THE HEAD HUNTER
THE HEAD HUNTER
GENERE: fantasy, horror
ANNO: 2018
PAESE: USA
DURATA: 72 minuti
REGIA: Jordan Downey
CAST: Christopher Rygh, Cora Kaufman, Aisha Ricketts
Un solitario guerriero trascorre la sua vita cacciando creature mostruose e collezionandone sul muro di casa le teste recise. Ma il suo vero scopo è portare a casa la testa di colui che ha ucciso sua figlia. Si può riassumere brevemente così la trama di The Head Hunter di Jordan Downey, fantasy/horror lento, oscuro e medievale tanto particolare quanto interessante.
Se mi soffermassi a raccontarvi che il film dura 70 minuti (quasi come la puntata di una serie tv), che in scena si vede un solo attore, che i dialoghi non esistono e che il budget è stato palesemente basso, sicuramente non prenderete mai in considerazione la visione di quest’opera. Ma vado oltre queste banalità e vi spiego perché The Head Hunter è una chicca che dovete assolutamente vedere, almeno una volta, nella vostra vita.
In primis, siamo davanti al cinema in senso stretto, ovvero ad una storia raccontata con le immagini. Come anticipavo poco sopra i dialoghi (se si escludono i lamenti e le urla della seconda parte) sono inesistenti perché non servono, sono le immagini a parlare, a guidare la storia, a far sottintendere e a descrivere il contesto. In poco più di un’ora e con pochi soldi devi esser bravo a raccontare e questo Jordan Downey devo dire che ha centrato il segno: con poche inquadrature ci spiega sia che il mondo nel quale si svolge la narrazione è molto più vasto rispetto a ciò che vediamo sia quel che serve a descrivere il protagonista. Un corno suona, l’uomo accorre alle porte di un castello, riceve la taglia e va a caccia. Rientra a casa sempre malconcio con il suo trofeo che attacca alla parete e si cura con un intruglio magico.
Vi ricordo il basso budget quindi niente scontri epici e vanagloriosi, niente mazzate, le uccisioni avvengono sempre fuori campo. Per quanto il film sia quasi totalmente privo d’azione non abbassate la guardia, molte inquadrature, apparentemente inutili, saranno poi
fondamentali (l’intruglio dai magici poteri rigenerativi, il ragno schiacciato sul tavolo, solo per dirne un paio).
La cosa che ho amato di più in The Head Hunter è la fotografia: atmosfere cupe e buie, il volto disegnato dalla luce che filtra da una finestra rotta piuttosto che da una torcia portata in mano o dalle scintille prodotte dallo strofinio di due pietre e gli ampi paesaggi che interrompono la claustrofobica ambientazione donando una boccata d’ossigeno. La sequenza della caccia nella notte è un vero capolavoro e l’inseguimento nella grotta, con gli occhi bianchi del guerriero che fendono il buio, non ha prezzo.
Nessuna ricchezza e nessun sfarzo da fantasy ma tanta ansia e tensione da horror e soprattutto litri di fango, budella e sangue. Un film che definirei “metallaro”: bello, sporco e diretto come un graffiante e violento riff di chitarra death metal. Vi assicuro che sentirete la solitudine del Cacciatore di Teste impadronirsi di voi e scorrervi nelle vene.