MANTICORA

MANTÍCORA

Manticora i cinenauti recensioni film serie tv cinema

GENERE:        drammatico

ANNO:             2022

PAESE:            Spagna

DURATA:         115 minuti

REGIA:             Carlos Vermut

CAST:              Catalina Sopelana, Vicenta N’Dongo, Nacho Sánchez, Zoe Stein, Ignacio Ysasi

Chi disegna mostri deve guardarsi dal non diventare egli stesso un mostro... Al suo quarto lungometraggio Carlos Vermut porta a maturazione uno stile già molto peculiare e si conferma chirurgico narratore della crisi d'identità e delle atrocità striscianti del nostro presente; pellicola scomoda ed emotivamente intensa, Mantícora è la conferma di un autore da tenere in grande considerazione.

Siamo a Madrid: Julián è un talentuoso designer di videogiochi, specializzato nella creazione di bestie mutanti; ragazzo piuttosto schivo e solitario, sembra vivere prevalentemente in funzione del proprio lavoro. Un giorno nell’appartamento di fianco al suo si sprigiona un incendio e Julián interviene riuscendo a mettere in salvo Cristian, il figlio della vicina, rimasto da solo in casa; da quel momento in poi Julián comincia a soffrire di uno strano turbamento che si manifesta con attacchi di panico, impotenza, e poi con il sopraggiungere di un interesse sempre più anomalo nei confronti del bambino; l’incontro con Diana, una studentessa di storia dell’arte dal vissuto complicato, e la conseguente relazione che si instaura tra loro, sembrano poter placare questi rivolgimenti interiori, ma non tutto andrà per il verso giusto.

Non si può fare a meno di guardare con simpatia ed interesse ad un “nerd” come il quarantatreenne madrileno Carlos Vermut: fumettista, sceneggiatore, regista, assiduo frequentatore dei bar di quartiere dove si canta e si balla al ritmo del karaoke (da qui probabilmente viene lo scherzoso pseudonimo col quale ha sostituito il più serioso cognome López Del Rey), Vermut ha fuso nel suo cinema queste anime eterogenee concependo una sorta di realismo fantastico perturbante e a tratti bizzarro: lo vediamo con Diamond Flash, fantomatico supereroe che “aleggia” sopra una terribile vicenda di violenze e rapimenti, nella sua notevole omonima opera prima autoprodotta del 2011 (pellicola che ha già in nuce i semi di Mantícora), e poi nel bellissimo Magical Girl del 2014, dove dal costume di un personaggio “anime” si scoperchia un vaso di Pandora nel quale drammi privati e perversioni nascoste vanno a compenetrarsi con problematiche socio-economiche; quello di Vermut è uno stile fatto di intersezioni spesso casuali all’interno di una narrazione ellittica e colmo di simulacri (la morbosa sovrapposizione di reale e artificiale nella quale Julián “rielabora” le figure di Cristian e Diana in Mantícora arriva dopo la vertigine di vite e volti del precedente Quién Te Cantará, torbido melò-noir devoto alla triade Hitchcock-Bergman-Almodovar e condito di certi “umori” lynchiani coi quali il nostro “flirta” da sempre), in apparenza criptico ma caratterizzato da un’anima di fondo schiettamente popolare e politica, dove all’esplicitarsi dei fantasmi del nostro inconscio si abbina un ripiegare nel potere dell’immaginazione come unica via per fuggire da un contesto opprimente.

Manticora i cinenauti recensioni film serie tv cinema

Mantícora è insieme sintesi ed affinamento di tale poetica, un film maggiormente asciutto e rarefatto, con meno concessioni al lato pulp-weird o al barocco, capace per questo di introdurre temi scottanti con ammirevole sobrietà e rifuggendo dalla trappola del cercare a tutti i costi lo scandalo gratuito (da rimarcare in questo senso la classe, pari a quella del Todd Solondz di Happiness, con la quale Vermut gestisce un paio di sequenze molto controverse e potenzialmente “scivolosissime”); ecco allora il focalizzarsi su una contemporaneità dove gli individui sono ridotti a monadi senza legami e sottoposti ad un controllo non immediatamente percepibile ma capillare – si veda la “linea” aziendale nella quale rimane “incastrato” Julián… -, con in più l’atroce dilemma se dover seguire il dettato nietzschiano “diventa ciò che sei (o che credi di essere…)” – come un “sistema” tutto votato al soddisfacimento del desiderio e al superamento di ogni limite raccomanda – anche di fronte alla consapevolezza che l’eventuale passaggio dalla fantasia all’atto li porrebbe nella condizione di commettere gesti abnormi (domanda che si è posto anche Lars Von Trier in Nymphomaniac); da qui discende un ulteriore quesito sul virtuale: angolo privato nel quale dare sfogo, senza danneggiare nessuno, persino alle pulsioni più inconfessabili (e quindi paradossalmente anche portatore di una funzione “stabilizzatrice” e catartica) oppure, proprio in virtù della sua “amoralità”, pericoloso detonatore attraverso il quale questi istinti rischiano di dispiegarsi in tutta la loro carica distruttiva?

