MIDSOMMAR - Il villaggio dei dannati
MIDSOMMAR - Il villaggio dei dannati.
GENERE: horror, thriller, drammatico
ANNO: 2019
PAESE: USA
DURATA: 140 minuti
Regia di:
Cast principale:
Dopo la rivelazione Hereditary dell'anno scorso, Ari Aster torna con Midsommar e stupisce ancora.
Una specie di riepilogo illustrato del film fa da preludio al lungo incipit: la crisi di panico di Dani (una brava Florence Pugh) per i propositi di suicidio della sorella, l’insofferenza del fidanzato Christian nei suoi confronti, poi la tragedia, introdotta da un urlo disperato al telefono e visualizzata attraverso la camera che segue silenziosamente i vigili del fuoco dentro un’abitazione satura di gas alla scoperta dei cadaveri dei suoi familiari… Un crescendo di cinema straordinario e disturbante.
Poi lentamente si torna alla normalità: Pelle ha invitato Christian, Josh e Mark ad andare in Svezia nella comune dove è nato per assistere a un rito di mezza estate che si compie ogni novant’anni; i ragazzi studiano antropologia e questa per loro sarà l’occasione di documentarsi in vista della tesi. Christian non ha parlato a Dani del progetto e si capisce che forse l’avrebbe già scaricata se non fosse avvenuto quel fatto devastante; la cosa crea tensione ed imbarazzo tra i due, ma alla fine la ragazza decide di aggregarsi; sarà magari anche l’occasione per rivitalizzare il loro legame…
Da qui in poi la prospettiva si ribalta (Aster lo sottolinea proprio con un movimento di macchina): il paesaggio suggestivo (filmato in Ungheria), la comunità di Harga con le sue regole ancestrali, i simboli runici, è un tuffo nell’ignoto e fuori dal tempo alla luce di un sole che non tramonta praticamente mai.
Il gruppo viene accolto con calore ma piano piano si comincia a percepire qualcosa di incombente e l’impatto con un contesto così particolare, amplificato dall’uso di sostanze psicotrope, non può che mettere a nudo le loro debolezze: il dolore e il senso di solitudine, la smania di esperienze sessuali, la competitività, i dissidi latenti, la curiosità morbosa, tutto concorre a spingere i protagonisti dentro una trappola che non riusciranno a decifrare, nonostante i vistosi segnali di allarme; si vanno così componendo i pezzi di un teatro allegorico dell’orrore dove ognuno avrà un ruolo prestabilito: Dani e Christian si ritroveranno di fronte in una sorta di resa dei conti metaforica (ma il finale resta ambiguo: sarà vera catarsi o solo stordimento e sottomissione a una nuova e più pericolosa “famiglia”?) mentre gli altri ragazzi, rivelatisi superficiali e irrispettosi, diverranno semplicemente carne da macello, in una dinamica tipica dello slasher (non a caso in una scena di omicidio vengono citati sia Halloween che Non Aprite Quella Porta).
Il punto di riferimento più importante rimane però il cult movie del 1973 The Wicker Man, ma si deve parlare di variazione sul tema piuttosto che di remake perchè questo è un lavoro decisamente caratterizzato dalla poetica e dalle ossessioni di Ari Aster (oltre che diverso in parecchi sviluppi narrativi): se nel film di Robin Hardy, infatti, era centrale lo scontro tra religione cristiana e culti pagani, qui il regista newyorkese, come già in Hereditary, fa un discorso legato alla famiglia disfunzionale, all’elaborazione del lutto, alle difficoltà nelle relazioni interpersonali, ma anche a una certa deriva nichilistica e relativistica contemporanea che rende molte persone vulnerabili e manipolabili (la setta di Hereditary e la comune di Midsommar sono due facce della stessa medaglia); la descrizione della gioventù statunitense, in questo senso, è abbastanza eloquente.
Scordatevi quindi porcherie tipo Il Prescelto (rifacimento ufficiale del 2006); questa è un’operazione autoriale accostabile semmai, ad esempio, al Suspiria di Luca Guadagnino, omaggio più dichiarato sin dal titolo ma altrettanto autonomo rispetto al modello originario (curioso notare come i due film, fatte salve le differenze concettuali, siano accomunati da un medesimo filo conduttore: una ragazza americana tormentata da questioni familiari che arriva in un ambiente europeo dominato da logiche esoteriche e viene messa alla prova sino ad un’investitura finale dove la danza ha un ruolo decisivo).
Midsommar è un film affascinante ed ispirato, lineare ma squarciato da momenti di pura tensione (e qualche concessione al raccapricciante), pieno di inquadrature curatissime e di grande impatto (fotografia ed effetti visivi di prim’ordine), con una predilezione per le geometrie e i piani sequenza già ammirata in Hereditary; qualcuno storcerà il naso per l’eccessiva lunghezza e per qualche tempo morto ma un’opera del genere non aveva certo bisogno di un ritmo da cinecomic… Insomma, se il buongiorno si vede dal mattino Ari Aster sarà un regista da tenere ben d’occhio nei prossimi anni!