LA MUMMIA (1932)
LA MUMMIA (1932)
GENERE: horror
ANNO: 1932
PAESE: USA
DURATA: 73 minuti
REGIA: Karl Freund
CAST: Boris Karloff, Zita Johann, David Manners, Arthur Byron, Edward Van Sloan
All’interno della rassegna ‘Da Lubitsch a Wenders. Registi tedeschi a Hollywood’, organizzata da ACIT (Associazione Culturale Italo Tedesca) di La Spezia, è stato proiettato, nell’arena all’aperto sita presso il Circolo Culturale Dialma di La Spezia, ‘La mummia’ di Karl Freund del 1932. Il film è stato presentato in una edizione meritoriamente provvista del doppiaggio italiano originale, ma con molti inserti in lingua inglese sottotitolati, segmenti dei quali peraltro non avevo memoria a seguito della mia ormai preistorica visione in VHS, risalente ad almeno 25 anni fa. Il curatore della rassegna Giordano Giannini mi ha confermato che la VHS che circolava in Italia, oltre a presentare una colonna sonora inspiegabilmente modificata, aveva effettivamente diversi tagli. Il film è stato pubblicato in tempi più recenti anche in blu ray, sia singolarmente che all’interno di un cofanetto (‘Universal monsters – the essential collection’, 8 film per 8 dischi, corredato di un notevole comparto extra, che comprai a Londra alcuni anni fa), ma sia questo prodotto, sia la precedente ‘Monster Legacy collection’ da 14 DVD, valorizzata dall’inclusione nella confezione di una riproduzione in vetroresina dei volti di Dracula, Frankenstein e l’Uomo Lupo, contengono solamente l’audio italiano ridoppiato in tempi abbastanza recenti.
Alla serata partecipava come ospite lo scrittore e traduttore torinese Alessandro Roffeni, autore del saggio ‘Hollywood, Europa’ che tratta proprio di autori come il regista di ‘La mummia’ Karl Freund, boemo di nascita, quindi europei emigrati negli USA, e di come il loro operato sia stato decisivo per la crescita del cinema hollywoodiano. Il libro si occupa del cinema di inizio ‘900 ed arriva a sfiorare appena il declino, culturale e sociale, che flagellò gli Stati Uniti nel periodo definito ‘Maccartismo’, nei primi anni ‘50, allorquando molti artisti e scienziati, perseguitati per motivi politici, lasciarono gli USA per l’Europa ed il Sudamerica, in una sorta di diaspora inversa che Roffeni ha annunciato di voler approfondire in un’opera che ha attualmente in preparazione.
A seguito del clamore mediatico provocato dal ritrovamento della tomba di Tutankhamon nel 1922 e dalla successiva ‘maledizione di Tutankhamon’, che avrebbe colpito (anche se si trattò in realtà di un escamotage pubblicitario) i partecipanti alla storica spedizione, gli Universal Studios commissionarono allo sceneggiatore John L. Balderstone la realizzazione di una sceneggiatura basata su un breve soggetto di Richard Schayer e Nina Wilox, intitolato ‘Cagliostro’.
Il protagonista della storia, un mago di 3000 anni che sopravviveva grazie ad iniezioni di nitrato, venne quindi trasformato in un sacerdote al servizio del Faraone, Imhotep, e la location fu spostata in Egitto, ammantando la storia di suggestioni ereditate da un romanzo di Bram Stoker (Il gioiello delle sette stelle). Il risultato è un classico del cinema del terrore, di grande impatto visivo anche grazie al lavoro del regista Karl Freund, già direttore della fotografia del ‘Dracula’ di Tod Browning, che fu assunto solamente due giorni prima dell’inizio delle riprese. Freund volle scritturare la giovane Zita Johann, anch’ella di origine europea, per affiancare il protagonista Boris Karloff, reduce dal successo di ‘Frankenstein’, del trucco di quest’ultimo, assai complesso (pare che richiedesse 8 ore di lavoro), si occupò lo specialista Jack Pierce, anch’egli un habituè del cinema della Universal.
