THE LADY IN THE SEA OF BLOOD

GENERE: Horror estremo, vm 18, sperimentale
ANNO: 1997
PAESE: Giappone
DURATA: 30 min
REGIA: Okimoto
CAST: –
La mia personale ricerca di “perle dell’estremo” da proporre sulle pagine del blog, mi porta a scontrarmi con film, non solo disturbanti, ma anche incomprensibili. È questo il caso di The Lady in The Sea of Blood, corto metraggio proveniente dalle profondità più buie dell’underground sperimentale del Sol Levante.
“The Lady in the Sea of Blood” è un corto giapponese, di circa mezz’ora, che si presenta come un’esperienza cinematografica spiazzante e disturbante. Il regista Okimoto, di cui non esistono praticamente informazioni biografiche (come spesso accade in questa nicchia del cinema underground), ci porta in un viaggio sperimentale che sfida i limiti del cinema horror estremo, rendendolo un’opera che non è per tutti, ma che certamente lascia il segno.
La storia, se possiamo definirla tale, inizia con una ragazza che si prepara per la sua routine quotidiana. Mentre si lava i denti, inizia a sanguinare dalla bocca, un’immagine che potrebbe sembrare banale se non fosse per la sua reazione: una risata malata ed inquietante. Questo è solo l’inizio della spirale di follia. La telecamera la segue in bagno, dove la scena si fa ancora più surreale. La ragazza tossisce, sputa sangue e inizia a giocare con esso, spalmandolo sul suo corpo nudo con una gioia quasi infantile. La normalità sembra ritornare per un attimo, ma presto la ragazza prende una bottiglia di sangue sullo scaffale del bagno (chi non ne ha una nel proprio bagno?!?!) e si ricopre completamente, la sua risata diventa sempre più isterica. Il bagno diventa un lago di sangue, con la protagonista che, intenta a massaggiarsi si rotola sul pavimento, spargendo emoglobina ovunque.

Il film, molto probabilmente, emerge dalle polverose collezioni di oscuri appassionati del cinema giapponese, dimostrando che ci sono ancora molti tesori nascosti (o incubi non rivelati, dipende dai punti di vista) in attesa di essere scoperti. La sua distribuzione è limitata, e trovare informazioni su di esso online è un compito arduo, ma per fortuna i social network a volte sono utili.
La regia è claustrofobica, con una camera che si muove come un voyeur attraverso le finestre del bagno per poi diventare sempre più intima e ravvicinata, quasi complice della follia della protagonista. La risata della donna, che diventa progressivamente più isterica e disturbante, funge da unica colonna sonora naturale e stridente a questa spirale di pazzia.
Questo cortometraggio è un vero e proprio delirio che ti costringe a chiederti cosa stia cercando di comunicare il regista e alla scritta “END” ti renderai conto della sua totale assenza di spiegazioni: non ci sono sottotesti evidenti, messaggi sociali o giustificazioni per quello che stiamo vedendo. È puro cinema viscerale che si nutre delle reazioni immediate dello spettatore.
“The Lady in the Sea of Blood” rappresenta perfettamente quella corrente del cinema horror giapponese che rifiuta le convenzioni narrative tradizionali per abbracciare un approccio puramente esperienziale. Non è un’opera per tutti, ma per chi è interessato alle espressioni più estreme del cinema sperimentale nipponico, rappresenta un esempio paradigmatico di come si possa creare inquietudine e disagio con mezzi minimali.
Assolutamente non classificabile secondo i parametri tradizionali e fortemente sconsigliato agli emofobici, anche leggeri.