L'ULTIMA NOTTE DI AMORE
GENERE: thriller, noir
ANNO: 2023
PAESE: Italia
DURATA: 120 minuti
REGIA: Andrea Di Stefano
CAST: Pierfrancesco Favino, Linda Caridi, Antonio Gerardi, Francesco Di Leva, Martin Francisco Montero Baez
Da Di Leo a Di Stefano, Milano (senza milanesi...) odia ma Amore non vuole sparare, cosa rimarrà dopo questo viaggio al termine della notte? Eccolo il noir esplosivo che riporta in serie A il nostro cinema di genere!
Franco Amore rincasa per cena e scopre che la moglie Viviana gli ha organizzato una festa a sorpresa: sta infatti per andare in pensione dopo trentacinque anni di onorato servizio in polizia. Imbarazzato e commosso, l’uomo comincia a salutare gli ospiti, ma ben presto una telefonata del suo capo lo riporta alla dura realtà: è accaduto un grosso fatto di sangue sulla tangenziale, e per terra è rimasto, oltre a due cinesi e a due carabinieri, anche Dino, suo collega e migliore amico: cosa ci faceva lì?
Sarà lunghissima l’ultima notte di Franco Amore…
Per la sua terza fatica dietro la macchina da presa l’attore e regista romano Andrea Di Stefano – dopo due opere interessanti e di taglio internazionale come Escobar del 2014 con Benicio Del Toro e The Informer del 2019 con Rosamund Pike, Clive Owen e Ana De Armas -, torna nel suo Paese con un poliziesco-noir metropolitano del quale realizza personalmente anche la sceneggiatura. Di Stefano opta per la precisa scelta stilistica di girare in pellicola e questo aspetto viene subito esaltato dalla panoramica alla Michael Mann (realizzata con l’elicottero) di una Milano notturna tentacolare (fotografata in maniera stupenda da Guido Michelotti) con la quale si apre il film, un lungo piano sequenza magnetico che va a terminare all’interno di un appartamento brulicante di persone: già da questo pezzo di grande cinema capiamo che si sta facendo sul serio.
Va subito precisato, però, che L’Ultima Notte Di Amore non guarda a modelli stranieri ma semmai, attualizzandola, alla lezione di Fernando Di Leo (anche qui troviamo “diamanti sporchi di sangue” e “poliziotti marci”), condendo il tutto con delle musiche piacevolmente “gobliniane”: la città di Giorgio Scerbanenco è sempre popolata dai vecchi emigrati meridionali (calabresi, nella fattispecie) che pattugliano le strade in divisa o appartengono ad un “mondo di mezzo” di affari non sempre puliti, ma sono i nuovi emigrati dagli occhi a mandorla ad avere ormai in mano il grosso dei “traffici”…
E qui si notano alcune finezze di scrittura nel tratteggiare delle dinamiche ben precise e realistiche, quando vediamo ad esempio il cugino della moglie del protagonista (interpretato da un ottimo caratterista come Antonio Gerardi) che vende un orologio da svariate migliaia di euro ad un campioncino del Milan “per fare colpo su Ibra nello spogliatoio”, o veniamo introdotti nel
superattico dal quale il boss cinese sembra dominare tutta la capitale meneghina. Franco Amore (Pierfrancesco Favino, forse attualmente l’attore italiano più completo, il quale sfoggia come di consueto un mimetismo linguistico degno di un Volontè) è un po’ un nomen omen, nel senso di una coerenza verso i propri princìpi non sempre facile da perseguire (è lo sbirro che non ha mai sparato un colpo in trentacinque anni: ma attenzione, non tutti pensano sia un merito…) e di un attaccamento sincero ai propri affetti (per i quali ha sostanzialmente rinunciato alla carriera, portandosi dietro la “zavorra” di certe parentele poco raccomandabili della sua dolce metà…); e poi c’è appunto questa moglie, petulante, vulcanica, volgarotta, la quale dopo dieci minuti risulta già piuttosto odiosa, e invece piano piano viene fuori rivelandosi “giocatrice” volitiva e pragmatica (che gran bel personaggio, e che brava Linda Caridi nell’interpretarlo!).
Eh sì, perchè questo è un film di una coerenza interna ferrea, che poggia su una regia solida ed ispirata e su un plot molto curato sia negli snodi narrativi che nelle psicologie dei personaggi, fatto di poche figure impegnate in una partita a scacchi tesa e serrata (a differenza, ad esempio, di un altro recente noir “milanese” come Appunti Su Un Venditore Di Donne, che nella prima ora filava alla grandissima sprecando poi il suo potenziale in troppi goffi sub-plot): l’ultima notte come unità di tempo e quasi di luogo (attraverso un corposo flashback che spiega come si è arrivati lì), l’azione e il sangue sapientemente dosati (la lunga sequenza clou, restituendo, grazie anche a scelte di montaggio inconsuete, un pathos che da “controllato” si fa sempre più ingestibile come in una pentola a pressione, è da manuale della supense), un tunnel maledetto e claustrofobico che rappresenta una sorta di buco nero a più livelli che inghiotte i destini e le anime di tutti i protagonisti, gli occhi di un adolescente che quasi di nascosto inquadrano, raccordano, colpiscono…
E un Amore amaro infine, nell’alba di una piazza Duomo deserta (siamo sempre al Di Leo Calibro 9), dove si tirano le somme di una vita un po’ così cercando le parole giuste che allontanino ancora per un attimo le ombre di un destino ineluttabile. Una bomba di film questo L’Ultima Notte Di Amore, che riconcilia con una certa idea di cinema di genere appartenuta al nostro glorioso passato ma evidentemente e auspicabilmente ancora possibile.