RABBIA FURIOSA - ER CANARO
GENERE: thriller, drammatico, horror
ANNO: 2018
PAESE: Italia
DURATA: 116 minuti
REGIA: Sergio Stivaletti
CAST: Riccardo De Filippis, Marco Felli, Gianni Franco, Eleonora Gentileschi, Romuald Andrzej Klos, Giovanni Lombardo Radice, Romina Mondello
Er Canaro. Siamo a Roma nel quartiere del Mandrione: Fabio ha appena finito di scontare otto mesi di carcere al posto del suo amico Claudio, ex pugile ed ora piccolo malavitoso; l'uomo non desidera altro che tornare a lavorare nel suo negozio di toelettatura per gli amati cani (rimessogli a posto da Claudio in segno di apparente riconoscenza) e ricominciare così una vita serena insieme alla famiglia.
Le cose però sono destinate lentamente a degenerare: Claudio e i suoi scagnozzi, decisi a egemonizzare la zona e invischiati nei combattimenti clandestini tra cani, diventano sempre più prepotenti e il mite Fabio – sospettato a un certo punto di essere un informatore della polizia – è
costretto a subire un crescendo di umiliazioni che culminano con lo sfregio della violenza nei confronti della moglie sotto i suoi occhi e quelli della figlia adolescente; è la goccia che fa traboccare il vaso, così Fabio comincia a progettare una terribile vendetta…
Per la sua terza regia dopo M.D.C. – Maschera Di Cera del 1997 (progetto che notoriamente doveva vedere riunita, dopo anni di incomprensioni, l’accoppiata di mostri sacri del thriller-horror Argento- Fulci – il primo in veste di produttore, il secondo in quelle di regista – , e poi passato di mano per la scomparsa di Lucio in prossimità dell’inizio delle riprese) e I Tre Volti Del Terrore del 2004, Sergio Stivaletti riesce finalmente a dare forma ad un’idea accarezzata da anni, ossia una personale rilettura della famosa vicenda del cosiddetto “Canaro” della Magliana; ironia della sorte, nello stesso periodo anche Matteo Garrone (col quale peraltro Stivaletti aveva lavorato ne l’Imbalsamatore, altra notevole pellicola che rimandava ad un torbido episodio della “nera” romana… Corsi e ricorsi tipici del cinema) esce con un film (il pregevole Dogman) ispirato al medesimo fatto di cronaca, mettendo così fatalmente in ombra questo Rabbia Furiosa; e se non ha molto senso fare confronti tra due produzioni inevitabilmente diverse per budget e visione autoriale, bisogna però dare a Stivaletti ciò che è di Stivaletti ribadendo la forza di un cinema di genere che trasuda passione ed onestà ed è per questo così amato da una nutrita schiera di appassionati.
Qui la storia viene riportata nella sua ambientazione autentica, ossia in quelle borgate che stanno a metà tra Pasolini e Romanzo Criminale (non a caso come protagonista viene scritturato il bravo Riccardo De Filippis, lo “Scrocchiazeppi” della serie tv cult, affiancandogli una Romina Mondello sempre affascinante e misurata), dove cane mangia cane (metafora sin troppo ovvia e ribadita con la forza e la sgradevolezza necessarie lungo tutta la pellicola – lo stesso antagonista Claudio, interpretato da Virgilio Olivari, si muove costantemente come un animale idrofobo… – ) ed è un attimo a trovarsi preda degli istinti più brutali; d’altronde già dalla locandina Stivaletti lancia una precisa dichiarazione d’intenti: non ho paura di “sporcarmi le mani”, di andare sino in fondo, e puntualmente mantiene ciò che ha promesso.
L’orrore e l’abbruttimento del quotidiano, dunque, il degrado paesaggistico che va di pari passo con quello morale, la violenza catartica come unico rifugio (anche se a un certo punto il film suggerisce che Fabio possa aver contratto la “rabbia” che lo farà “sbroccare” attraverso uno strumento usato nel suo lavoro): ecco allora – in sequenze girate con buona “mano” e senza lesinare particolari macabri – le carcasse smembrate e date alle fiamme, i pestaggi e le esecuzioni brutali, la sopraffazione fisica che va a braccetto con quella psicologica, e poi la resa dei conti allucinata e delirante (presa pari pari dai verbali di interrogatorio dell’omicida imbottito di droga e di odio – va detto, successivamente smentiti dalle perizie – ) che rappresenta uno dei picchi splatter più impressionanti degli ultimi anni, oltre a sublimare l’arte di un Maestro degli effetti speciali riconosciuto in tutto il mondo (non si fa fatica a presumere che Stivaletti abbia concepito il film in funzione di quei dieci minuti lì…); ma c’è anche un inaspettato finale che chiude il cerchio quasi in maniera poetica, lasciando spazio ad un barlume di speranza.
In definitiva questo noir, proprio nel suo essere imperfetto, diseguale (sfiorando le due ore probabilmente necessitava di qualche “alleggerimento” qua e là, ma anche questa ridondanza è segno di un’opera “sentita”), pieno di situazioni e personaggi sopra le righe (tra gli attori riconosciamo anche nomi storici del cinema-bis come Giovanni Lombardo Radice, Ottaviano Dell’Acqua e Antonio Tentori, il quale oltre a concedersi un cameo dà una mano in fase di sceneggiatura insieme ad Antonio Lusci), sprigiona quel fascino delle pellicole “settantiane” che ormai solo in pochi sono rimasti capaci di catturare e riproporre.