A SERBIAN FILM

A SERBIAN FILM

A Serbian Film horror estremi vm18 i cinenauti recensioni film serie tv cinema

GENERE:         horror estremo VM 18, torture porn

ANNO:             2010

PAESE:            Serbia

DURATA:         104 minuti

REGIA:            Srdjan Spasojevic

CAST:              Srdjan ‘Zika’ Todorovic, Sergej Trifunovic, Jelena Gavrilovic, Katarina Zutic, Slobodan Bestic

A Serbian Film. Milos è una sorta di Rocco Siffredi serbo ritiratosi dalla professione per stare accanto alla moglie e al figlio piccolo; un giorno, tramite la ex collega Lejla, viene contattato dallo stravagante regista Vukmir, il quale gli offre una grossa somma per girare quello che, nelle sue intenzioni, dovrebbe essere il film che funge da definitivo trait d'union tra la pornografia e l'arte; l'unica condizione è che Milos dovrà accettare il tutto a scatola chiusa, limitandosi soltanto ad attenersi scrupolosamente alle indicazioni che via via gli verranno fornite.

L’uomo, stanti le sue ristrettezze economiche, decide di firmare il contratto e viene condotto in un orfanotrofio abbandonato per cominciare le riprese; non immagina nemmeno, però, la spirale inaudita nella quale sta per precipitare…


La storia del cinema è piena di film maledetti, ostracizzati, censurati, addirittura finiti al rogo o dimenticati per decenni; A Serbian Film, bandito da svariati paesi e oggetto di un’indagine del governo serbo per reati contro la morale comune, rientra a pieno titolo in questo elenco; l’opera è, in effetti, controversa come poche altre ma anche piuttosto complessa e meno di grana grossa di quanto vogliano farla apparire certe analisi frettolose unicamente focalizzate sugli aspetti “scabrosi” e che tendono a confinarla nel calderone del torture porn più dozzinale (in realtà, se proprio vogliamo affibbiargli un’etichetta, siamo più dalle parti del thriller con derive horror-splatter).

Nella prima ora, decisamente notevole, la pellicola si prende i suoi tempi, risulta malsana, allusiva, persino impregnata, a tratti, di humour nerissimo (soprattutto nei dialoghi intorno al sesso), il tutto senza mostrare quasi nulla di esplicito; sono le atmosfere, gli sguardi, i volti lividi o enigmatici (il comparto attoriale, capitanato da Srdjan Todorovic, già al lavoro in Underground e Gatto Nero, Gatto Bianco di Emir Kusturica, è di ottimo livello), la musica techno insinuante e la cura nelle inquadrature e nella fotografia a fare la differenza; si vede che Srdjan Spasojevic guarda a modelli alti: tra corridoi lugubri, adolescenti ammiccanti, bionde disfatte, madri degeneri, set dai pavimenti a scacchi, videocamere onnipresenti azionate da miliziani truci, si scorgono le suggestioni kubrickiane di Lolita, Arancia Meccanica e financo Eyes Wide Shut, c’è l’Haneke più teorico di Benny’s Video, Funny Games e Niente Da Nascondere, nonchè, va da sé, tanto Lynch.

La censura avviene quando il regista sgancia la “bomba”, che consiste nella famigerata scena del “porno neonatale”; da lì in poi il film, complice una struttura a flashback che rimette tutti i tasselli al loro posto, accelera, il taglio diventa quasi onirico, il grottesco e il sopra le righe (molto sopra…), sino ad allora confinati nella rappresentazione del personaggio di Vukmir (descritto, con evidenti intenti ironici, come psicologo specializzato in programmi tv per bambini…) prendono il sopravvento (ma questo consente a Spasojevic di palesare la finzione dell’effetto speciale, attenuando così la portata shockante di sequenze come quella menzionata in precedenza e quella, se vogliamo ancora più “forte”, nella quale si disvela il diabolico intrigo), sino ad un finale crudele e
raggelante, perfetto a livello concettuale.

