ARES
GENERE: horror, drammatico
ANNO: 2020
PAESE: Olanda
DURATA: 1 stagione – 8 episodi (in corso)
DA UN’IDEA DI: Pieter Kuijpers, Iris Otten
CAST: Robin Boissevain, Tobias Kersloot, Jade Olieberg, Lisa Smit
Ho iniziato questa serie olandese, Ares, incuriosito dai commenti letti nel web: serie horror violenta, immagini raccapriccianti e scene che ti fanno distogliere lo sguardo per la crudeltà espressa. Da amante dei prodotti horror, sopratutto estremo, non potevo esimermi dal guardarla. La prima stagione però non mi ha convinto. Vi spiego perchè.
Il primo quarto d’ora in effetti scorre via tra sangue e scene cruente catalizzando subito il mio interesse ma, le otto puntate, manterranno la stessa intensità?
La storia narra di Ares, una società segreta olandese, costituita dai ricchi e dai nobili del paese, fortemente legata al passato glorioso della nazione e, come ogni associazione del genere che si rispetti, è custode di demoniaci segreti. Rose Steenwijk (Jade Olieberg), giovane studentessa di medicina di origini modeste e molto ambiziosa, ne entra a far parte incuriosita dal suo amico Jacob Wessels (Tobias Kersloot) e dai suoi eccentrici compagni. Ma il suo ingresso come membro non è così fortuito come si potrebbe credere… che sia la predestinata per qualcosa di cui è all’oscuro?
Dare un giudizio su questo serial è davvero complesso: l’idea alla base è ottima ma presenta lacune difficili da digerire che la rendono molto “traballante” e incompiuta.
La caratterizzazione dei personaggi è quasi inesistente, non sappiamo nulla di loro e della loro storia al punto che l’immedesimazione in essi risulta impossibile. Restiamo quindi impassibili davanti agli eventi che li travolgono (non c’è morte che ci sconvolga o ci faccia sentire una mancanza).
I clichè e i luoghi comuni che intrecciano la trama sono forse troppi: la ragazza povera che vuole emergere a qualsiasi costo, lo scontro tra i ricchi predestinati e la nuova entrata, l’amico innamorato compiacente ma che si staglia poi a difesa della ragazza e così via.
I veri nei però consistono nel non aver mai chiaro dove ci vuole condurre la narrazione (ad oggi mi chiedo ancora chi sia il soggetto se Rose o il mistero che nasconde la setta) e nei tempi mal gestiti: troppo veloci nelle parti importanti e troppo prosaicamente dilatati in quelle inutili. Non reputo felice la scelta di sole otto puntate da trenta minuti circa, soprattutto alla luce di una sceneggiatura così confusa.
Il vero spunto interessante consiste nell’entità maligna che ha sede in Ares: un mostro, sempre celato ai nostri occhi, che si nutre dei sensi di colpa che attanagliano i protagonisti privandoli di ogni forma di empatia e di rimorso.
Nel complesso la serie, pur senza coinvolgere, si lascia guardare coadiuvata da una fotografia sensazionale e da una cura delle immagini maniacale. I momenti horror/splatter non mancano ma non mi hanno impressionato pur apprezzando la drammaticità delle riprese.
Ad oggi non sappiamo ancora se una seconda stagione vedrà la luce anche se la climax dell’ultimo episodio (molto interessante) la lascia sottintendere. Se mai verrà girata potrebbe concedere un riscatto a questa serie che sarebbe potuta essere un fiore all’occhiello di Netflix ma che si è rivelata un minestrone di idee male organizzate.