Dopo il centenario del Partito Comunista Italiano (2022), il regista e fotografo Giovanni Piperno, già assistente operatore di Martin Scorsese, Terry Gilliam e Nanni Moretti, decide di riprendere in mano un progetto incompiuto pensato dall’AMOOD (Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio) in occasione delle celebrazioni, per realizzare, con la collaborazione di Rai Teche, un documentario che si muove attraverso un archivio di immagini che vanno tra gli anni ’50 e gli anni ’80, coinvolgendo nel progetto come voce narrante aggiuntiva Luciana Castellina, storica dirigente comunista e cofondatrice del quotidiano ‘Il Manifesto’.
Il documentario inizia con le immagini della ‘Svolta della Bolognina’, dal nome del quartiere bolognese nel quale, il 12 Novembre 1989, l’allora segretario Achille Occhetto annunciò lo scioglimento del PCI e la sua trasformazione in Partito Democratico della Sinistra, transizione effettivamente completata il successivo 3 febbraio 1991. Si inizia dunque dalla fine del più grande partito comunista occidentale, per esplorare anche il movimento operaio e, più in generale, l’Italia di quegli anni, attraverso le preziose immagini custodite negli archivi dell’AMOOD.
Romana, classe 1929, di origine ebraica, Luciana Castellina non crebbe in un ambiente operaio come quello del nord Italia, a Roma infatti non esistevano in quegli anni grandi industrie, ma di converso conobbe, pur non facendone parte, quel sottoproletariato tanto caro a Pasolini nel quale convivevano ladruncoli, prostitute, accattoni, persone che, in generale, vivevano di espedienti, prive di una coscienza sociale e non avvezze alle organizzazioni sindacali e partitiche. Un ambiente, quindi, estremamente complesso per il PCI, al quale Castellina aderì nel 1947. Dopo aver creato una sezione femminile del partito ella si occupò in particolare dei diritti delle donne e, sfruttando le sue esperienze lavorative precedenti (collaborò brevemente per il quotidiano ‘Il Paese’ a metà anni ’60), contribuì alla fondazione del quotidiano comunista (ma non di partito) ‘Il manifesto’, ideato da Lucio Magri e Rossana Rossanda. Proprio la linea editoriale del giornale in profonda antitesi con la direzione generale, in particolare gli articoli estremamente critici con l’Unione Sovietica sulla ‘Primavera di Praga’, portarono all’espulsione dal partito di tutti i membri de ‘Il manifesto’ nel 1970. Castellina ci racconta quindi della sua successiva adesione a Democrazia Proletaria, dopo 25 anni di militanza nel PCI, fino al ritorno ‘a casa’ a metà anni ’80, quando il segretario Berlinguer, tramontata l’esperienza del ‘Compromesso storico’ con la Democrazia Cristiana, decise di mettere in primo piano la ‘questione morale’ e, rotti i rapporti con l’Unione Sovietica, aprì le porte agli ‘eretici’ espulsi alcuni anni prima.
L’esperienza fu però breve perché Castellina si trovò immediatamente in contrasto con la segreteria del partito dopo la prematura scomparsa di Berlinguer, lasciò quindi nuovamente il PCI dopo la ‘Svolta della Bolognina’, aderendo a ‘Rifondazione comunista’, diventando anche direttrice del quotidiano del nuovo partito, ‘Liberazione’. Tuttora presente attivamente nella scena politica, avendo aderito a ‘Sinistra Italiana’, Luciana Castellina ritiene che ancora ci sia bisogno di qualcuno che persegua quegli obiettivi mai realmente raggiunti, libertà ed uguaglianza, facendo due esempi pratici di rivoluzione fallita, la Rivoluzione Francese, che ottenne la libertà ma non l’uguaglianza sociale, e la rivoluzione comunista sovietica che, al contrario, sacrificò la libertà sull’altare dell’uguaglianza.
‘Sedici millimetri alla rivoluzione’ non è certamente una pellicola per tutti, trattandosi, in buona sostanza, di un film militante sul cinema militante, per molti aspetti è anche un documentario fuori dai tempi che parla sostanzialmente a chi si riconosce ancora in una politica fatta di impegno, solidarietà e confronto. L’opera di Piperno presenta, comunque la si veda politicamente, immagini di straordinario fascino, realizzate da registi del calibro di Ettore Scola, Ugo Gregoretti, Giuseppe Bertolucci e Gillo Pontecorvo ed interventi preziosi come quello di Cesare Zavattini che chiude il film.