A Serbian Film horror estremi vm18 i cinenauti recensioni film serie tv cinema

Come opera di genere A Serbian Film funziona a pieno regime, con un plot marcissimo ma senza dubbio efficace; occorre però anche soffermarsi su un sottotesto politico che, per quanto sbandierato dal regista più con l’intento di difendersi dagli attacchi piovutigli addosso che non con la reale volontà di accendere una riflessione nel merito, risalta indubbiamente come parte integrante di tutta l’operazione.

La metafora della condizione della popolazione serba mai redenta dalle atrocità di un terribile conflitto o, in generale, la denuncia del mercato sotterraneo della pedo-pornografia, soprattutto nei paesi dell’Est, mi sembrano aspetti più banali rispetto al discorso che Spasojevic e il suo cosceneggiatore Aleksandar Radivojevic fanno intorno al voyerismo e al cinismo dei media, rappresentati come un vero e proprio apparato poliziesco pronto a qualsiasi violenza e ricatto morale pur di esercitare il proprio capillare controllo sociale (molto centrata, a questo proposito, è la notazione sul “potere” della vittima); la vera pornografia è allora quella del dolore esibito h24, della costante violazione di ogni tipo di privacy e di pudore, della mercificazione dei corpi, della “virtualizzazione” del reale, della strumentalizzazione dei più piccoli per scopi solo apparentemente innocenti, spesso con la connivenza di genitori senza scrupoli; A Serbian Film parla di un presente in pieno corto circuito, dove i codici sui quali si fondava la cosiddetta “normalità” sono definitivamente saltati e perciò tutto o quasi è diventato possibile e lecito (contando sull’assuefazione e sull’ipocrisia dei più, delle quali Spasojevic vuole in tutta evidenza prendersi gioco alzando la posta con sadica consapevolezza, e calcolando il rischio di venire bollato a sua volta come ipocrita, provocatore o peggio), e lo fa puntando i riflettori sull’istituzione della famiglia per stigmatizzare, in un modo del tutto eccentrico, il vilipendio al quale è sottoposta oggigiorno; se è vero che ormai veniamo misurati unicamente in termini di “produttività”, Milos può esistere solo come “stallone”, ogni altro orizzonte sembra essergli precluso (eppure avrebbe anche una laurea, come viene detto a un certo punto); la sua aspirazione ad una vita più stabile – che è poi quella di
tante persone comuni – non può trovare cittadinanza in un mondo ormai governato da pulsioni abnormi, dove frustrazione, narcisismo patologico, sociopatia, impotenza e depravazione sono sempre più diffuse, e finisce così per trasfigurarsi irrimediabilmente, inseguendo un Bianconiglio che porta in dote la seduzione del denaro, in un incubo ad occhi aperti.

Siamo di fronte quindi ad un film più “conservatore” di quanto appaia ad una visione superficiale? Io credo di sì (e non è necessariamente un difetto, anzi); per il resto, A Serbian Film si colloca al di là del bene e del male, perchè a seconda delle diverse sensibilità può essere catalogato come delirio di una mente pericolosa, “paraculata” studiata a tavolino o capolavoro assoluto: ma è proprio il fatto di essere così divisivo a dimostrare che è destinato a lasciare un segno, e che oltre lo “scandalo” c’è di più; il talento artistico di Spasojevic mi pare infatti indiscutibile, e sarei curioso di rivederlo quanto prima alla prova in un altro lungometraggio.


Per quanto mi riguarda, lo promuovo a pieni voti, ma con un’avvertenza, per una volta scevra da snobismi di sorta: questo non è decisamente un film per tutti…

Anton Chigurh

Mi chiamo Mattia, alias Anton Chigurh, classe 1975, ho fatto studi classici e sono orgogliosamente spezzino; cosa chiedo ad un film o ad una serie tv? Di farmi riflettere, di inquietarmi, di lasciarmi a bocca aperta, di divertirmi... Per sapere dove trovo tutto questo, leggete le mie recensioni su I Cinenauti!