Nel 1921, a Tebe, una spedizione del British Museum ritrova la tomba che contiene il sarcofago del sacerdote Imhotep, seppellito vivo e maledetto per aver tradito la fiducia del Faraone. Un giovane archeologo che fa parte della spedizione, leggendo incautamente un papiro contenente un brano del Libro di Toth, riporta in vita il sacerdote, in conseguenza di ciò perde completamente la ragione, non riuscendo quindi a spiegare l’accadimento. La mummia resuscitata, fuggita portando con sé il papiro, ricompare alcuni anni più tardi con sembianze spettrali ma, apparentemente, umane, qualificandosi come Ardath Bey, ed aiutando alcuni archeologi inglesi di scarso successo a ritrovare una antica tomba, fornendo loro informazioni molto precise e dettagliate. All’interno del sepolcro riposa Ankh-es-en-Amon, che fu in vita
l’amante di Imhotep, che vuol dunque sfruttare il lavoro di recupero degli inglesi per cercare poi di riportare in vita l’amata. Dopo qualche settimana, al Cairo, nel cui museo sono stati portati sarcofago, mummia e gioielli di Ankh-es-en-Amon, Ardath Bey individua in Helen Grosvenor, giovane figlia del governatore inglese del Sudan e di una donna egiziana, fidanzata con uno degli archeologi che Ardath Bey aveva aiutato, la possibile reincarnazione dell’amata, decide quindi di rapirla per dar vita ad un rituale atto a risvegliare lo spirito di Ankh-es-en-Amon.
Personaggio di spicco dell’espressionismo tedesco prima di diventare un importante direttore di fotografia anche ad Hollywood, Karl Freund realizza almeno due o tre scene che restano memorabili e, nel contempo, spaventose anche a distanza di quasi 90 anni, cito come esempio il momento del risveglio della mummia, a anche il terrificante primo piano del volto scavato di Karloff. Assai suggestiva (e solo parzialmente presente nella versione italiana originale) è infine la scena con contorni onirici che si svolge in casa di Ardath Bey, con i flashback nei quali Helen rivede il suo passato (o meglio quello di Ankh-es-en-Amon ed Imhotep), detta casa peraltro è una delle poche cose con un aspetto vagamente realistico in un Egitto, per il resto, ricostruito in modo non troppo accurato aggiungendo le classiche immagini ‘da cartolina’, ove gli egiziani sono, come da tradizione di quegli anni, interpretati prevalentemente da attori americani od europei.
Diversamente da quello che accadde con Dracula e Frankestein, la Universal non diede un seguito ufficiale a ‘La mummia’ realizzando però con la stessa ambientazione altri quattro film di buon successo, che avevano come protagonista una mummia di nome Kharis, e, una decina di anni più tardi, una parodia con la coppia Abbott-Costello (in Italia Gianni e Pinotto). Nei tardi anni ’50 fu l’inglese Hammer Film a raccogliere l’eredità culturale del film di Freund, realizzando altre quattro pellicole che, pur con scarsi legami narrativi con i film Universal e con una estetica decisamente diversa, ammiccavano in modo evidente ai classici ai quali si ispiravano. La connessione con i film Universal però si esaurisce sostanzialmente nella ambientazione comune, nel titolo e nel nome della mummia protagonista del primo film, Kharis, va detto anche che il legame tra gli stessi film Hammer della serie è esso stesso estremamente labile, se non inesistente.
L’ultimo film della serie (‘Exorcismus – Cleo, la dea dell’amore’) si ispirò peraltro in modo diretto al già citato romanzo di Bram Stoker ‘Il gioiello delle sette stelle’. Solamente nel 1999 è stato effettivamente realizzato (malauguratamente, per quanto mi riguarda), dalla stessa Universal, per la regia di Stephen Sommers, un remake ufficiale del film del 1932, che segue però un registro action-fantasy ed ha una storia abbastanza diversa. Il film del 1999 ha anche due seguiti e due spin-off ed ha dato origine ad un reboot nel 2017 che è quindi, di fatto, un ulteriore remake del film di Freund.