THE LIFE AND DEATH OF A PORNO GANG
GENERE: horror
ANNO: 2009
PAESE: Serbia
DURATA: 100 minuti
REGIA: Mladen Djordjevic
CAST: Mihajlo Z. Jovanovic, Ana Acimovic, Predrag Damnjanovic, Radivoj Knezevic, Srdjan Jovanovic
Ancora un “Serbian film”, prima di A Serbian Film: eh sì, perchè questo The Life And Death Of A Porno Gang precede di un anno il famoso (e famigerato...) lavoro di Spasojevic, ma soprattutto non ha nulla da invidiargli in quanto ad efferatezze, anzi...
Marko è un ragazzo appartenente ad una famiglia alto-borghese di Belgrado; studente di cinema, sogna di fare il regista, ma non riesce a trovare finanziamenti per sviluppare i propri progetti (nemmeno i genitori lo assecondano, preferendo per lui una carriera più sicura); in mancanza di meglio, inizia a lavorare con Cane, un regista di film pornografici che punta a conquistare il mercato europeo; Marko però ha una concezione del mestiere più elevata e si trova a disagio nella squallida routine dei set hard: decide così, mettendo a frutto una somma prestatagli da Cane e “rubandogli” gli attori, di dare vita ad uno spettacolo itinerante che metta in scena il sesso in maniera creativa e “politica”.
La cosa inizialmente riscuote un buon successo, ma ben presto iniziano i guai: Cane e il fratello poliziotto li braccano per farsi restituire i soldi, mentre nei paesi della Serbia profonda la “compagnia” comincia ad essere accusata di oscenità e viene cacciata anche in maniera molto violenta; quando tutto sembra andare a rotoli, Marko viene avvicinato da un certo Franz, giornalista tedesco di stanza da anni nei Balcani, che gli propone, offrendo lauti guadagni, di girare alcuni film “speciali”…
Ancora un “Serbian film”, prima di A Serbian Film: eh sì, perchè questo The Life And Death Of A Porno Gang precede di un anno il famoso (e famigerato…) lavoro di Spasojevic, ma soprattutto non ha nulla da invidiargli in quanto ad efferatezze, anzi…
Chiariamo subito, però, che qui l’approccio è piuttosto diverso, se vogliamo più “estemporaneo”: tanta camera a mano, luci naturali, realismo accentuato (ottimi gli effetti speciali, nonostante un budget in tutta evidenza piuttosto risicato), un montaggio frenetico e un taglio quasi documentaristico; la prima parte della pellicola potrebbe essere definita come la versione “spinta” e delirante di un film di Emir Kusturica (ma ha anche qualcosa di Lars Von Trier, a ben guardare), con gli esponenti della “porno gang”, colorati e un po’ freak, e le loro pratiche estreme (comprese quelle con gli animali, anch’essi resi fosforescenti dall’uranio impoverito…) a farla da padroni; dall’ingresso dell’ambiguo personaggio di Franz in poi il film progressivamente sprofonda in una “via crucis” di dolore ed abiezione, senza alcuna catarsi possibile; lo “snuff” si mostra allora come naturale conseguenza di quel radicale nichilismo ormai introiettato da un intero paese in avanzato stato di decomposizione: perchè la guerra non è mai finita, si è soltanto trasferita in una dimensione interiore, dove “mangia” le anime di chi c’era e ha commesso atrocità inenarrabili, o anche di chi “solamente” ha perso tutto; si uccide e si filma la morte per soldi, si vuole morire per dimenticare, si sceglie di farsi ammazzare per garantire almeno un piccolo futuro ai propri cari, si paga per guardare chi muore: è un corto circuito terribile e insensato, una nube tossica che avvolge tuttto e tutti e dalla quale non ci si potrà mai mondare…
Marko e la sua “gang”, proprio per la loro dimensione così “aliena” rispetto al contesto, rappresentano, paradossalmente, l’unica oasi di purezza e cullano l’utopia di poter cambiare ciò che li circonda attraverso la provocazione artistica, l’amore (in ogni sua forma…), l’amicizia; ma sarà ciò che li circonda a cambiare loro, perchè “quando guardi troppo a lungo nell’abisso alla fine è l’abisso a guardare dentro di te”, colpendoti, violentandoti, distruggendoti…
A Life And Death Of A Porno Gang è un film meno “costruito” e ambizioso di A Serbian Film (che rimane comunque notevole, a mio avviso, anche coi suoi difetti) ma, a conti fatti, più viscerale e sinceramente esplicito nel rappresentare una coscienza collettiva ancora segnata da ferite profondissime; se il potenziale scioccante della pellicola di Spasojevic risultava attenuato da una confezione “arty” e da certe caratterizzazioni piuttosto ironiche (anche se qui entriamo in un campo molto soggettivo), l’opera di Mladen Djordjevic (peraltro recitata in maniera davvero convincente e anche con una buona dose di coraggio da tutti gli attori coinvolti) – più fuori dagli schemi, tanto da non poter nemmeno essere incasellata esclusivamente nel genere horror, toccando anche svariate altre “corde”, e “pasolinianamente” intrisa di merda, sangue, sperma – ti rimane addosso e alla fine ti fa sentire un po’ più sporco, meno innocente; non è poco, direi…