che manipolato.
Tsukamoto, già noto per la sua trilogia “Tetsuo” dove il corpo umano si fonde con il metallo, mantiene qui la sua ossessione per la metamorfosi corporea, sebbene in una chiave più sottile e psicologica. La cinepresa aderisce alla pelle dei protagonisti come una seconda epidermide, frammenta i corpi in dettagli anatomici, trasformando la carne in paesaggio e il desiderio in architettura urbana.
La fotografia claustrofobica, sempre a cura dello stesso Tsukamoto, con i suoi primi piani estremi e le sue composizioni asimmetriche, crea un senso di intimità forzata che rispecchia il crescente disagio psicologico dei personaggi. La pioggia diventa una presenza quasi tangibile, un personaggio a sé stante che penetra ogni spazio – fisico e psichico – del film, simboleggiando tanto la fertilità quanto il disfacimento, la purificazione quanto la contaminazione.
La struttura narrativa tripartita del film, che alterna le prospettive dei tre protagonisti, crea un effetto caleidoscopico dove realtà e fantasia, ricatto e liberazione, voyeurismo e esibizionismo si confondono in un gioco di specchi infinito. Ogni segmento rivela nuovi strati di complessità psicologica e morale, costringendo lo spettatore a riconsiderare continuamente le proprie interpretazioni.

“A Snake of June” si inserisce perfettamente nel contesto più ampio della filmografia di Tsukamoto, continuando la sua esplorazione del corpo come campo di battaglia tra natura e tecnologia, tra istinto e controllo sociale. Il regista giapponese, qui in una delle sue opere più mature e controllate, utilizza l’erotismo non come fine ma come mezzo per esplorare questioni esistenziali più profonde.
La sessualità di Rinko, inizialmente repressa e poi progressivamente liberata attraverso le “prove” imposte dal ricattatore, diventa metafora di un più ampio percorso di auto-accettazione. Il vibratore che il voyeur la obbliga ad acquistare non è solo un oggetto di piacere fisico, ma un catalizzatore di trasformazione interiore, un “corpo estraneo” che innesca una reazione a catena di liberazione psichica.
Particolarmente interessante è la rappresentazione del marito Shigehiko, la cui ossessione patologica per la pulizia rappresenta il tentativo disperato di controllare un mondo che percepisce come caotico e minaccioso. La sua incapacità di connessione emotiva ed erotica con la moglie rispecchia una più ampia disconnessione dell’individuo contemporaneo dal proprio corpo e dai propri desideri.
Il tema del cancro, introdotto nella parte finale del film, aggiunge un ulteriore livello di complessità a questa meditazione sul corpo. La malattia diventa paradossalmente un percorso di accettazione della propria materialità, un memento mori che spinge i personaggi verso una più autentica connessione con la propria esistenza corporea.
Premiato con il Leone d’Argento alla Mostra del Cinema di Venezia del 2002, “A Snake of June” rappresenta uno dei momenti più alti della carriera di Tsukamoto e un punto di riferimento imprescindibile per il cinema erotico d’autore. L’opera spicca per la sua capacità di trascendere le convenzioni del genere, offrendo un’esperienza visiva e psicologica che sfida lo spettatore a confrontarsi con i propri pregiudizi e desideri.
La brevità del film (appena 77 minuti) ne aumenta l’intensità, creando un’esperienza concentrata e quasi febbrile che rispecchia l’umidità opprimente dell’ambientazione. Ogni inquadratura appare calibrata al millimetro, ogni suono (dai tuoni alle gocce di pioggia fino ai gemiti di piacere) contribuisce a creare un paesaggio sonoro immersivo che integra perfettamente l’estetica visiva.
A distanza di oltre vent’anni dalla sua uscita, Rokugatsu no Hebi mantiene intatta la sua capacità di disturbare e affascinare, di far riflettere sul complesso intreccio tra sessualità, identità e potere. In un’epoca di sovraesposizione dell’immagine erotica, l’approccio metaforico di Tsukamoto offre un antidoto alla banalizzazione del desiderio, restituendogli la sua dimensione misteriosa e trasformativa.
Per gli amanti del cinema giapponese contemporaneo, per gli appassionati di opere dal grande valore psicologico e per chiunque sia interessato a un’esplorazione non convenzionale della sessualità, “A Snake of June” rappresenta un’esperienza cinematografica imprescindibile, un viaggio nella pioggia blu dell’inconscio che non si dimentica facilmente.