Julián e Diana si trovano auto-confinati dentro una zona “limbica” nella quale cercano di mettere al guinzaglio i propri demoni – la realtà fittizia onanistica per lui (ma crescere significa scoprire la finzione, come quando ci si rende conto dei trucchi del luna park…) e l’accudimento quasi ossessivo del padre malato per lei -; sono due soggetti i quali, ancora con Nietzsche, a forza di guardare in faccia i “mostri” (che non a caso, come dice Julián, in quanto immaginari sono facili da tratteggiare, a differenza delle persone in carne ed ossa…), hanno permesso che questi guardassero dentro di loro, sino a trasformarsi in creature “ibride” (volendo si può dunque scomodare anche il Cronenberg più teorico, ma anche uno straordinario film-videogioco come Elle di Paul Verhoeven) come la mitica Mantícora che dà il titolo alla pellicola (Julián confessa a Cristian che da piccolo voleva essere una tigre, ossia un predatore; e di fatto sta per diventarlo, ma quando vede che la preda innocente ha colto alla perfezione questa sua “essenza”, disegnandola, non può sostenerne lo sguardo…) e a dover quindi lottare per riappropriarsi della propria completa umanità, anche a costo di scelte radicali.

La loro unione, reciprocamente “compensatoria”, regge sino al prepotente riaffermarsi della durezza dell’esistenza (la morte del genitore e la scoperta del segreto di Julián) per poi ricomporsi, dopo la deflagrazione, in una dinamica circolare che assume aspetti sottilmente sadomasochistici – l’agghiacciante finale, perfettamente coerente con tutto ciò che è accaduto in precedenza, può evocare un film “maledetto” e con qualche punto di contatto come Tras El Cristal di Agustí Villaronga -.

Vermut alterna long take e inquadrature fisse di grande cura formale ed immerge i suoi bravissimi interpreti (un Nacho Sánchez dallo sguardo profondo e perso allo stesso tempo ed una Zoe Stein enigmatica) in una penombra che è quella delle loro anime (Mantícora è, per usare una metafora freudiana, un film di stanze buie ed occulte; definizione, peraltro, che ben si attaglia a tutta la produzione del regista) – grazie alla magnifica fotografia di Alana Mejía Gonzáles che privilegia una “palette” cromatica dai toni freddi e vagamente lugubri -, servendosi di simbolismi più o meno scoperti (ad esempio la serie di inquietanti Pitture Nere di Francisco Goya, in particolare quella di Saturno che divora i suoi figli); realizza così un’opera magnifica e disturbante (è ovviamente difficile non prendere istintivamente le distanze da un personaggio come Julián, ma è altrettanto difficile non immedesimarsi anche per un solo momento nella sua condizione, e questa apparente ambiguità risulta al contrario una forza intrinseca della pellicola), nella quale, contando sull’assoluto nitore stilistico e su una sceneggiatura a prova di bomba, scava nei meandri dell’orrore ma anche della tenerezza, mettendo a nudo la condizione di isolamento e di anomia nella quale si trova l’essere umano dei nostri giorni, e si conferma come una delle voci più originali dell’attuale cinematografia europea.

Anton Chigurh

Mi chiamo Mattia, alias Anton Chigurh, classe 1975, ho fatto studi classici e sono orgogliosamente spezzino; cosa chiedo ad un film o ad una serie tv? Di farmi riflettere, di inquietarmi, di lasciarmi a bocca aperta, di divertirmi... Per sapere dove trovo tutto questo, leggete le mie recensioni su I Cinenauti!