Hideaki Anno, il creatore di Neon Genesis Evangelion, è spesso descritto come una figura enigmatica e tormentata, le cui esperienze personali hanno avuto un impatto indelebile sulla narrazione della serie. Capire Evangelion senza comprendere la sua storia significa perdere gran parte del significato che si cela dietro le tematiche psicologiche e filosofiche che permeano l'opera.
Anno è riuscito a trasporre il proprio vissuto, in particolare le sue battaglie con la depressione e il suo complesso rapporto con la cultura otaku, trasformando Evangelion in una vera e propria terapia personale.

Hideaki Anno e la cultura otaku
Negli anni ’80, Hideaki Anno era già una figura emergente nell’industria dell’animazione giapponese, grazie al suo lavoro su serie come Nausicaä della Valle del Vento e Gunbuster. Tuttavia, con il passare del tempo, egli iniziò a manifestare un malessere crescente nei confronti della cultura otaku, di cui lui stesso era parte. Questo movimento culturale (approfondisci qui), che si basa su un’intensa ossessione per l’animazione, i videogiochi e altri aspetti della cultura pop giapponese, viene spesso associata a un allontanamento dalla realtà sociale. Gli otaku tendono a rifugiarsi in mondi di fantasia per sfuggire alle pressioni e alle responsabilità del mondo esterno.
Anno si rese conto che la sua stessa immersione in questa cultura stava diventando distruttiva. Sebbene fosse parte integrante del movimento, sentiva che stava allontanandosi sempre di più dalla realtà e dalle relazioni umane autentiche. La sua insoddisfazione culminò in una crisi creativa e personale, che lo portò a un lungo periodo di depressione clinica e a un distacco sempre più marcato dal mondo.
La crisi di Anno e la condizione di hikikomori
Durante questo periodo, Anno divenne un hikikomori, un termine giapponese che descrive coloro che si ritirano dalla società e conducono una vita quasi completamente isolata. Gli hikikomori, spesso giovani uomini, si chiudono nelle loro stanze per anni, evitando ogni forma di interazione sociale. Questa condizione è legata a una profonda sensazione di alienazione e inadeguatezza nei confronti della società.
Anno descrisse questo periodo della sua vita come estremamente buio, segnato da un senso di vuoto esistenziale e da una profonda mancanza di motivazione. Sentiva di non riuscire a trovare uno scopo né nel lavoro né nelle relazioni interpersonali. Tuttavia, proprio durante questa crisi personale, nacque l’idea di Neon Genesis Evangelion che rappresentò un tentativo di dare forma al suo dolore e alla sua confusione interiore, un’opportunità per esplorare i suoi sentimenti più oscuri e trasformarli in arte.

Evangelion come terapia
Realizzare Neon Genesis Evangelion fu un vero e proprio processo terapeutico, un modo per affrontare la sua depressione e la sua condizione di estraniazione dal mondo. La serie divenne un mezzo per esplorare i temi dell’isolamento, della paura del rifiuto e della lotta per trovare un’identità. Shinji Ikari, il protagonista, può essere visto come l’alter ego del regista: un giovane insicuro, incapace di connettersi con gli altri e perennemente in cerca di approvazione. Come Shinji, Hideaki stava cercando una via d’uscita dal suo isolamento emotivo e sociale.
L’intero arco narrativo di Evangelion è costruito attorno al concetto di evasione e fuga dalla realtà, ma anche alla necessità di affrontare il dolore per guarire. Gli Angeli, che attaccano Tokyo-3, possono essere visti come rappresentazioni simboliche delle paure e delle ansie di Shinji (e quindi di Anno). Combattere contro di loro non è solo un modo per difendere l’umanità, ma anche una metafora del dover affrontare i propri demoni interiori.
Elemento cardine della serie è proprio la “teoria della fuga”, ovvero il tentativo di sfuggire al dolore e alla responsabilità. Ciò si riflette non solo in Shinji, ma in molti altri personaggi, come Asuka, Rei e Misato, ognuno dei quali ha un modo diverso di affrontare il proprio trauma e le proprie insicurezze. Anno stesso stava cercando di capire come potesse convivere con il suo dolore senza fuggirlo completamente, non a caso il giovane “Third Children” si ripete costantemente con rabbia e dolore di “non fuggire” quasi come un mantra.

Critica alla cultura otaku e il messaggio di Evangelion
In Neon Genesis Evangelion, Anno inserisce una personale e profonda critica alla cultura otaku. Molti fan inizialmente interpretavano la serie come un ordinario anime mecha avvincente e pieno di azione, ma furono spiazzati quando, nelle puntate finali, la trama virò verso un’introspezione psicologica ed esistenziale sempre più profonda. Invece di fornire semplicemente una narrativa di evasione e intrattenimento, Hideaki decostruì il genere stesso, spingendo lo spettatore a riflettere sulla propria realtà.
La critica divenne ancora più esplicita nel finale della serie e nel film The End of Evangelion. Il regista sembrava voler comunicare che l’eccessiva dipendenza dai mondi di fantasia, tipica degli otaku, non era una soluzione al dolore, ma una forma di negazione. Il messaggio centrale di Evangelion, alla fine, è che non si può fuggire dalle proprie emozioni e dai propri problemi: bisogna affrontarli, anche se ciò comporta dolore.
Il processo creativo di Evangelion fu quindi una sorta di catarsi, un modo per confrontarsi con la depressione e, in qualche modo, superarla. Come sottolineato in diverse interviste, tutto ciò gli permise di uscire dal suo stato di isolamento e di esprimere i suoi conflitti interiori e, sebbene non abbia risolto completamente i suoi problemi, rappresentò un passo importante verso la guarigione.
L’eredità di Anno e di Evangelion
NGE non solo ha trasformato il mondo degli anime, ma anche la vita del suo ideatore. È un’opera profondamente personale, in cui ogni elemento – dalla trama, ai personaggi, ai temi filosofici – è intrinsecamente legato al percorso di guarigione dell’autore e proprio questo ha reso la serie un classico senza tempo, capace di parlare a generazioni di spettatori che si riconoscono nelle lotte psicologiche dei personaggi.
Dopo la conclusione, Hideaki tornò a lavorare su altri progetti, anche se rimase per sempre legato alla sua opera più famosa. Neon Genesis Evangelion resta, ancora oggi, una delle rappresentazioni più autentiche e toccanti delle lotte interiori che molte persone affrontano, e continua a essere un faro per chi cerca di capire il proprio posto nel mondo.
